Lucano, il Pd, Leu e la candidatura per evitare i guai giudiziari
E’ un Lucano spregiudicato, assolutamente conscio della condotte criminali sue e dei suoi sodali e “afflitto dal delirio di onnipotenza” quello che emerge dal parere del Riesame del Tribunale di Reggio Calabria. Risoluto a tutto pur di non far saltare i piani comuni e a non rovinare la facciata esterna costruita con fatica. Preoccupato, anche, del fatto che la situazione, vista la vastità della rete messa in piedi e del numero di persone coinvolte, gli stesse sfuggendo di mano. A confermare – anzi ad aggravare – l’impianto della Procura di Locri, la corposa relazione che ha sostituito i domiciliari disposti nei riguardi dell’ex sindaco con il divieto di dimora a Riace. Il borgo reggino è infatti – scrivono a chiare lettere il presidente del Riesame Tommasina Cotroneo e i giudici Sabato Abagnale e Valerio Trovato – “terreno fertile per il Lucano ed ambito naturale per il suo espandersi oltre i confini della legge“.
I rapporti con il Pd e Liberi e uguali la candidatura per bypassare i guai giudiziari. “Lei pensava e fa leva sul fatto che mi servono i voti, i voti a me servono per mantenere questa situazione”. In privato Lucano parla chiaro e i discorsi sono lontani da quelli inscenati in favore dei microfoni dove si dice disinteressato alle varie proposte politiche. “Il partito democratico lo escludo subito…per me rimane questa opzione ma se…se non ci fosse stata questa….come devo dire…questa cornice giudiziaria io ti avrei detto no immediatamente…invece questa cosa mi fa riflettere un po’ (…) Fino a ora Grasso non si è pronunciato per niente…manco Laura Boldrini che all’inizio ha fondato questo partito non è che mi hanno detto nulla…quindi questo silenzio per adesso che poi negli ultimi giorni esce qualcosa non lo so questo (…) l’intenzione mia è che…che…per quanto riguarda gli aspetti giudiziari a me così mi conviene (…) io accetto solo se sono primo della lista”.
“Non ho alternativa alla mafia”. Nelle 165 pagine viene anche lasciata intendere, o per lo meno si intravede, la concussione con la criminalità organizzata. Sono altre intercettazioni rispetto a quelle già pubblicate a chiarire questo aspetto. “Ti sei messo nelle mani di mafia”, gli dice Lemlem (sopra, nella foto), la compagna che negli ultimi giorni ha rinnegato. “Non ho alternativa, anzi… anzi (Capone) lo sa che alla minima occasione capisco, ma non fa niente per niente lui e la moglie sa tutta la contabilità, l’ha chiamata ieri per telefono e le ha chiesto quanti soldi erano, quindi la coinvolge anche nella contabilità”.
Le ammissioni sul denaro pubblico utilizzato per fini propri. Una delle numerose conversazioni ricalcate toglie poi ogni dubbio – se mai ancora ce ne fossero – sull’utilizzo dei soldi statali che Lucano metteva nelle disponibilità di Lemlem e dei sodali delle associazioni amiche. Si trova in macchina con l’africana naturalizzata quando ammette una delle tante condotte illegali contestategli:
Lucano: Sai come l’ho risolto io?
Lemlem: Dandogli soldi?
Lucano: 10.000 euro…omissis…quando abbiamo pagato i mobili a coso. Lui ha comprato mobili per 12.000 euro.
Lemlem: e lui dove li ha messi?
Lucano: A casa sua. Ha voluto cose di lusso, più quell’assegno.
Un quadro di decadenza morale e amministrativa quello dipinto dai giudici. Che si domandano in che modo Lucano potesse, da nullatenente quale si dichiara, agevolare un sistema che aveva come motore succose elargizioni e un patrimonio che a sistema incrementato faceva gola a tutti. “Il frantoio me lo prendo io“, intima un sodale. Lucano dal canto suo chiosa: “Città futura è un patrimonio importante adesso, ha un frantoio che viene più di 200mila euro (360mila è il valore stimato dagli inquirenti, nda) diverse case“. E poi gli acquisti selvaggi (persino tovaglie) e le ricevute vecchie o ripetute per cercare di rendicontare l’impossibile. “Metti tutto quello che puoi e firma tu”, intimava Lucano alla segretaria chiamata a far rientrare conti per oltre 100mila euro.
“Sposati quello stupido”. Anche il Riesame sembra sposare la tesi del reato di circonvenzione di incapace su cui la Procura di Locri aveva chiesto a ottobre che venisse messa mano. Il Lucano sognatore e umano per antonomasia, dietro le quinte del palco a cielo aperto allestito per lui, aveva preso di mira anziani e giovani incapaci di intendere e di volere: “C’è uno che si chiama Giosi, quello che vuole a Elisabeth, quello stupido”. Il malcapitato riacese avrebbe risolto i problemi di tale Joy, africana che si prostituiva Napoli ma scesa in Calabria per reclamare documenti di permanenza.
Anche ai “guai” di Lemlem, definita “astuta e spietata”, avrebbe pensato Lucano. Sul suo conto i giudici hanno visto passare in un solo anno 121mila euro. Ma Lucano, rilevano, continuava a rifornirla di cash contante “Cinquemila ti ho dato io…ce li hai? Poi 150”. I prelievi mensili le garantivano una vita agiata e l’invio di somme cospicue in Africa, dove stando a quanto scoperto dei giudici era stata messa in pedi un’opera costante di corruzione degli ufficiali.
POLITICA
Zuckerberg: “Su covid e vaccini costretti alla censura dagli uomini di Biden”
Dopo la decisione di sospendere i finanziamenti ai Fact Checker, il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha deciso di vuotare il sacco su alcune questioni controverse che avrebbero “costretto” il Social a fare piazza pulita di determinati contenuti. In particolare quelli riguardanti il covid e la campagna vaccinale, che negli Stati Uniti come altrove è stata caratterizzata dalla stigmatizzazione di chiunque osava avanzare dubbi e qualsivoglia critica rispetto al pensiero dominante.
Non un semplice caso – per quanto eclatante – di limitazione della libertà di espressione. Perché a sentire Zuckerberg dietro alla volontà di bannare i comunicatori indipendenti ci sarebbe stato un vero e proprio disegno politico messo in pratica per preservare gli interessi dei democratici. “Durante l’amministrazione Biden, quando cercavano di lanciare il programma di vaccinazione, mentre cercavano di promuovere quel programma, cercavano anche di censurare chiunque sostanzialmente si opponesse ad esso. E ci hanno pressati super forte per eliminare cose che, onestamente, erano vere… Fondamentalmente ci pressavano e dicevano “qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, in pratica dovete rimuoverla“. E’ quanto ha dichiarato il Ceo di Meta l’altro ieri, ospite di un podcast condotto da Joe Rogan.
“Queste persone dell’amministrazione Biden – ha proseguito Zuckerberg – chiamavano la nostra squadra e urlavano contro di loro e imprecavano… ci sono i documenti, è tutto pubblico”. E ancora: “Non penso che le pressioni affinché le società di social media censurassero i contenuti fosse legale. Il Primo Emendamento si applica al governo. Questo è il punto. Che al governo non è consentito censurare queste cose. Quindi, a un certo livello penso che, sì, avere persone nell’amministrazione che chiamano i ragazzi del nostro team e urlano contro di loro e imprecano e minacciano ripercussioni se non eliminiamo cose che sono vere, è piuttosto brutto”.
POLITICA
Maduro e la “grande alleanza mondiale contro i tiranni”
Nicolàs Maduro, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha giurato per il nuovo mandato nel corso della cerimonia che si è tenuta nei locali dell’Assemblea nazionale a Caracas. “Il Venezuela – ha detto il neo-eletto in occasione del discorso di insediamento – si prepara insieme a Cuba, al Nicaragua e ai nostri fratelli maggiori nel mondo, nel caso in cui un giorno dovessimo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria”. Concludendo il Festival internazionale antifascista mondiale, il successore di Hugo Chavez ha inoltre evocato una “grande alleanza globale” simile a quella che sconfisse il fascismo durante la Seconda guerra mondiale in grado di sfidare “la tirannia dei potentati occidentali”.
POLITICA
Vogliono aumentare (ancora) l’età pensionabile
Nel panorama economico e sociale attuale, il tema dell’età pensionabile è diventato particolarmente rilevante. L’aumento dell’età pensionabile che sarebbe previsto per il 2027 rappresenta una questione di grande interesse e preoccupazione per molti lavoratori. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa decisione, le sue implicazioni e cosa ci si può aspettare nel breve e nel lungo termine.
Le ragioni dietro l’aumento. La “sostenibilità” del sistema pensionistico
Uno dei motivi principali per cui il governo sta considerando l’aumento dell’età pensionabile è la cosiddetta “sostenibilità del sistema pensionistico”, che in realtà ha molto a che vedere con le casse sempre più asciutte dei sistemi di previdenza. Con l’allungamento della vita media e con produttività e turnover sempre più risicati, il numero di anni in cui le persone percepiscono la pensione è aumentato, mettendo sotto pressione i fondi pensionistici. Secondo i promotori dell’iniziativa, dunque, aumentare l’età pensionabile potrebbe tamponare la situazione bilanciando entrate e uscite. Non si sa per quanto, però, in mancanza di una riforma che possa dirsi tale e che tenga conto di necessità variegate.
Cambiamenti demografici
Un altro fattore cruciale è il cambiamento demografico. La diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione significano che ci sono meno giovani lavoratori per sostenere finanziariamente i pensionati. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe ridurre il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi, ma ha ripercussioni dirette su quei lavoratori costretti a rimandare la loro uscita dal mercato del lavoro.
Le implicazioni per i lavoratori: maggior tempo nel mercato del lavoro, più il problema dei lavori usuranti
Con l’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori dovranno necessariamente rimanere nel mercato del lavoro più a lungo. Questo può avere effetti sia positivi che negativi. Da un lato alcuni potrebbero trovare utile risparmiare di più per la pensione. D’altro canto, tuttavia, le nuove regole potrebbero essere sfidanti per coloro che svolgono lavori fisicamente usuranti o per chi desidera ritirarsi prima dal mercato del lavoro.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)
Quello che deve vincere Nobel!! Meno male!! 😂🤢🤑🤡