
Triptorelina e cambio di sesso, così le “gabbie gender” distruggono corpi e menti
Il farmaco che blocca la pubertà e le condizioni limite di molti uomini che decidono di farsi operare per poi rimanere segnati a vita. Ma “dalla ferita che viene praticata e dalla castrazione”, avverte Silvana De Mari, “poi non si torna più indietro, anche se sono molti a volerlo”
“A Sanremo gli fan vedere i gay che han dei bellissimi bambini, ma guarda che bella questa roba qui, perché son contrari? Guarda che carini i figli di Elton John, ma perché devi essere contrario a uno che sorride?”. Silvana De Mari nel corso dell’intervista già pubblicata nella prima parte (in basso) tenta di alleggerire, ma non è facile quando ci sono di mezzo la salute e un equilibrio fisico, mentale, endocrino che, avverte, già di per sé è precario, fatto com’è di maglie che si intersecano tra loro. Ne sposti o peggio recidi una, e si crea uno strappo irrimediabile. “Sono tutti aspetti – dice – che vanno insieme – tanto che vengono studiati in maniera inseparabile nell’ambito di una nuova scienza”. Il pensiero corre alla triptorelina e, di conseguenza, a quei medici che decidono di non dare abbastanza importanza al dato psicologico o, semplicemente, aspettare che passi perché, spiega De Mari, “nel 95 per cento dei casi il voler cambiare sesso è un fuoco di paglia che svanisce con la crescita”. Al contrario: “sono tanti – dice la dottoressa – quei giovani che si ritrovano in un circuito che li spinge e non fa altro che tranquillizzarli sulla loro omosessualità, che viene data per assodata”.
Sacrificati sull’altare del gender e condannati alla sterilità
La sostanza “pericolosa” che blocca lo sviluppo sessuale
L’utilizzo della triptorelina può avere ripercussioni sull’organismo?
Ha sicuramente ripercussioni enormi, la prima è quella di impedire la pubertà. Serve per trattare la cosiddetta disforia di genere, che si verifica quando qualcuno vuole appartenere all’altro sesso. In casi come questi, la mente non accetta il corpo. Ma la mente nasce dal corpo e quindi deve accettare necessariamente il corpo.
E’ reale come patologia?
L’espressione disforia di genere è stata inventata da pochi decenni. Una
volta inventata la parola il cervello umano funziona sull’imitazione e sull’auto-suggestione. Più noi parliamo di disforia di ragazzini che vogliono essere ragazzine e viceversa, più la gente se ne convince. Non è difficile convincere una persona di qualcosa, soprattutto un bambino.
Ci sono casi certificati nell’ambito di cui sono state registrate anomalie dello sviluppo?
Queste persone sono perfettamente sane e normali. Hanno cromosomi normali, sistema endocrino normale e corpi normali. La mente non accetta il proprio sesso e dunque non ha funzionato qualcosa nel processo di identificazione col genitore del proprio sesso. La pubertà nel 95 per cento dei casi con il fiume di ormoni che arrivano rimette tutto a posto. Dare un farmaco che blocca la pubertà è quindi un crimine. La pubertà non riguarda solo il corpo ma anche la mente, è un processo di maturazione in cui acquisti il senso di responsabilità e la capacità di non essere un bambino ma di essere un adolescente. Anche la mente ne risente. Un maschietto che vuole diventare una bambina è perché si sente inadeguato come maschio. Se gli dai la triptorelina il pene gli resta piccolo, la voce gli resta alta, non gli viene la barba e poi si sente ancora più inadeguato. Una bambina che vuole diventare maschio è perché si sente inadeguata come femmina. Se non le viene il seno, è evidente che si sentirà più inadeguata.
E per chi decide, incurante, di sottoporsi a cure inopportunamente prescritte e persino al cambio di sesso?
L’intervento maschio-femmina sul perianale è ulteriormente dannoso. Chiaramente per la donna non è possibile. L’uomo invece viene castrato, assume pillole progestiniche e gli vengono impiantate delle protesi mammarie. La castrazione dura circa sei ore e segue una convalescenza di due mesi, che è una roba enorme. La convalescenza per il trapianto di fegato, per capirci, è di dieci giorni. Si fa un buco nel perineo che dovrebbe essere la vagina, che l’organismo interpreta per quello che è, cioè una ferita che passa tutto il tempo a cercare di cicatrizzare. Questa cavità si realizza con la pelle scuoiata dei testicoli e del pene. Ma se i testicoli o il pene non sono abbastanza grossi e non c’è abbastanza pelle neanche scuoiandoli, bisogna ricorrere al colon, cosa che complica ulteriormente le cose. Quindi, lasciando da parte i bambini, qualsiasi scelta di questo genere è una scelta limite.
In Italia è possibile fare operazioni del genere?
Sì e anzi sono a carico del sistema sanitario nazionale, cosa assolutamente sbagliata. La Svezia, dove hanno chirurghi seri e bravi e gente che fa bene le statistiche, ci dice che le persone che si sono sottoposte a questo intervento spesso sono segnate dal rimpianto e aumenta il loro tasso di suicidio. Molto interessante è il libro Paper genders di Walt Heyer, che parla di un ex trans pentito. Un chirurgo serbo che era uno dei maggiori esperti mondiali ha detto con chiarezza che un enorme numero di pazienti vanno da lui a chiedergli di disfare tutto, ma ormai l’apparato riproduttivo è stato buttato via. Anch’io sono un chirurgo e l’idea di testicoli e ovaie che si disfano e si buttano nella spazzatura mi dà le vertigini.
Qual è il numero di persone che decide di sottoporsi a questo tipo di interventi?
Per citare un dato semplificativo, in Inghilterra l’incidenza di questo tipo di interventi è aumentata del 1000 per cento negli ultimi tre anni.
Le campagne di comunicazione avranno aiutato?
Le campagne di comunicazione e la narrazione che si fa. Alcuni canali commerciali non parlano d’altro che di bambini che vogliono essere bambine e viceversa. I trans di successo, per così dire, sono pochissimi e vengono presentati sui giornali femminili o nei contest musicali come persone meravigliose. La loro volontà ha vinto su tutto, sesso biologico incluso. Ma noi questa guerra non dobbiamo farla al nostro corpo. L’essere umano è una fusione di cultura e natura, e questi due aspetti non devono litigare tra di loro.
Per quanto riguarda i mutamenti culturali, com’è possibile che siamo passati dal considerare l’omosessualità una malattia alla situazione di oggi in cui essere “gay” è quasi una moda?
L’omosessualità è tipica di persone sane che però hanno un comportamento disfunzionale di cui diventano dipendenti. A livello psicologico si realizza un’attrazione verso lo stesso sesso che è quasi fisiologica e quasi normale in moltissime persone in età puberale o adolescenziale. E’ un sistema di madre natura, perfino, che ci dice “senti, allenati all’idea di una relazione anche con qualcuno del tuo stesso sesso. Quando ti sei allenato, poi passi
alle relazioni vere”.
Stiamo parlando di un tipo di rapporto come può essere quello con l’amica del cuore da bambine o da ragazzine?
Esatto, l’amica del cuore! Io avevo l’amica del cuore che se non mi telefonava tutte le sere ci stavo male. Se lei andava da qualche parte senza di me, o mio dio, era la fine. E’ proprio una sorta di innamoramento. Per esempio una bellissima relazione tra due maschi è quella che c’è ne L’amico ritrovato di Fred Uhlman. Al protagonista quando vede l’amico batte il cuore. Queste amicizie tuttavia restavano sul piano platonico e la crescita sistemava tutto. Il tuo amico diventava poi il padrino dei tuoi figli e la tua amica del cuore quella di cui continuavi a essere amica anche da sposata.
Come mai oggi le cose si normalizzano con meno frequenza?
Oggi si va al pratico, ma soprattutto si resta incastrati in un ruolo, in particolare se per un qualche motivo il ragazzo o la ragazza non è riuscito come detto a identificarsi completamente col genitore dello stesso sesso o se è stato aggredito dai pari. Il ragazzino un po’ più timido che viene preso in giro magari perché non vuole giocare a calcio, poi rimane incastrato in un ruolo. Oppure un’esposizione precoce alla pornografia che è di una violenza bestiale contribuisce ad allontanare dal sesso sano. Più è forte in una Nazione la pornografia che contribuisce a farci sentire inadeguati, meno si fa l’amore e meno nascono i bambini. La gente resta quindi incastrata in un ruolo tutta la vita. Ti dicono devi accettare la tua omosessualità, va tutto bene. Se non lo fai, sei fuori. Basti pensare alle persecuzioni cui sono sottoposte persone come Nausica Della Valle.
Lei ha parlato di malattie legate all’omosessualità, a cosa si riferiva?
I rapporti anali provocano malattie, sia sull’uomo che sulla donna. Il tubo digerente serve per digerire, e se usato per altro si ammala. L’ano ha una mucosa sottilissima che si lacera facilmente, per cui il rischio di malattie sessualmente trasmissibili di moltiplica per venti. Inoltre nell’eiaculazione ci sono virus e batteri, che per la stessa conformità dell’ano vengono assorbiti facilmente.
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INTERVISTE
Salute femminile,
IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

La salute delle donne è un tema di crescente interesse globale, con implicazioni significative per la società nel suo complesso. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici, permangono sfide sostanziali nell’assicurare che le donne ricevano cure adeguate e personalizzate. Questa indagine esplora le strategie farmaceutiche e le innovazioni che stanno rivoluzionando il campo, evidenziando l’importanza di aumentare la consapevolezza e l’accesso alle cure.
La salute delle donne: una questione di equità
Storicamente, la ricerca medica si è concentrata principalmente sulla salute maschile, spesso trascurando le peculiarità biologiche e le esigenze specifiche delle donne. Questa disparità ha avuto un impatto negativo sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie femminili.
Ad esempio, le malattie cardiovascolari, spesso percepite come una minaccia maggiore per gli uomini, sono in realtà la principale causa di decesso patologico tra le donne. L’assenza di sintomi “classici” negli attacchi di cuore femminili è un esempio di come la mancanza di consapevolezza possa essere pericolosa.
Un discorso a parte meritano le malattie reumatologiche che, aspetto spesso sottovalutato, interessano molto le donne in età riproduttiva, costituendo uno dei fattori che possono incidere negativamente sulla natalità¹. «La ragione della prevalenza femminile di queste patologie sembra risiedere nel fatto che queste ultime siano caratterizzate da una predisposizione genetica e ormonale che può favorire lo sviluppo di una risposta autoimmune più aggressiva», chiarisce l’Osservatorio italiano genere donna, che sostiene l’importanza della prevenzione: «Riconoscere la patologia sin dalle prime fasi – scrivono dall’Osservatorio – consente di avviare il percorso terapeutico prima che si verifichino danni permanenti. Oggi, infatti, i medici dispongono di strumenti diagnostici molto sofisticati e terapie che consentono in molti casi di fermare la progressione della malattia e assicurare una buona qualità di vita».

Il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS, dottoressa Elena Ortona
Insomma, «molte patologie si presentano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini”, chiarisce il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS Elena Ortona (in alto nella foto), intervistata da Rec News. «Un esempio emblematico è l’infarto miocardico, che nelle donne può manifestarsi con sintomi atipici come nausea, dolore alla schiena o affaticamento, portando a diagnosi ritardate e a trattamenti meno tempestivi. Inoltre, le donne metabolizzano alcuni farmaci in modo diverso rispetto agli uomini a causa di differenze ormonali ed enzimatiche. In passato, la ricerca farmaceutica si basava principalmente su soggetti maschili, portando a dosaggi non sempre adeguati alle donne. Oggi, la medicina di genere promuove studi più equilibrati per ottimizzare le terapie», puntualizza ancora la dottoressa Ortona.
Strategie farmaceutiche: verso la medicina di genere
Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica ha iniziato a riconoscere l’importanza della medicina di genere, che tiene conto delle differenze sessuali e di genere nella prevenzione, diagnosi e nel trattamento delle malattie. Diversi organismi si stanno focalizzando sempre più sull’universo femminile, avviando ricerche specifiche sul particolare impatto che determinate patologie hanno sulle donne.
In Italia la galassia degli organismi che portano avanti le ricerche cliniche più rappresentative sul tema comprende il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo italiano salute e genere (GISEG).
«La ricerca in medicina di genere – puntualizza ancora la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto notevoli progressi, ma ci sono ancora diverse sfide e opportunità di miglioramento. Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore attenzione agli studi preclinici e clinici che analizzano le differenze tra uomini e donne. Questo è in parte dovuto ad una maggiore sensibilizzazione e formazione delle ricercatrici e ricercatori all’importanza di considerare il sesso e genere nei propri studi, ma anche al fatto che le principali riviste scientifiche come Nature e Lancet hanno inserito nelle istruzioni per gli autori la regola di mostrare i propri dati in modo disaggregato per sesso».
«Questo – prosegue Ortona – ha portato a una migliore comprensione delle variazioni nella incidenza e manifestazione delle malattie, nella risposta ai farmaci e nei fattori di rischio. Tuttavia, molto deve essere ancora fatto. In particolare, è fondamentale includere in maniera equilibrata soggetti di entrambi i sessi al fine di sviluppare trattamenti mirati che tengano conto delle differenze biologiche e poi analizzare i dati in modo disaggregato. Questo metodo porterà non solo ottimizzare il dosaggio dei farmaci, ma anche progettare nuove molecole e strategie terapeutiche».
Innovazione tecnologica: La rivoluzione dei dati
Anche l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo cruciale nel trasformare la salute delle donne. L’uso di big data e intelligenza artificiale consente di analizzare enormi volumi di dati per identificare modelli e tendenze che potrebbero sfuggire alle analisi tradizionale. Queste tecnologie stanno iniziando a offrire nuove opportunità per personalizzare le cure e migliorare i risultati sanitari, e per quello che riguarda l’IA possono permettere di individuare precocemente alcune patologie tramite le cosiddette analisi predittive e l’analisi personalizzata e combinata della predisposizione genetica del singolo paziente, dei fattori di rischio e dello stile di vita.
L’Intelligenza Artificiale, inoltre, sembra prestarsi bene alla risoluzione del problema della scarsa o nulla aderenza alle terapie², che riguarda in particolare chi è affetto da patologie croniche e gli anziani. Si tratta di soggetti che rinunciano a curarsi, oppure rinunciano ad adottare stili di vita alternativi in grado di minimizzare il rischio di incorrere in determinate patologie. Tra questi soggetti molte sono le donne, come chiarisce il Portavoce della Rete delle Cattedre UNESCO italiane e professore emerito di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Andrea Lenzi. «Il sesso femminile – spiega Lenzi – è emerso come predittore indipendente di non aderenza ai farmaci ipoglicemizzanti, alla terapia ipolipemizzante e ai regimi farmacologici impiegati dopo un IMA in ampi studi di coorte e meta-analisi».
Cosa può fare l’IA in un campo come questo? Diventare un assistente virtuale in grado di generare alerts personalizzati che possono migliorare l’aderenza alla cura e aiutare a generare buone abitudini e dunque stili di vita migliorati.
Aumentare la consapevolezza: l’importanza dell’educazione
La medicina di genere e l’intelligenza artificiale stanno quindi ridisegnando il modo in cui viene vissuta e percepita la salute femminile. Ma da sole, ovviamente, potrebbero non bastare. Educare le donne sui loro diritti sanitari e sulle opzioni disponibili è fondamentale per migliorare i risultati di salute, e in questo senso le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi possono aiutare a colmare il divario informativo e a promuovere decisioni sanitarie più informate.
Un altro aspetto riguarda i decisori, come ha ben spiegato la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità: «E’ necessario – ha detto a Rec News – sostenere e incentivare finanziamenti e programmi di ricerca che abbiano la medicina di genere come asse portante, per colmare le lacune ancora presenti e favorire l’innovazione in ambito clinico e farmacologico. Perché pur avendo raggiunto traguardi importanti, la medicina di genere è ancora in una fase evolutiva. Il futuro richiede uno sforzo coordinato per integrare conoscenze multidisciplinari, sviluppare studi più inclusivi e applicare le nuove tecnologie, in modo da garantire – ha concluso – cure sempre più personalizzate ed efficaci».
FONTI:
¹Le malattie autoimmuni reumatologiche, in Genere Donna https://www.generedonna.it/patologie-di-genere/genere-e-autoimmunita/malattie-autoimmuni-reumatologiche/
² Adherence to long-term therapies : evidence for action – Institutional Repository for Information Sharing and World Health Organitation
ARTE & CULTURA
Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.
Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.
Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?
Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.
Il film ha un messaggio particolare?
Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.
Progetti futuri che può anticiparci?
Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.
INTERVISTE
Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)
INTERVISTE
Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale
È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?
Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.
Nordio è un ex magistrato.
Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.
Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?
Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.
Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.
Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.
Erano forse più questi gli aspetti da riformare.
Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.
Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?
C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.