Seguici

© Rec News -

del

Pubblichiamo la prima parte dell’intervista alla dottoressa Silvana De Mari, specializzata in Chirurgia e Psicologia cognitiva, impegnata in una puntuale opera di divulgazione su temi scomodi su cui, avverte, “è in atto una campagna strumentale di disinformazione”. Ci ha spiegato, fornendo dettagliati profili medici, cosa c’è dietro la pratica della maternità o gravidanza surrogata, anche nota come utero in affitto. Ne viene fuori il “ritratto” – sconsigliato ai deboli di cuore – di donne e ragazze spesso molto giovani non informate dei rischi, che si affidano a una pratica pericolosa e invasiva che in diversi casi le lascia con gravi patologie. Di madri non biologiche che fanno buttare via il frutto di una gravidanza se il nascituro è “difettoso” o se è femmina, di straniere richiuse in cliniche dell’orrore, dello straniamento dei bimbi quando poi la mamma – quella vera – non c’è più. Dell’indifferenza generale, per citare la stessa De Mari, “al dolore umano“. A tenere in braccio il nuovo nato sopravvissuto a un altissimo numero di aborti, è un’estranea che non ha la voce e l’odore di mamma, che parla un’altra lingua. O peggio, che di donna non ha nulla, come un uomo che voglia dirsi “mammo”.

Che ripercussione ha la pratica dell’Utero in affitto sull’organismo della donna?
La pratica dell’utero in affitto prevede la cosiddetta donazione di ovuli, termine eufemistico e aggraziato con cui si indica una pratica terribile. La parola donazione dà l’impressione non solo di qualcosa di gratuito, per quanto in realtà gli ovuli vengano venduti, ma anche di qualcosa di facile. Come la donazione di sperma, per esempio, dove effettivamente non ci sono morti e feriti, o la donazione di sangue. In realtà la donazione di ovuli è terribilmente pericolosa e dannosa. Siamo già all’antimedicina: la medicina dovrebbe guarire i corpi dei malati, non fare ammalare i corpi sani.

Ci spiega nel dettaglio come funziona?
Si sottopone la donna a un bombardamento ormonale perché faccia molti ovuli. Noi femminucce produciamo un ovulo ogni 28 giorni, e i nostri ovuli sono contati. Se ne fanno produrre molti e ne prelevano molti, si anticipa la menopausa. Questa iperstimolazione estrogenica porta alla sindrome correlata, che è caratterizzata da un aumento della permeabilità dei vasi sanguigni con liquido che esce all’esterno dei vasi per fermarsi nel peritoneo, nel pericardio o nelle pleure. Si formano quindi idroperitoneo, idropericardio e versamento pleurico. Nei vasi sanguigni si verifica poi un’isfissatio sanguinis: il sangue forma più facilmente trombosi.

Al netto dei termini medici e affinché tutti capiscano, cosa può avvenire nel pratico?
Si possono avere infarto, ictus, addirittura casi di coagulazione intravascolare disseminata, una patologia gravissima. Le ovaie si ingrossano molto per cui con maggiore facilità possono andare a torsione acuta, che è purtroppo un’indicazione chirurgica di asportazione. Abbiamo il sospetto che questa iperstimolazione ovarica possa causare e aumentare il rischio di cancro della mammella e di cancro del colon, ma non ne siamo sicuri perché manca un corretto monitoraggio di queste donne.

Chi sono queste donne o ragazze? Sono informate dei rischi cui vanno incontro?
E’ quello che ci chiediamo anche noi, ma a giudicare dalle loro interviste no. Si tratta di donne giovani, scelte su catalogo perché studentesse belle e intelligenti. Sono quelle che devono dare il dna. Le ovaie sono dentro la cavità del peritoneo, quindi per andare a prendere gli ovuli bisogna andare a fare qualcosa di cruento. Sotto controllo endoscopico si infila un ago per andare a prendere gli ovuli. Questo se c’è una sindrome da iperstimolazione ovarica può causare un emo-peritoneo, cioè una perdita di sangue nel peritoneo. Si tratta quindi di una pratica tutt’altro che benigna e gravata da rischi e danni.

Come si spiega che queste giovani siano disposte ad accettare di esporre il loro corpo a rischi così elevati?
Loro dicono, primo: mi hanno offerto un sacco di soldi, potevo terminare gli studi e pagare il college; secondo: potevo aiutare un’altra donna che non può avere figli, quindi molte l’hanno visto da un punto di vista di aiuto umano. Quando poi si sono trovate la sindrome da iperstimolazione ovarica non sapevano cosa fosse e sono anche state seguite malissimo. Gente che è stata rimandata a casa e sembrava incinta di sei mesi perché avevano una perdita di liquido nel peritoneo con una disidratazione e dei rischi veramente molto gravi. Insisto: la medicina consiste nel guarire i malati, non nel fare ammalare i sani.

Si tratta di ragazze italiane o straniere?
Che io sappia sono ragazze straniere perché in Italia questa pratica è assolutamente vietata e illegale. Si tratta sempre di persone statunitensi o del Nord Europa. I loro ovuli vengono coniugati con lo spermatozoo in un’altra provetta e tutto si mette in un’altra donna, che viene pagata meno e che spesso può essere più scura perché costano meno, per esempio le donne indiane.

Quindi le donne sono due.
Esatto, questo è un punto fondamentale. Perché se fosse un’unica donna che fa tutto, i rischi non sarebbero maggiori di una gravidanza normale. Ma in questo caso il bambino avrebbe una madre, mentre in realtà non ce l’ha. Una ha dato il patrimonio genetico e una ha dato l’utero. E i rischi si moltiplicano. Inoltre quella che dà l’ovulo è una ragazza bionda con gli occhi azzurri che fa l’università o simile, che quindi si paga molto, quella che porta la gravidanza invece è una donna di provenienza sociale molto più bassa che viene da una nazione come l’India o come il Nepal e che viene pagata meno.

Di recente si è parlato di casi di rigetto in immigrati di colore trasfusi con sangue europeo. Ci sono stati casi di incompatibilità anche in queste situazioni?
Ci sono un grandissimo numero di aborti e di parti prematuri. Anche perché questa signora si trova una gravidanza con cui non ha nessun cromosoma in comune. Il problema di incompatibilità sistematicamente non c’è, altrimenti avrebbero già abbandonato questa pratica. L’utero riesce a difendere questo fetino anche se non ha cromosomi in comune. Però c’è un alto tasso di aborto, e l’aborto è una cosa brutta.

Per alcune è un diritto sacrosanto, un segno di emancipazione e dei tempi…
Se io amo un bambino non lo voglio uccidere. Un uomo non vuole che il suo bambino venga abortito, una donna non vuole abortire. Questa cosa che se si abortisce chi se ne frega, ne facciamo un’altro: scusate?! Lo stesso vale per il parto prematuro. Non solo, ma per quanto riguarda il fisico del bambino ci sono alcuni lavori che dicono che addirittura alcuni tumori infantili siano più frequenti nei bambini concepiti in questa maniera. La madre porta il feto per nove mesi e sulla gravidanza ci si gioca tutta l’epigenetica. La genetica la dà la madre che ha dato l’ovulo, l’epigenetica, cioè l’adattamento, quella che ha portato la gravidanza.

Questo cosa comporta dopo la nascita e nella crescita?
Facciamo un esempio: se una donna porta avanti una gravidanza in una condizione di estremo stress, per esempio ci sono i bombardamenti o lei è molto tesa e arrabbiata, il bambino nascerà con l’adrenalina alta, quindi tenderà a sobbalzare non appena qualcuno batte le mani. Se la madre ha sofferto la fame durante la gravidanza, il bambino tenderà a ingrassare facilmente perché, gli suggerisce il suo organismo, non c’è roba da mangiare e quindi mettiamola da parte. Ma soprattutto il bambino impara a riconoscere la voce della madre quattro mesi prima di nascere, impara a riconoscere il suo odore pochi secondi dopo essere nato. Se perde la madre, è una ferita primaria. Inoltre c’è l’ulteriore disastro che la lingua materna era quella che noi sentivamo nell’utero di mamma e se mamma parlava indiano e questi altri parlano inglese, c’è un’ulteriore straniamento.

E se poi mamma è un “mammo” non ne parliamo…
Sì…c’è questo terribile libro che si intitola Baby makers della giornalista indiana Gita Aravamudan che spiega l’orrore di queste cliniche dove si fanno bambini, con la dottoressa della clinica che spiega alla coppia che in maggioranza è una coppia uomo-donna e in minoranza è una coppia uomo-uomo: “Guardi signora che la madre è lei. Se lei vuole che la donna abortisca la donna abortirà perché la madre è lei, è lei che deve decidere. Inoltre in queste cliniche le donne sono tenute in un ambiente “rilassato e sicuro”, traduzione: sono richiuse in cliniche lontane dalle loro famiglie, lontano dal loro ambiente. “Mangiano un cibo controllato”, traduzione: mangiano cibo da ospedale. Non possono uscire dalla clinica. I clienti coreani non vogliono figlie femmine quindi chiedono che siano abortite. Nessuno vuole bambini down quindi chiedono che siano abortiti.

Cioè siamo arrivati a pensare che un bambino sia equiparabile a un prodotto di consumo? Se ha un “difetto” – cioè se ha la sfortuna di non nascere con una salute perfetta, o se semplicemente non ha il sesso preferito, viene buttato via?
Beh, sì. C’è anche il caso di questa portatrice che aveva tre bambini a cui la signora che aveva commissionato la gravidanza ha detto no, tre sono troppi, ne devi abortire uno. E l’altra a questo punto ha detto: scusa, ma se son troppi perché mi avete impiantato tre ovuli fecondati? La risposta: casomai un ovulo si abortisce. C’è quindi un’indifferenza al dolore umano, sia quello delle donne che quello dei bambini, che è un qualcosa di sconvolgente. Invece di squittire stupidaggini per l’8 marzo si dovrebbe pensare di più a queste cose. Io credo che nessun epoca abbia mai realizzato una violenza contro le donne come la nostra. Come sostiene una sessuologa belga che ha scritto il bellissimo libro Una giovinezza liberata o quasi, è cominciato tutto con l’aborto. Una volta che abbiamo stabilito che il bimbo si può buttare via, si può anche vendere.

Cioè si cerca sempre di spostare l’asticella un po’ più in là?
Esatto. Quando facciamo questi discorsi ci dicono che ci sono state tante persone che non hanno avuto la mamma. Ma esistono anche tante persone cui sono state amputate le gambe. E queste persone hanno messo le protesi, hanno affrontano valorosamente la vita e a volte sono andate anche alle olimpiadi. Ma questo non vuol dire che avere un’amputazione sia una bella cosa. Non avere il padre, che tuo padre sia un donatore di sperma, non avere una madre, tu non hai metà della tua identità, non hai metà della tua genealogia. Per quanto riguarda la donazione di sperma ricordo che bisogna fare una moratoria perché venga vietato che il venditore di gameti e di ovuli sia anonimo. Le persone devono poter risalire alla propria genealogia. Nel momento in cui non puoi venderlo anonimamente ci liberiamo dei cialtroni.

Anche in questo caso si tratta quindi di una vendita e non di una donazione, come si è portati a pensare comunemente?
Si tratta di una vendita. Quindi uno sa di essere figlio di un gentiluomo che ha venduto il suo sperma. C’è stato un caso di un signore che ha fatto moltissime donazioni. Ci sono almeno 120 bambini che sono figli suoi. Questo è un ulteriore problema perché questi potrebbero incontrarsi, innamorarsi e potrebbero esserci degli incesti. Ma c’è un’altra cosa assurda: questo gentiluomo ha una gravissima malattia ereditaria, un tipo di fibromatosi. Se ne sono resi conto perché una donna che si è trovata con un bambino che stava sviluppando una fibromatosi li ha avvertiti e sono arrivati agli altri casi.

La seconda parte su “Triptorelina e cambio di sesso, così le “gabbie gender” distruggono corpi e menti

Continua a leggere
Commenta per primo
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Nuovi
Meno recenti Più votati
Feedback in linea
Visualizza tutti i commenti

INTERVISTE

Salute femminile,
IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

© Rec News -

del

Salute femminile, IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

La salute delle donne è un tema di crescente interesse globale, con implicazioni significative per la società nel suo complesso. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici, permangono sfide sostanziali nell’assicurare che le donne ricevano cure adeguate e personalizzate. Questa indagine esplora le strategie farmaceutiche e le innovazioni che stanno rivoluzionando il campo, evidenziando l’importanza di aumentare la consapevolezza e l’accesso alle cure.

La salute delle donne: una questione di equità

Storicamente, la ricerca medica si è concentrata principalmente sulla salute maschile, spesso trascurando le peculiarità biologiche e le esigenze specifiche delle donne. Questa disparità ha avuto un impatto negativo sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie femminili.

Ad esempio, le malattie cardiovascolari, spesso percepite come una minaccia maggiore per gli uomini, sono in realtà la principale causa di decesso patologico tra le donne. L’assenza di sintomi “classici” negli attacchi di cuore femminili è un esempio di come la mancanza di consapevolezza possa essere pericolosa.

Un discorso a parte meritano le malattie reumatologiche che, aspetto spesso sottovalutato, interessano molto le donne in età riproduttiva, costituendo uno dei fattori che possono incidere negativamente sulla natalità¹. «La ragione della prevalenza femminile di queste patologie sembra risiedere nel fatto che queste ultime siano caratterizzate da una predisposizione genetica e ormonale che può favorire lo sviluppo di una risposta autoimmune più aggressiva», chiarisce l’Osservatorio italiano genere donna, che sostiene l’importanza della prevenzione: «Riconoscere la patologia sin dalle prime fasi – scrivono dall’Osservatorio – consente di avviare il percorso terapeutico prima che si verifichino danni permanenti. Oggi, infatti, i medici dispongono di strumenti diagnostici molto sofisticati e terapie che consentono in molti casi di fermare la progressione della malattia e assicurare una buona qualità di vita».

Il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS, dottoressa Elena Ortona

Insomma, «molte patologie si presentano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini”, chiarisce il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS Elena Ortona (in alto nella foto), intervistata da Rec News. «Un esempio emblematico è l’infarto miocardico, che nelle donne può manifestarsi con sintomi atipici come nausea, dolore alla schiena o affaticamento, portando a diagnosi ritardate e a trattamenti meno tempestivi. Inoltre, le donne metabolizzano alcuni farmaci in modo diverso rispetto agli uomini a causa di differenze ormonali ed enzimatiche. In passato, la ricerca farmaceutica si basava principalmente su soggetti maschili, portando a dosaggi non sempre adeguati alle donne. Oggi, la medicina di genere promuove studi più equilibrati per ottimizzare le terapie», puntualizza ancora la dottoressa Ortona.

Strategie farmaceutiche: verso la medicina di genere

Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica ha iniziato a riconoscere l’importanza della medicina di genere, che tiene conto delle differenze sessuali e di genere nella prevenzione, diagnosi e nel trattamento delle malattie. Diversi organismi si stanno focalizzando sempre più sull’universo femminile, avviando ricerche specifiche sul particolare impatto che determinate patologie hanno sulle donne.

In Italia la galassia degli organismi che portano avanti le ricerche cliniche più rappresentative sul tema comprende il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo italiano salute e genere (GISEG).

«La ricerca in medicina di genere – puntualizza ancora la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto notevoli progressi, ma ci sono ancora diverse sfide e opportunità di miglioramento.  Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore attenzione agli studi preclinici e clinici che analizzano le differenze tra uomini e donne. Questo è in parte dovuto ad una maggiore sensibilizzazione e formazione delle ricercatrici e ricercatori all’importanza di considerare il sesso e genere nei propri studi, ma anche al fatto che le principali riviste scientifiche come Nature e Lancet hanno inserito nelle istruzioni per gli autori la regola di mostrare i propri dati in modo disaggregato per sesso».

«Questo – prosegue Ortona – ha portato a una migliore comprensione delle variazioni nella incidenza e manifestazione delle malattie, nella risposta ai farmaci e nei fattori di rischio. Tuttavia, molto deve essere ancora fatto. In particolare, è fondamentale includere in maniera equilibrata soggetti di entrambi i sessi al fine di sviluppare trattamenti mirati che tengano conto delle differenze biologiche e poi analizzare i dati in modo disaggregato. Questo metodo porterà non solo ottimizzare il dosaggio dei farmaci, ma anche progettare nuove molecole e strategie terapeutiche». 

Innovazione tecnologica: La rivoluzione dei dati

Anche l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo cruciale nel trasformare la salute delle donne. L’uso di big data e intelligenza artificiale consente di analizzare enormi volumi di dati per identificare modelli e tendenze che potrebbero sfuggire alle analisi tradizionale. Queste tecnologie stanno iniziando a offrire nuove opportunità per personalizzare le cure e migliorare i risultati sanitari, e per quello che riguarda l’IA possono permettere di individuare precocemente alcune patologie tramite le cosiddette analisi predittive e l’analisi personalizzata e combinata della predisposizione genetica del singolo paziente, dei fattori di rischio e dello stile di vita.

L’Intelligenza Artificiale, inoltre, sembra prestarsi bene alla risoluzione del problema della scarsa o nulla aderenza alle terapie², che riguarda in particolare chi è affetto da patologie croniche e gli anziani. Si tratta di soggetti che rinunciano a curarsi, oppure rinunciano ad adottare stili di vita alternativi in grado di minimizzare il rischio di incorrere in determinate patologie. Tra questi soggetti molte sono le donne, come chiarisce il Portavoce della Rete delle Cattedre UNESCO italiane e professore emerito di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Andrea Lenzi. «Il sesso femminile – spiega Lenzi – è emerso come predittore indipendente di non aderenza ai farmaci ipoglicemizzanti, alla terapia ipolipemizzante e ai regimi farmacologici impiegati dopo un IMA in ampi studi di coorte e meta-analisi». 

Cosa può fare l’IA in un campo come questo? Diventare un assistente virtuale in grado di generare alerts personalizzati che possono migliorare l’aderenza alla cura e aiutare a generare buone abitudini e dunque stili di vita migliorati.

Aumentare la consapevolezza: l’importanza dell’educazione

La medicina di genere e l’intelligenza artificiale stanno quindi ridisegnando il modo in cui viene vissuta e percepita la salute femminile. Ma da sole, ovviamente, potrebbero non bastare. Educare le donne sui loro diritti sanitari e sulle opzioni disponibili è fondamentale per migliorare i risultati di salute, e in questo senso le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi possono aiutare a colmare il divario informativo e a promuovere decisioni sanitarie più informate.

Un altro aspetto riguarda i decisori, come ha ben spiegato la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità: «E’ necessario – ha detto a Rec News – sostenere e incentivare finanziamenti e programmi di ricerca che abbiano la medicina di genere come asse portante, per colmare le lacune ancora presenti e favorire l’innovazione in ambito clinico e farmacologico. Perché pur avendo raggiunto traguardi importanti, la medicina di genere è ancora in una fase evolutiva. Il futuro richiede uno sforzo coordinato per integrare conoscenze multidisciplinari, sviluppare studi più inclusivi e applicare le nuove tecnologie, in modo da garantire – ha concluso – cure sempre più personalizzate ed efficaci».

FONTI:

¹Le malattie autoimmuni reumatologiche, in Genere Donna https://www.generedonna.it/patologie-di-genere/genere-e-autoimmunita/malattie-autoimmuni-reumatologiche/

² Adherence to long-term therapies : evidence for action – Institutional Repository for Information Sharing and World Health Organitation

Continua a leggere

ARTE & CULTURA

Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

© Rec News -

del

Maria Grazia Cucinotta a Rec News: "Vi racconto il mio Sud nel nuovo film da protagonista" (Gallery) - Gli agnelli possono pascolare in pace anteprima
Foto ©Denys Shevchenko/REC NEWS

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.

Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.

Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?

Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.

Il film ha un messaggio particolare?

Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.

Progetti futuri che può anticiparci?

Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.

Continua a leggere

INTERVISTE

Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)

© Rec News -

del

Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video) | Rec News dir. Zaira Bartucca
Continua a leggere

INTERVISTE

Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

© Rec News -

del

Riforma Nordio, Caporale: "Non libera la magistratura dai suoi mali ma colpisce la Giustizia giusta" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale

È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?

Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.

Nordio è un ex magistrato.

Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.

Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?

Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.

Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.

Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.

Erano forse più questi gli aspetti da riformare.

Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.

Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?

C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.

Continua a leggere

Ora di tendenza

© 2018-2025 Rec News - Lontani dal Mainstream. Copyright WEB121116. Direttore Zaira Bartucca, P.IVA 03645570791. Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione (ROC) n. 31911. - Testata online con ricavi inferiori ai 100.000 euro esente da registrazione in Tribunale (Decreto Editoria n. 63/2012 convertito con la legge 103/2012). Vietata la riproduzione anche parziale

error: Vietata ogni tipo di copia e di riproduzione