Comunali di Riace, Lucano si candida ma la sua lista è piena di impresentabili
Persino la papabile a sindaco è coinvolta nell’operazione Xenia. Chi sono gli altri imputati che corrono come consiglieri e di cosa li accusa il Tribunale di Locri
Domenico Lucano, ex sindaco di Riace notoriamente coinvolto nelle operazioni Xenia I e II, si è candidato come consigliere comunale per le amministrative di Riace, che si voteranno il 26 maggio assieme alle elezioni europee. Abbandonate le idee di conservazione del posto da primo cittadino allo stato occupato da Giuseppe Gervasi, ora il pensiero è tutto al sostegno della candidatura di Maria Spanò, che all’apparenza consentirebbe di replicare ingenti parti del “Sistema Riace”. Vedremo a breve perché.
Cosa succederebbe in caso di elezione. Nel caso in cui la lista “Il cielo sopra Riace” (che fa irrealisticamente il verso a un capolavoro del cinema d’autore) e Lucano riuscissero nonostante i trascorsi a guadagnarsi la fiducia dei riacesi, si scontrerebbero anzitutto con le disposizioni del Tribunale delle libertà di Reggio Calabria. Questo ha stabilito lo scorso 12 aprile di prolungare per almeno un anno l’allontanamento da Riace di Mimmo Lucano. Che, non potendo frequentare la cittadina, ovviamente non potrà prendere parte ai lavori, alle votazioni e alle decisioni del consiglio comunale. Stessa sorte potrebbe toccare ad alcuni colleghi di lista qualora l’autorità giudiziaria prendesse provvedimenti più incisivi nei loro confronti. Per non parlare delle possibili future condanne.
La composizione de Il cielo sopra Riace. Assieme a Lucano si presentano:
Maria Caterina Spanò, candidata a sindaco (Locri, 24/01/1972)
Nicolino Audino (nato a Locri il 03/06/1968)
Antonio Cristodero (Melito di Porto Salvo, 17/04/1976)
Donatella Fuda (Brig Glis, Svizzera, 24/05/1974)
Giuseppe Cosimo Ierinò (Soverato, 25/01/1991)
Domenico Lucano (Melito di Porto Salvo, 31/05/58)
Antonio Santo Petrolo (Locri, 26/10/1966)
Antonio Varacalli (Sant’Ilario dello Jonio, 04/06/1959)
Gesualda Verteramo (Riace, 30/01/1977)
Annamaria Maiolo (Siderno, 12/07/1959)
Nicola Guarneri (Riace, 03/01/1965)
Le indagini a carico di alcuni componenti della lista.
- Maria Spanò – è l’attuale assessore ai Lavori pubblici con delega al Personale. Eletta in quota centro-sinistra in una lista civica, è tra i rinviati a giudizio dell’operazione Xenia. è accusata di concorso formale (art.81 c.p.) concorso di reato (art. 110 c.p.) e Falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale (art. 480 c.p.).
- Nicolino Audino – E’ un omonimo di Nicola Audino, un’altro imputato dell’operazione Xenia. Stando al dispositivo della Procura di Locri, però, l’indagato è nato a Locri il 14/04/1969.
- Donatella Fuda – E’ un’operatrice dell’associazione di Protezione Civile SS. Medici, quella dei prelievi senza giusta causa e dei costosi concerti in cui venivano ospitate personalità che poi alloggiavano nelle case destinate ai migranti. L’associazione per cui lavora è gestita da Antonio Santo Petrolo (sotto).
- Giuseppe Cosimo Ierinò – E’ il cugino di Cosimina Ierinò (ma anche nipote di Antonio Fernando Capone, altro imputato nell’ambito dell’operazione Xenia) segretaria fidatissima di Mimmo Lucano. La relazione della Guardia di Finanza di cui abbiamo dato in parte conto conto documenta come lei cercasse di garantire – con il placet dello stesso Lucano – un’occupazione al parente, che pure non era né mediatore o psicologo, né aveva conoscenze specifiche da mettere al servizio del sistema che avrebbe dovuto sostenere i migranti.
- Antonio Santo Petrolo – Presidente dell’Associazione centro italiano protezione civile SS. Medici, per gli inquirenti lui e altri imputati – Sgrò, Audino e Latella – “dall’anno 2014 fino al mese di settembre 2017 distraevano i fondi destinati all’associazione prelevando e/o gestendo denaro contante attinto dai conti correnti dell’associazione senza alcuna giustificazione nelle rendicontazioni e nelle contabilità, per 67.491 euro o pagando in proporzione ai finanziamenti ottenuti per la gestione degli immigrati dei concerti estivi organizzati dal Comune di Riace mediante denaro dell’associazione, per non meno di 150mila euro”.
- Anna Maria Maiolo – Presidente dell’associazione Oltre Lampedusa, è accusata di aver “abusato dei poteri inerenti la funzione di pubblico servizio” e di aver “attraverso artifizi e raggiri, rendicontato falsamente le presenze relative a un immigrato” che “in realtà in quel periodo era a Milano”, e anzi si era reso protagonista del tentativo di accoltellare una persona nei pressi di un mercato, fatto di cronaca che ha permesso di appurare la discrepanza. Assieme a Petrolo, lo stesso Lucano e altri quattordici, è accusata di aver deviato assieme agli altri (per appropriarsene) una cifra che sfiora i due milioni e mezzo di euro.
- Nicola Guarnieri – Secondo fonti accreditate era l’autista di Lemlem Tesfahun, la potente etiope compagna di Lucano ormai dedita alla bella vita a seguito dei benefits che l’ex sindaco di Riace era in grado di garantirle proprio con la distrazione di fondi.
Le altre liste e gli altri candidati. Altre due liste sono in corsa: “Riace rinasce – trasparenza e legalità”, che presenta come sindaco Antonio Trifoli. Il 49enne impiegato nelle Forze dell’Ordine è appoggiato dai consiglieri Francesco Salerno, Maria Capece, Claudio Falchi, Giuseppe Farò, Teresa Gervasi, Pietro Leuzzi, Gaetano Mullace, Damiano Musuraca e Claudia Rullo. “Riace punto zero” ha invece come candidato a sindaco il 47enne Maurizio Cimino (che ha già un passato da vicesindaco), sostenuto dai consiglieri Flavia Diclommo, Rocco Montagnese, Daniele Politi, Roberta Antonia Campagna (moglie di Salvatore Romeo, un’altro dei rinviati a giudizio dell’operazione Xenia), Sonia Sorgiovanni, Jlenia Petrolo, Giovanni Cosimo Bombardieri, Simona Procopio, Rita Aika Carè e Flora Concetta Bongiovanni.
PRIMO PIANO
Fiction su Riace,
la Rai se ne lava
le mani: “Lucano
dice falsità”
Sembra che anche da Viale Mazzini si stiano accorgendo di che pasta è fatto l’ex sindaco di Riace. Il pretesto per un botta e risposta che dura giorni e che è rimpallato dal sito dell’Ansa a quello dell’emittente è stata la fiction “Tutto il mondo è paese”. Avrebbe dovuto contribuire a formare l’immagine del primo cittadino eroe dell’accoglienza ma, complici le variegate vicende giudiziarie, non è mai andata in onda. Rec News è stato l’unico sito a svelare particolari tuttora ignorati dai media mainstream che riguardano il suo produttore e anche il cast. Particolari che, dicono i ben informati, dall’inchiesta Xenia I potrebbero transitare ad altre scrivanie e dare il via a nuove vicende giudiziarie. Il che potrebbe spiegare la reazione della Rai alle parole di Lucano.
L’idillio tra l’ex sindaco di Riace e i divulgatori di fiction a orologeria, insomma, per il momento è accantonato, e a riprova di questo oggi la Rai ha pubblicato un comunicato stampa dai toni piuttosto eloquenti, che peraltro diffida Lucano a rigettare quanto detto. «In merito alla notizia di un colloquio tra l’Amministratore delegato Rai Roberto Sergio e il produttore Roberto Sessa – scrivono dall’Ufficio Stampa – come riferito dal signor Mimmo Lucano, nel quale si sarebbe parlato della messa in onda della Fiction sul “modello Riace” – (tra virgolette, ndr) – si precisa che quanto riportato è totalmente falso. I termini attribuiti e riportati dal produttore non appartengono alla dialettica dell’Amministratore delegato. In assenza di una smentita ufficiale l’Azienda si riserva di tutelarsi in ogni sede».
Occasione mancata di propaganda in tempo di Europee
Chiaramente, la messa in onda della Fiction “Tutto il mondo è Paese” avrebbe potuto rappresentare un’ottima occasione di propaganda per Mimmo Lucano, che meno di un mese fa ha annunciato la sua candidatura alle Europee tra le fila di Alleanza Verdi Sinistra. Dunque il momento sarebbe stato più che propizio per rilanciare la storia – gradita agli elettori di certa parte politica – del sindaco campione dell’accoglienza. Peccato che da Viale Mazzini, per il momento, abbiano chiuso i cancelli.
CONTESTI
Processo Xenia, chiesti più di dieci anni di carcere per Lucano
Più di dieci anni di carcere per Mimmo Lucano. E’ la richiesta che la Procura generale di Reggio Calabria ha fatto per l’ex sindaco principale imputato del processo Xenia, considerato il dominus del sistema Riace. Davanti alla Corte d’Appello di Reggio – presieduta da Giancarlo Bianchi – ha avuto luogo la requisitoria dei sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari, che hanno chiesto per l’ex amministratore accusato di associazione per delinquere, truffa, peculato e abuso d’ufficio una pena detentiva di dieci anni e cinque mesi.
Al centro del Processo Xenia, la distrazione di fondi destinati all’accoglienza dei migranti documentata dalle varie relazioni della Guardia di Finanza e la gestione opaca della cosa pubblica da parte delle cooperative e del Comune di Riace, ai tempi dell’amministrazione Lucano.
SISTEMA RIACE
La conferma nella sentenza del processo Xenia: a Riace niente accoglienza ma sistema criminale
Lucano per anni è stato descritto con toni agiografici. Un’immagine che – scorrendo le 904 pagine delle motivazioni – soccombe sotto il peso di accuse ben circoscritte e di reati ben delineati, per lasciare il posto al “furbo” che dirigeva un’associazione a delinquere “tutt’altro che rudimentale”
Mimmo Lucano eroe dell’accoglienza, idealista, che agiva per l’esclusivo interesse dei migranti. Colui che salvò Becky Moses dall’oblio, che “risollevò Riace” e la “ripopolò”. Tutto – ovviamente – per la sua sconfinata generosità e per il suo sconfinato buon cuore. Con questi toni agiografici è stato per anni descritto il dominus del sistema Riace. Un’immagine che – scorrendo le 904 pagine delle motivazioni della sentenza di primo grado del Processo Xenia – soccombe profondamente sotto il peso di accuse ben circoscritte e di reati ben delineati, per lasciare il posto a un Lucano “furbo”, esclusivamente preoccupato di procurarsi vantaggi personali.
Non uno sprovveduto, ma – scrivono il presidente del Tribunale di Locri Fulvio Accurso e i giudici a latere Cristina Foti e Rosario Sobbrio – un soggetto che pur ammantandosi di un alone di “falsa innocenza” rappresentava il perno di un sistema “tutt’altro che rudimentale”. Non era il solo a farne parte: con Lucano – condannato in primo grado a 13 anni e due mesi di carcere – gli altri componenti di quello che secondo la sentenza era un sodalizio criminale vero e proprio, un’associazione a delinquere strutturata e composta da attori che ricoprivano determinati ruoli strategici con il fine di “commettere un numero indeterminato di delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio”. Un sodalizio di cui faceva parte la compagna Tesfahun e i vicinissimi di Lucano che si muovevano all’interno di Città Futura – associazione di cui nei fatti Lucano aveva il controllo completo – e all’interno del resto delle cooperative apparentemente preposte all’accoglienza.
I motivi del sostegno politico a Lucano
Un ruolo aveva anche l’esperienza politica di Lucano, sostenuto da determinati partiti ed ex sindaco di Riace. A dargli man forte – nell’ottica di un sistema basato sul voto di scambio e sull’acquisizione di utilità personali – i sodali condannati assieme a lui e portatori di “pacchetti di voti”, i quali “hanno agito accettando di sostenere politicamente Lucano ricevendo da esso, in cambio, piena libertà di movimento nella loro azione illecita di accaparramento delle risorse pubbliche”.
Dietro il paravento dell’accoglienza c’era la distrazione di somme che venivano utilizzate a fini personali
Formalmente, il “modello” Riace aveva creato le botteghe artigiane, la cittadella solidale, il frantoio, l’accoglienza diffusa (in realtà inesistente e dai numeri su carta). Nei fatti, scrivono i giudici, tutto si traduceva in un sistema illecito caratterizzato da ripetute occasioni di guadagno personale, per sottrazioni milionarie. Lucano e gli altri, insomma, fiutato l’affare delle cifre da capogiro che transitavano a Riace con la scusa dell’accoglienza, secondo la Procura di Locri “piuttosto che restituire ciò che veniva versato, aveva ben pensato di reinvestire in forma privata la gran parte di quelle risorse”, operando “con costanza nell’illecito, in modo studiato, consapevole e volontario” e mettendo in pratica una sistematica “falsificazione dei rendiconti”. I giudici non hanno dubbi: si sarebbe trattato di un “vero e proprio arrembaggio ai cospicui finanziamenti”. Altro che nessun arricchimento e altro che reato di umanità. A questo “quadro a tinte fosche” si aggiunge il ruolo di associazioni come Città Futura che erano diretta emanazione di Lucano, che ogni mese riceveva somme “dalle Isole Cayman”.
Le condanne in primo grado
Abraha Gebremarian (4 mesi)
Ammendolia Giuseppe detto “Luca” (3 anni e 6 mesi)
Balde Assan (1 anno)
Curiale Oberdan (6 anni)
Ierinò Cosimina (8 anni e 10 mesi)
Keita Oumar (1 anno)
Lucano Domenico (13 anni e 2 mesi)
Maiolo Annamaria (6 anni)
Musuraca Cosimo Damiano (1 anno)
Musuraca Gianfranco (4 anni)
Romeo Salvatore (6 anni)
Taverniti Maria (6 anni e 8 mesi)
Tesfahun Lemlem (4 anni e 10 mesi)
Tesfalem Filmon (1 anno)
Tornese Jerry (6 anni)
Le assoluzioni
Gervasi Alberto
Latella Domenico
Moumen Nabil
Petrolo Antonio Santo
Prencess Daniele
Romeo Salvatore
Valilà Renzo
Rosario Zurzolo
Articolo Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
INCHIESTE
Lucano visita la tomba di Becky Moses. Ma perché bloccò la sua salma per più di quattro mesi?
L’ex sindaco di Riace decise che il corpo carbonizzato della povera 26enne dovesse restare per mesi e mesi nella sala Morgue dell’ospedale di Polistena, nonostante i solleciti. Oggi omaggia quel loculo realizzato in ritardo per colpa dell’autorizzazione che non voleva dare
Mimmo Lucano – l’ex sindaco di Riace condannato a 13 anni e due mesi di carcere per associazione a delinquere, peculato, truffa allo Stato, truffa per erogazioni pubbliche e falso in atto pubblico – ha recentemente visitato la tomba di Becky Moses, come riporta la stampa locale. Chi era Becky? Per chi non avesse ancora avuto modo di conoscere la sua storia drammatica, era la ragazza nigeriana appena 26enne trovata morta – riportano le cronache – nel rogo sviluppato nel campo di San Ferdinando.
Becky, stando a quanto afferma una testimone oculare che la conosceva di persona che abbiamo raggiunto tempo fa, era giunta a Riace credendo alla favola dell’accoglienza, ma lì più che aiuto aveva trovato Lemlem Tesfahun e le sue volontà lapidarie e insindacabili. Quanto decideva Lemlem – compagna di Lucano – non poteva essere discusso, e lei aveva deciso che per Becky non c’erano progetti solidali. “Cacciata” e in difficoltà estrema, era dunque giunta nel campo di San Ferdinando, dove ha trovato la morte.
Un decesso su cui tuttora non è stata fatta luce, nonostante i tentativi. Ma perché Mimmo Lucano (che all’epoca della morte della giovane era sindaco di Riace) lasciò il corpo carbonizzato della povera Becky per almeno quattro mesi nella cella frigo della sala Morgue dell’ospedale di Polistena senza autorizzarne il trasferimento e dunque la tumulazione? Abbiamo sollevato varie volte questo quesito, basandoci su due documenti pubblicati in esclusiva, cioè due relazioni dell’Asp di Polistena del 13 aprile e del 14 maggio 2020, ma ad oggi non ci sono risposte. Oggi – paradossalmente, richiamo della coscienza o meno, Lucano va a rendere omaggio a un corpo che ha trovato degna sepoltura quattro mesi più tardi del previsto, e proprio in forza della sua volontà di non autorizzarne il trasferimento.
La giovane nigeriana, infatti, è stata tumulata dopo mesi e mesi di dimenticanza, quando Lucano ha deciso che era abbastanza e che addirittura la volontà di seppellirla andasse pubblicizzata perché – riporta un articolo online – “ha voluto che la propria amministrazione si facesse carico delle spese di un rito funerario formale e solenne”. Ma perché, allora, non lo ha fatto prima, sollecitato com’era dai dirigenti dell’Asp, e soprattutto perché sulla vicenda di Becky Moses dopo tre anni non è stata ancora fatta chiarezza?