Così parlava Borsellino: “Su Riina si sa tutto questo ma non si vuole indagare” (audio e documento)
E’ un procuratore sconfortato dalla carenza di uomini e mezzi e dalle troppe “dimenticanze” quello che intravede tra i file audio e i documenti desecretati il 10 luglio dalla Commissione antimafia. Risoluto, tuttavia, a continuare sulla strada del contrasto alla criminalità organizzata
E’ un Paolo Borsellino sconfortato dalla carenza di uomini e mezzi quello che si scova tra i file audio e i documenti desecretati il 10 luglio dalla Commissione antimafia, ma tuttavia risoluto a continuare sulla strada del contrasto alla criminalità organizzata. Il primo documento a cui è stato tolto il velo è quello riguardante la seduta interna all’organismo dell’8 maggio del 1984, quando Borsellino era giudice istruttore di Palermo. Sono gli anni del pool antimafia di Rocco Chinnici, ucciso a luglio del 1983; appena qualche mese dopo, a ottobre del 1983, sarebbe stato arrestato Tommaso Buscetta, il primo pentito di mafia. Nell’audio si trovano riferimenti in merito.
Le “sviste” clamorose sui capi di cosa nostra
Nel corso dell’audizione dell’11 dicembre 1986, a Trapani, Paolo Borsellino viene audito dalla Commissione parlamentare antimafia in qualità di Procuratore della Repubblica di Marsala. Si è insediato da appena tre mesi e, lamenta, la situazione non è quella che si aspettava. Mancano gli aggiunti, e la mole di lavoro continua a essere tantissima. Il maxi-processo che vide storicamente alla sbarra 476 affiliati mafiosi è nella fase dibattimentale, ma ci sono piste che si continuano a non battere, per esempio quelle che riguardavano Totò Riina, il capo di Cosa nostra allora latitante. Il magistrato se ne lamenta chiaramente davanti ai colleghi: si ignora sistematicamente, rileverà, il fatto che ci siano in capo al malvivente proprietà e terre, e che i parenti girino indisturbati senza essere interpellati (sotto, due stralci e il documento integrale da scaricare).
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Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”
Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.
“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.
617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.
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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato
Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica
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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale
Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.
Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).
“L’Unità” del 05/06/1997
I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.
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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane
Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale