INTERVISTE
Made in Italy, censura e voltagabbana. “Ecco perché il governo non andrà avanti”
Gian Marco Centinaio senatore della Lega e ministro uscente all’Agricoltura, dell’esecutivo in carica non salva praticamente nulla. E’ fresca l’approvazione della Commissione sull’antisemitismo e sul razzismo ma, ci racconta, mettendo da parte i buoni propositi di partenza pare se ne voglia fare un utilizzo particolare. Recente è anche il plebiscito umbro, che certo non contribuisce a redimere Zingaretti, Renzi e un Di Maio in cortocircuito, che “cambia idea” di continuo. La Bellanova che ha preso il posto dello stesso Centinaio? “Scambia un ministero chiave per la sede di Italia Viva”, mentre sullo sfondo spariscono Made in Italy e aziende che potrebbero uscire “massacrati” dall’accordo sul libero scambio africano.
Di recente ha ricevuto delle lettere minatorie.
Sono delle lettere in cui mi hanno insultato e attaccato, e in cui hanno scritto che avrei fatto perdere valore alla terra di una presunta persona. Hanno scritto che devo morire assieme alla mia famiglia, quindi è una roba classica. Sono i soliti stupidi che non hanno niente di meglio da fare. Ho denunciato in Questura ma sono molto tranquillo: si va avanti senza problemi.
Della Bellanova cosa ne pensa?
(Ride) Noto che va tanto in tv a parlare e a dire che sta facendo cose, ma in realtà sono iniziative che abbiamo portato avanti noi. L’esempio lampante è la Sardegna e la problematica del latte. Ci è andata sbandierando provvedimenti che sono stati indicati nel decreto Emergenze in Agricoltura (legge 44/2019 dello scorso maggio sui settori lattiero-caseario, ovi-caprino, olivicolo-oleario, agrumicolo e suinicolo, nda) che è quello che è stato approvato alla Camera e al Senato senza voti contrari. Inviterei il ministro Bellanova a parlare meno e a lavorare di più. Il Mipaaf non è la sede di Italia Viva, ma è un ministero che comporta impegno e ascolto delle persone. Spiace anche che anziché riconoscere il lavoro di chi l’ha preceduta si prenda meriti non suoi. Non è bello e non è politicamente corretto, ma ognuno ha lo stile che ha.
Dopo la vittoria in Umbria Salvini ha detto che questo governo ha i giorni contati. Si riferiva a qualcosa in particolare?
Si riferiva all’idea che abbiamo che questo governo debba andare a casa il più velocemente possibile. Prima dell’Umbria sembrava lo dicessimo solo noi ma ora è chiaro che anche i cittadini hanno confermato che un’alleanza Pd-Cinquestelle è fallimentare. L’Umbria li ha puniti senza se e senza ma e quindi riteniamo che dopo la vittoria ci sia un ulteriore tassello per dire che questo esecutivo deve avere le ore contate. Se poi serve anche il voto dell’Emilia, andremo anche lì e chiederemo di confermare quello che gli umbri hanno già detto a Renzi, Zingaretti, Di Maio e Conte.
C’era davvero bisogno di una commissione su razzismo e antisemitismo o si tratta di pretesti?
Doveva essere una commissione condivisa rispetto a quanto proposto dal senatore Ferrari del Pd. Italia Viva ha però preferito andare allo scontro con i gruppi parlamentari di centrodestra e di conseguenza siamo arrivati a una commissione con tanti preconcetti e con idee diverse. Quanto proposto dalla senatrice Segre era diverso da quanto effettivamente è stato approvato.
Cioè l’idea di partenza si è via via persa per strada?
Secondo me sì. Si vuole in realtà attaccare chi la pensa in maniera diversa dal Pd e da Italia Viva. Io non penso di essere un razzista se pongo l’attenzione su determinate problematiche o se dico che la famiglia deve essere fatta da un papà e da una mamma. Non penso di insultare nessuno. Invece dal Pd e da Italia Viva c’è la volontà di colpire chi la pensa in maniera diversa da loro. Questa si chiama dittatura, a casa mia.
Però non avete votato contro. Vi siete astenuti.
Ci siamo astenuti perché pensavamo che l’idea di base fosse interessante, e per rispetto verso la senatrice Segre e la sua storia. L’idea di partenza era buona e siamo stati d’accordo sul fare una commissione. Non siamo d’accordo sui presupposti da cui sono partiti i colleghi del Pd, quindi ci è sembrato giusto astenerci.
Forse la questione è stata anche un po’ aiutata mediaticamente perché la Commissione è stata cucita addosso alla Segre, con la conseguenza che intorno si è creata una bolla di protezione. Se questioni come queste vengono strumentalizzate, non c’è il rischio che passi di tutto?
Certo, questo è il problema. Nessuno è contro la lotta all’antisemitismo. Siamo d’accordo sul fatto che determinati fenomeni debbano essere contrastati, ma non bisogna ledere la libertà di esprimere la propria opinione in modo democratico quando non si offende nessuno.
Ieri il sottosegretario Di Stefano ha detto che l’unica via per le aziende italiane è l’estero. In Emilia sarà finanziata la delocalizzazione dell’azienda storica La Perla. Cosa sta facendo l’opposizione nel pratico per frenare quest’attacco alla produttività?
Vediamo il governo cosa ha intenzione di fare ma l’obiettivo è portare avanti tutte le iniziative messe in piedi nei 14 mesi di governo a favore del Made in Italy e di chi decide di investire in Italia contro la delocalizzazione. Scriva pure che questi qua sono dei matti: il ministro Di Maio e il M5S sono passati dal dire che bisognava punire chi voleva delocalizzare anche di dieci chilometri all’opinione contraria che si può delocalizzare anche fuori dall’Italia. Questo vuol dire non avere l’idea di cosa sia l’imprenditoria. Noi andiamo avanti dicendo che il Made in Italy e l’occupazione devono essere tutelati, e se il governo porterà in Parlamento dei provvedimenti che vanno contro questi principi faremo battaglia e faremo le barricate.
Iniziative concrete?
Nel concreto ci sono le proposte di legge che abbiamo fatto anche quando eravamo in maggioranza. Ce n’è una a prima firma di Salvini proprio a tutela delle aziende italiane e dei marchi storici italiani, ma non è mai stata presa in considerazione. Quando eravamo al governo l’attenzione è mancata perché c’era un decreto di Di Maio che andava nella stessa direzione e lo abbiamo appoggiato anche noi.
Non c’è il timore che all’atto pratico vi manchino i numeri per approvare queste proposte di legge?
Spero che i numeri manchino a loro. Se dovessero presentare decreti contro le aziende italiane dirò in aula che farò manifesti e pagine dei giornali con nomi e cognomi dei parlamentari che votano a favore della delocalizzazione.
Il libero mercato africano (Afcfta, nda) sarà più un’opportunità o un danno?
Se l’Italia ha l’opportunità di esportare sarà un beneficio, ma dobbiamo capire i punti di debolezza che ci saranno per quanto riguarda i prodotti che dall’Africa potrebbero arrivare in Italia. Dobbiamo stare attenti, perché rischiamo di massacrare le nostre aziende.
ARTE & CULTURA
Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)
Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.
Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.
Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?
Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.
Il film ha un messaggio particolare?
Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.
Progetti futuri che può anticiparci?
Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.
INTERVISTE
Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)
INTERVISTE
Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»
Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.
Il giornalista Antonello Caporale
È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?
Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.
Nordio è un ex magistrato.
Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.
Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?
Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.
Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.
Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.
Erano forse più questi gli aspetti da riformare.
Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.
Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?
C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.
INTERVISTE
Il racconto della figlia del 72enne di Guardia Piemontese deceduto dopo ore di odissea
Antonio Caroccia era un 72enne di Guardia Piemontese, un paesino in provincia di Cosenza, in Calabria. Riferiscono i familiari, assumeva dei farmaci ma godeva di buona salute, era attivo e non era affetto da nessuna patologia. Il 5 marzo dello scorso anno avverte un dolore all’altezza dei reni. E’ tardo pomeriggio, Antonio è vigile, cosciente, i familiari sono preoccupati ma nessuno si immagina quello che sarebbe successo da lì alle ore successive, con una diagnosi iniziale sbagliata, “circa due ore e mezzo di attesa presso il pronto soccorso della clinica Tirrenia Hospital” – racconta una componente della famiglia – assenza di ambulanze, posti letto per ottenere i quali è necessario fare opere di convincimento, esami mai giunti a destinazione. Che sarebbe successo se i medici non avessero erroneamente diagnosticato un infarto e se il signor Antonio fosse giunto subito nel reparto di Chirurgia? Secondo i familiari, il decesso forse poteva essere evitato. Una delle due figlie, Valentina, ci ha spiegato le motivazioni alla base di questo convincimento.
Lei sta portando avanti una battaglia per il riconoscimento di un caso di malasanità che potrebbe aver causato il decesso di suo padre. Ha avuto risposte dalle Istituzioni?
Il 28 marzo ho inviato una PEC al ministero della Salute, alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Paola e Cosenza e al presidente della Regione Calabria in qualità di commissario ad acta della Sanità. Il ministero mi ha risposto l’11 aprile chiedendo alla Regione di relazionare sull’accaduto e domandando di mettermi a conoscenza degli esiti. La Regione ha scritto all’Asp di Cosenza limitandosi di fatto a fare da tramite, senza esprimersi sull’accaduto. Mi ha risposto allegando semplicemente i documenti ricevuti dall’Asp stessi, per giunta incompleti. Il tutto dopo circa tre mesi, durante i quali ho fatto numerosissimi solleciti telefonici e via mail.
Dal decesso di suo padre in poi è stata costretta ad appellarsi continuamente, oltre che alle istituzioni, alle strutture sanitarie coinvolte. Ha trovato disponibilità o chiusura?
Sostanzialmente dopo aver fatto più solleciti con le istituzioni ho trovato qualche forma di apertura. Il resto è stato un po’ sorprendente, anche per quello che riguarda le risposte del direttore della centrale operativa. Mi è capitato di fare presente il comportamento di un infermiere che con mio padre era stato sgarbato e poco professionale, ma la mia versione è stata messa in dubbio.
Sta dicendo che ha denunciato il comportamento di un infermiere e l’ospedale interessato non ne ha voluto saperne di più? Non è stata avviata nessuna indagine interna per comprendere se si era in presenza di una negligenza o di un disservizio?
No, assolutamente no. Anzi ho avuto l’impressione contraria, cioè che facessero da scudo a chi era intervenuto quella sera. Mi sono anzi sentita dire dal direttore della centrale operativa del 118 le testuali parole: “posto che ciò corrisponda a verità, come fa notare la scrivente signora Valentina Caroccia, rientra nei comportamenti personali del singolo, sicuramente censurabili, ma non perseguibili”.
Della vicenda che ha raccontato a Rec News ha fatto molta impressione l’atteggiamento di parte del personale sanitario coinvolto.
Abbiamo provato tanta rabbia, tanta tristezza e tanto dolore. Quando i sanitari sono venuti a casa per soccorrere mio padre non riuscivano a trovargli la vena e sgarbatamente gli davano dei comandi del tipo “Metti il braccio così”, strattonandolo. L’hanno poi portato giù sulla sedia a rotelle a petto nudo, faceva pure freddo perché era quasi sera. E’ stata mia madre a coprirlo. Alla Clinica Tirrenia Hospital doveva essere ricoverato, come testimoniano gli audio, su indicazione del medico del 118 intervenuto e del cardiologo dell’UTIC di Paola (la terapia intensiva cardiologica, nda), ma arrivati lì non volevano ricoverarlo, non ho capito per quale ragione. Il medico del 118 si è rivolto a mia madre e a mio zio dicendo: “Dovete insistere per fare uscire il posto”.
“Insistere per fare uscire il posto” è una frase strana.
Alla fine comunque è stato accettato presso il pronto soccorso della Tirrenia Hospital, ma quando i sanitari della stessa hanno ritenuto di dover trasferire mio padre presso l’ospedale Annunziata di Cosenza la clinica non era in possesso di alcuna ambulanza. Ho scavato per capire le motivazioni e chiesto spiegazioni, ma la clinica in tutta risposta mi ha scritto tramite legale facendo finta di non sapere che ero una parente diretta. Ho parlato anche con il vicedirettore della clinica Tirrenia Hospital perché in tutto questo è stato anche smarrito un esame che si chiama emogasanalisi che la clinica sostiene di aver effettuato e di aver consegnato all’ambulanza di Amantea che ha trasportato papà in un secondo momento. Sta di fatto che di quest’esame non c’è traccia.
Non si trova un esame di marzo del 2022?
Non si trova. Il vicedirettore sostiene che sia stato consegnato ma le cose sono tre: o non è stato effettuato, o è stato fatto e non è stato consegnato o è stato consegnato ed è stato smarrito. Al vicedirettore ho anche domandato come mai l’ambulanza non fosse disponibile e lui ha risposto che ne hanno solo una e che era impegnata per il trasferimento di un paziente leucemico a Reggio Calabria. Pensare che la Tricarico è l’unica clinica della costa tirrenica cosentina ad avere l’emodinamica. Mio padre del resto non doveva neppure essere lì, perché la diagnosi inziale di infarto si è poi rivelata sbagliata.
Negli audio vagliati da Rec News si sentono anche i sanitari che rispondono flemmatici e le attese lunghe intervallate dalla Primavera di Vivaldi…
Infatti si nota subito l’incapacità di comunicare e gestire l’urgenza. Si passano il telefono di persona in persona. Mancavano mezzi, preparazione e c’era pure chi rispondeva scocciato alla richiesta di intervento.
Suo padre è deceduto dopo un’Odissea durata ore e ore.
Era un codice rosso. Avrebbero dovuto mobilitarsi subito, non avere quell’atteggiamento rilassato passandosi il telefono di persona in persona.
C’è stato anche quel problema “di connessione” che ha impedito a un esame di arrivare a destinazione.
Quando si fa l’ECG a casa, a esito ottenuto c’è il consulto tra il medico che è sul posto, del medico che è in centrale operativa e del medico di turno all’UTIC di competenza, in questo caso l’UTIC di Paola. Però alla centrale operativa del 118 l’esame non è mai arrivato per mancanza di linea. E’ arrivato però, come documentano gli atti, all’UTIC di Paola, quindi gli unici due che hanno avuto modo di confrontarsi sono stati il medico del 118 che è venuto qua a casa e il cardiologo. Il medico non è stato assolutamente in grado di gestire la situazione. Mio padre era a casa lucido e cosciente, avvertiva un dolore all’altezza dei reni ma gli è stato diagnosticato un infarto. Quando è stato trasportato sulla seconda ambulanza già non rispondeva e secondo i referti aveva già i valori sballati. Dopo ore di attesa, due ore circa delle quali presso la Tirrenia Hospital, è deceduto.
Mi diceva che in un referto clinico anziché scrivere “sottorenale” hanno scritto “soprarenale”. Sono questioni di lana caprina oppure ha senso porsi delle domande?
Sì, ha senso porsi il quesito e stiamo seguendo anche tutta la parte medica per comprendere meglio come si sono svolti i fatti. Sappiamo che è arrivato in Chirurgia all’Annunziata in condizioni già critiche e che i medici hanno innestato le protesi. L’operazione è durata circa due ore e mezzo e da come si legge dalla cartella clinica ci sono stati due arresti cardiaci, uno dei quali ripreso con il defibrillatore. Hanno provato a recuperarlo, ma all’una e trenta di notte è stato constatato il decesso.
Nel caso di suo padre la diagnostica appare mancante o errata.
Sì, non gli è stata fatta la TAC a contrasto che avrebbe dovuto evidenziare le rotture subentrate che inizialmente non c’erano, e poi gli è stato diagnosticato, sbagliando, un infarto. Mio padre aveva bisogno di essere trasferito immediatamente, e sottolineo immediatamente, presso la struttura dove è stato operato, invece è stato perso inutilmente tanto tempo e non c’erano neppure i mezzi per effettuare il trasporto.
La prima diagnosi di suo padre è avvenuta tramite telemedicina, però il referto non è mai giunto a destinazione per un problema di connessione. Il timore è che determinate procedure macchinose che coinvolgono tanto personale sanitario e tante unità distanti tra loro, possano mettere in pericolo il paziente. Se si spezza un anello della catena, i rischi possono superare i vantaggi.
Ma se alla fine mi sono sentita dire “Ritieniti fortunata che quella sera c’era il medico con l’ambulanza”, perché la prima ambulanza è venuta 5 minuti dopo la chiamata, ma solo perché stava facendo rifornimento lì vicino. Mi sono vergognata per loro a sentire frasi del genere. Per riuscire a fare gli accessi agli atti che riguardano il decesso di mio padre mi sono trovata di fronte a telefoni sbattuti in faccia. Se scegli di fare il medico devi avere una vocazione, una passione, ma se poi non hai professionalità e sei perfino disumano, è meglio che cambi mestiere. Ora non c’è solo il dolore, ma anche la rabbia.