Caro migrante ti scrivo. L’Italia è lontana, la (ricca) Nigeria vicina
Non se ne parla nemmeno in tempo di riesumazione del Pd, ma Gentiloni è qui che nel 2017 mandò un regalo di tutto rispetto. Oggi lo Stato più popoloso dell’Ua si prepara a ospitare due super aeroporti, turisti da accogliere in strutture extra-lusso e, addirittura, chi va lì in cerca di fortuna. Altro che scappare da fame e guerra
Articolo scritto il 23/08/19 e aggiornato l’8/11/19
Stando agli ultimi dati in materia, gli africani residenti in Italia al 2019 sono 1.140.012. Provengono, abbiamo provato a raccontarlo varie volte, da Stati tutt’altro che poveri. Vediamolo con un grafico che si rifà ai dati Istat in cui sono rappresentati i primi sette paesi di provenienza.
Sono numeri che fanno impressione se si pensa alle possibilità economiche e ricettive di Stati come il Marocco o dalla spiccata vocazione turistica come l’Egitto e la Tunisia. Il Ghana? E’ il cavallo vincente del Fondo monetario internazionale che negli ultimi anni ha visto il Pil lievitare, portando il ricco Stato africano in competizione diretta con colossi come la Cina (leggi anche: Corsa all’Africa, il nuovo terzo mondo sarà l’Italia). Il Sud Sudan resta decisamente indietro, tanto che i suoi abitanti non riescono a racimolare neppure le migliaia di euro da dare ai trafficanti. Così, i sudanesi che risultano in Italia per il 2019 sono appena 63. C’è poi la Nigeria e ci sono i nigeriani. Quelli residenti (non presenti, ma residenti) per il 2019 sono 117.358.
Il regalo di Paolo Gentiloni
E’ qui che nel 2017 il governo Gentiloni ha inviato un ricco regalo, che è servito tra le altre cose per costruire una pista di atterraggio. Non che l’Africa ne fosse sprovvista: si accinge per i prossimi mesi ad averne addirittura dieci “super” aeroporti, due dei quali sono proprio in Nigeria. Il porto marittimo profondo di Lekki sarà completato proprio per quest’anno, costo totale 1,5 miliardi di dollari. Si prepara inoltre a gestire, stando a un sito specialistico, “oltre 1.8 milioni di Teu – ogni unità equivale a venti piedi – un ormeggio per rinfuse solide e due ormeggi per merci liquide”. Porta Mega Badagry, di servizio completo e in acque profonde, sarà uno dei più grandi in Africa, con sette chilometri di banchina e mille ettari di cantiere.
“L’Africa sarà portata a un livello superiore rispetto agli altri continenti”
Scrive Anita Anyango: “I porti dell’Africa occidentale saranno costruiti e gestiti utilizzando le strategie di automazione più recenti, che li renderanno competitivi come qualsiasi altro al mondo. Con diversi progetti multimiliardari già in corso e altri in cantiere insieme a poche iniziative di sviluppo minori, l’Africa è ben posizionata per ritagliarsi una quota maggiore dei mercati navali regionali e più ampi. Alcuni dei progetti in corso, porteranno l’Africa ad un livello superiore rispetto ad altri continenti. L’Africa – continua Anyango – è dotata di vaste risorse e di una popolazione in crescita: un miglioramento del 25% nelle prestazioni portuali potrebbe aumentare il Pil del 2%, dimostrando la stretta relazione tra efficacia dei porti e competitività commerciale”.
In Italia gli aeroporti chiudono, in Africa sono “super”
Mentre in Italia gli scali portuali si stanno decimando e le sorti della compagnia nazionale di bandiera, Alitalia, rimangono incerte, l’Africa “corre il rischio di sacrificare un’ulteriore crescita”: sbocciata da tempo, si pone ora il problema della “riduzione dei costi”, del “miglioramento dell’efficienza” e dell’incremento dell’export, nell’ottica dell’accordo recentemente sottoscritto sul libero scambio, l’Afcfta. Stando al lavorìo sottotraccia sul documento sottoscritto da 54 Paesi dell’Unione africana (“sottotraccia”, perché l’Africa deve continuare ad apparire povera per permettere l’immigrazione di massa voluta dai dem e dall’Europa) il Pil del continente si prepara a raggiungere i 3000 miliardi di dollari.
In Nigeria nessuna guerra
Con quasi 118mila “nuovi italiani” provenienti da lì, è facile immaginarsi la Nigeria come un territorio depresso, povero, politicamente agitato. Ci sarà sicuramente gente che “scappa da una guerra”. Intersos scrive che “800mila nigeriani non sono stati ancora raggiunti dagli aiuti umanitari”, ma non spiega per quale motivo. Ci sono comunque, ammette, “due milioni di sfollati”. In Nigeria la guerra civile (cosiddetta “del Biafra”), è terminata nel 1970. Durata tre anni, ha mietuto milioni di vittime, ed è stata una delle tristi occasioni per instaurare il quadro di dipendenza e assistenzialismo che caratterizzerà i decenni successivi. Oggi la Nigeria è lo Stato più popoloso dell’Africa. La capitale è Abuja, e una delle metropoli più fiorenti – al pari o meglio di molte capitali europee – è Lagos (sotto, la gallery).
L’Indotto economico
La Nigeria è un Paese che vive una stagione più che felice: industrializzata, urbana, l’hanno fatta fiorire gli investimenti e gli aiuti di diversi Stati e organismi. Soldi che rappresentano una buona metà delle risorse su cui può contare, mentre la restante parte è da attribuire alle entrate petrolifere ma non solo. Il suo è infatti un territorio ricco di diverse materie prime e di minerali come carbone, ferro, stagno (essenziale per i circuiti), ma anche piombo, oro e uranio. Non manca neppure il gas. Possibilità invidiabili, che ne hanno fatto la 26esima potenza economica globale per Pil nominale, e tra le prime del continente. Il turismo? In crescita. Se si volesse sostare nella Lagos appena presentata, si potrebbe fare affidamento a strutture di tutto rispetto, tra cui figurano le catene di hotel lussuosi presenti nelle principali città del mondo. Niente, insomma, che faccia pensare alla povertà.
Ma c’è lavoro in Nigeria?
E’ una domanda che è lecito porsi guardando all’arredo urbano (che certo non si trova a Milano, Roma, Genova o Torino) o ai grattacieli di Lagos. Pensare che le città appena menzionate continuano ad ospitare (spesso a mantenere) decine di migliaia di nigeriani. Leggiamo su Lavorare all’estero: “Parliamo della Nigeria e di alcuni dati economici che fanno davvero pensare. A divulgarli sono la Banca Mondiale e il Fmi; secondo alcuni studi di questi due organismi, nei prossimi cinque anni il paese potrebbe creare milioni di posti di lavoro. Oltre a ciò vi è un rapporto pubblicato dall’Ocse che parla di una crescita economica attorno al 6,6% e un Pil che, negli ultimi anni, ha avuto una crescita complessiva di oltre il 7%. Settore trainante, ovviamente, quello petrolifero, a cui si stanno affiancando altri settori come il commercio e le telecomunicazioni”.
La prova dei fatti
Gli italiani dovrebbero rimanere in Italia e, meglio ancora, tornare. C’è troppo in ballo per rimanere lontani da una terra bellissima che rischia di scomparire. Il richiamo delle sirene (gli esseri mitologici dell’Odissea, non quelle che abitano i fondali) continua, comunque, a insinuarsi frequente nelle loro orecchie. Cantano dal Canada, dalla Gran Bretagna, dall’Est, e anche dalla Nigeria. Sì, lo Stato da cui centinaia di migliaia di persone “scappano”, chiama poi gli italiani a lavorare. C’è la top-ten online cui fare affidamento e, a differenza dell’Italia, sembrano particolarmente affidabili anche le agenzie di lavoro interinale. Ne abbiamo trovato sedici. Una di management ed e-business sulla Ikorodu Road di Lagos si chiama “BBC”. Le fa compagnia una filiale della nota Adecco all’Eleganza Plaza sull’Adeyemo Alakija Street di Victoria Island, assieme alle agenzie dai richiami nazionalistici: è il caso dell’African Development Consulting Group o la Erec Nigeria.
La domanda sottotraccia
Messi insieme diversi dati, ci troviamo di fronte a qualche risposta, ma con ancora tante domande. La prima se la farebbe chiunque, ed è rimasta sottotraccia in ogni paragrafo: perché partire, “rischiare la vita nel Mediterraneo”, se Stati come la Nigeria e città come Lagos offrono il decuplo di possibilità della stremata Italia o di città pessimamente amministrate come Roma? Perché non spostarsi, sicuri e felici, di pochi passi o di pochi chilometri anziché “cercare la fortuna” percorrendo la strada dell’assistenzialismo di matrice europea? La risposta la affidiamo a Ahmad Salah e alla sua analisi incentrata principalmente sul caos in Libia ma il cui senso si può, facilmente, estendere.
ECONOMIA
Consigli efficaci per risparmiare denaro se sei un libero professionista
Essere un libero professionista può essere un’avventura emozionante, ma può anche comportare una certa incertezza finanziaria.
Dal momento che sei responsabile della tua entrata e delle tue spese, è essenziale adottare abitudini finanziarie sane per garantire la stabilità economica e il successo nel lungo termine della tua attività.
In questo articolo, esploreremo una serie di consigli pratici per aiutarti a risparmiare denaro e gestire le tue finanze in modo efficace come libero professionista.
1. Pianifica un budget dettagliato
Il primo passo per risparmiare denaro è creare un budget dettagliato che tenga conto di tutte le tue entrate e uscite. Inizia annotando tutte le tue fonti di reddito mensili, compresi gli incassi derivanti dalla tua attività professionale e da altre eventuali fonti.
Successivamente, elenca tutte le tue spese fisse, come l’affitto, le utenze e l’assicurazione, nonché le spese variabili, come il cibo, i trasporti e le spese aziendali.
Una volta creato il tuo budget, monitoralo attentamente e aggiorna regolarmente le tue entrate e uscite per mantenere il controllo delle tue finanze.
2. Identifica e riduci le spese superflue
Esamina attentamente le tue spese mensili per identificare eventuali aree in cui puoi ridurre i costi o eliminare spese superflue. Potresti scoprire che ci sono abbonamenti mensili a servizi che non utilizzi o che potresti risparmiare denaro riducendo le uscite per intrattenimento e acquisti non essenziali.
Ridurre le spese superflue ti aiuterà a liberare fondi che potrai destinare al risparmio o reinvestire nel tuo business.
3. Sfrutta le detrazioni fiscali
Come libero professionista, hai diritto a sfruttare una serie di detrazioni fiscali che possono ridurre il tuo carico fiscale complessivo.
Consulta un commercialista o un esperto fiscale per assicurarti di approfittare di tutte le detrazioni disponibili per i professionisti autonomi. Queste detrazioni possono includere spese aziendali, come attrezzature e forniture, spese di viaggio e intrattenimento, e persino spese per l’istruzione e la formazione professionale.
Ad esempio, con Fiscozen puoi ricevere una consulenza fiscale totalmente gratis e senza impegno con un esperto. Ti aiuterà a capire cosa puoi detrarre.
4. Investi in strumenti e tecnologie efficaci
Investire in strumenti e tecnologie efficienti può semplificare il tuo lavoro e aiutarti a risparmiare tempo e denaro nel lungo termine.
Ad esempio, considera l’acquisto di software di gestione del tempo e della produttività che ti consentano di organizzare facilmente le tue attività e monitorare il tempo dedicato a ciascun progetto.
Inoltre, l’automatizzazione di processi ripetitivi può aumentare la tua produttività e liberare il tuo tempo per concentrarti su attività più redditizie.
5. Costruisci un fondo di emergenza
Infine, è essenziale avere un fondo di emergenza per affrontare eventuali imprevisti finanziari che possono verificarsi nel corso della tua attività. Questo fondo dovrebbe essere sufficiente per coprire almeno tre-sei mesi di spese personali e aziendali.
Metti da parte una parte delle tue entrate mensili per costruire gradualmente questo fondo e assicurarti di essere preparato per qualsiasi eventualità, come la perdita di un cliente o un’emergenza medica.
Conclusione
Essere un libero professionista offre molte opportunità, ma richiede anche una gestione finanziaria oculata.
Ricorda di essere costante nel monitorare il tuo budget e di adattare le tue strategie di risparmio in base alle tue esigenze e alle condizioni del mercato. Con una pianificazione attenta e una gestione finanziaria oculata, puoi avere successo come libero professionista e raggiungere i tuoi obiettivi finanziari e professionali.
ECONOMIA
Fine mercato tutelato luce e gas: cosa succede alle nostre bollette?
L’inizio del 2024 ha sancito la conclusione formale del regime tutelato per la fornitura di gas, e a breve, nel mese di luglio, sarà la volta dell’energia elettrica. Questo argomento è stato oggetto di ampio dibattito da parte di tutti i mezzi di comunicazione nei mesi recenti, ma non è banale comprendere appieno l’entità di questa transizione e le sue implicazioni sulle nostre fatture energetiche. Facciamo allora il punto della situazione, cercando di fornire risposte chiare ed esaurienti alle domande più frequenti che possono sorgere in merito a questo cambiamento, dall’aspetto normativo alla sua diretta incidenza sui costi in bolletta, al fine di gettare luce sulle prospettive future dei consumatori e sulle dinamiche del mercato energetico nazionale.
Cosa si intende per mercato tutelato di gas ed elettricità?
Si tratta di un meccanismo di distribuzione dell’energia destinato ai consumatori residenziali e alle aziende, gestito in conformità alle disposizioni stabilite dall’ARERA (Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e Ambiente), un organo incaricato di definirne le norme e soprattutto i costi, regolarmente adeguati in base all’andamento dei costi all’ingrosso delle materie prime (il gas metano e l’energia elettrica). Tale sistema costituisce un’alternativa al mercato libero dell’energia, dove numerosi fornitori operano in un contesto di competizione aperta, vigilata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La distinzione tra questi due mercati risiede nel fatto che, nel regime tutelato, l’ARERA assume un ruolo chiave nell’assicurare una gestione regolamentata e trasparente, tutelando gli interessi dei consumatori e monitorando costantemente gli sviluppi del settore. Per contro, lo scenario competitivo del libero mercato fa sì che si possano sottoscrivere in molti casi offerte particolarmente convenienti, ad esempio perché il fornitore blocca il prezzo dell’energia per un periodo stabilito da contratto e quindi mette al riparo da eventuali rincari.
Per quale motivo il mercato tutelato dell’energia viene chiuso?
L’annuncio della conclusione del regime di tutela dell’energia era stato programmato diversi anni fa, ma a causa di svariate circostanze, come ad esempio la crisi energetica derivante dalla guerra in Ucraina, è stato soggetto a ripetuti rinvii. La chiusura di questo mercato si propone come un acceleratore per il processo di transizione verso il mercato libero, dove i consumatori godono della libertà di selezionare autonomamente i loro fornitori di gas ed elettricità. Da notare che il passaggio definitivo al mercato libero costituisce uno degli obiettivi centrali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e la decisione di chiudere il mercato regolamentato è strettamente connessa alle deliberazioni della Commissione Europea riguardo alla concessione delle rate previste nel PNRR.
Come si capisce se si è già nel mercato libero o ancora in quello tutelato?
Basta esaminare una delle bollette energetiche più recenti ricevute: i fornitori sono tenuti a segnalare esplicitamente questa distinzione, riportata nella sezione superiore del documento attraverso le specifiche diciture “servizio di maggior tutela”, “mercato libero dell’energia”, o varianti molto simili. Anche i colori possono aiutare: se la bolletta è a colori dovrebbe essere relativa a una fornitura che aderisce già al mercato libero, se è in bianco e nero invece è stata emessa in regime di tutela. Se non volete controllare la bolletta ma vi ricordate di aver cambiato fornitore energetico dopo il 1999, è molto probabile che la vostra attuale offerta luce o gas faccia già parte del mercato libero.
Quali sono le implicazioni per chi, alla scadenza del regime di tutela, non ha ancora effettuato la transizione al mercato libero?
Per coloro che non hanno ancora raggiunto l’età di 75 anni e non versano in condizioni economiche o sanitarie svantaggiate, ovvero sono classificati come clienti non vulnerabili, si delineerà il seguente scenario di transizione: per quanto concerne la fornitura di gas, manterranno il loro attuale fornitore, ma si vedranno modificare l’offerta energetica applicata con una nuova tariffa PLACET; per la fornitura di elettricità, verranno trasferiti dal mercato regolamentato al servizio a tutele graduali, con l’assegnazione automatica di un nuovo fornitore in base alla zona di residenza e, ancora una volta, con l’applicazione di una tariffa PLACET. Va sottolineato che, in ogni caso, la fornitura non subirà mai interruzioni durante questo processo di transizione. Questa procedura è stata concepita per garantire una continuità del servizio energetico, mentre contemporaneamente introduce nuovi elementi contrattuali e tariffe che rispecchiano l’evoluzione del contesto energetico post-chiusura del mercato tutelato.
Per la luce si saprà in anticipo a quale fornitore si verrà assegnati?
Sì, i fornitori sono stati scelti con un meccanismo di aste e selezionati su base geografica. L’elenco dei fornitori per ogni provincia è disponibile sul sito dell’ARERA. Il 1° luglio 2024, pertanto, i clienti non vulnerabili che avranno ancora un contratto per l’energia elettrica in regime di tutela passeranno automaticamente ai nuovi gestori così definiti.
E ai clienti vulnerabili cosa succede?
I soggetti che hanno superato l’età di 75 anni o che si trovano in una situazione di svantaggio economico o sanitario, come ad esempio coloro che già beneficiano di bonus sociali, identificati come utenti vulnerabili, sperimenteranno il seguente processo di transizione: per quanto riguarda il gas, saranno riassegnati al cosiddetto servizio di tutela della vulnerabilità, concepito per mantenere le caratteristiche economiche del mercato tutelato; per quanto concerne la fornitura di elettricità, manterranno la loro posizione nel regime di tutela senza modifiche nell’immediato. Questo meccanismo è progettato specificamente per garantire che gli utenti vulnerabili siano adeguatamente assistiti e tutelati in modo continuativo, preservando le condizioni di partenza secondo un approccio ponderato e graduale al processo di transizione energetica.
Cosa sono le offerte PLACET?
L’acronimo indica una modalità di fornitura energetica caratterizzata da un Prezzo Libero A Condizioni Equiparate di Tutela. Tale concetto si colloca in una posizione intermedia tra il regime di tutela e il mercato libero. Nell’ambito delle proposte tariffarie PLACET, le condizioni contrattuali sono stabilite dall’ARERA, mentre gli aspetti economici sono delineati in modo specifico da ciascun fornitore e soggetti a rinnovo su base annuale. Da notare che non esistono offerte PLACET dual, ovvero con la fornitura congiunta di energia elettrica e gas metano, ma ovviamente è possibile avere una tariffa PLACET per la luce e una distinta per il gas. Questo tipo di offerte esiste anche nel mercato libero, ma quelle a cui vengono assegnati d’ufficio i consumatori in tutela sono chiamate PLACET in deroga. Sul mercato libero le offerte PLACET sono disponibili sia a prezzo fisso sia a prezzo indicizzato, cioè variabile: come per gli altri tipi di tariffe, il prezzo variabile dipende dai due indici che esprimono il costo all’ingrosso della materia prima energia, cioè il PUN (Prezzo Unico Nazionale) per l’elettricità e il PSV (Punto di Scambio Virtuale) per il gas; quelle a prezzo fisso invece sono caratterizzate da un costo stabile per la componente energia, indipendentemente dall’andamento del mercato energetico, con le condizioni economiche che si rinnovano una volta ogni dodici mesi e il fornitore che ne deve dare comunicazione almeno tre mesi in anticipo.
Si riceveranno comunicazioni dal fornitore attuale in merito alla fine della tutela?
Guardando alla casistica del gas, per cui la fine del mercato tutelato è già avvenuta, le disposizioni dell’Autorità regolatrice hanno stabilito che i fornitori dovessero inviare ai loro clienti apposite comunicazioni in bolletta in tempo utile, cioè alcuni mesi prima della scadenza, che ricordiamo essere divenuta effettiva dal 1° gennaio 2024. In particolare, le comunicazioni contenevano informazioni sul processo da seguire sia per i clienti vulnerabili sia per quelli non vulnerabili, con il dettaglio delle condizioni economiche applicate per entrambi da quella data in poi, oltre alle modalità con cui dichiararsi cliente vulnerabile per i consumatori che ne avessero diritto ed eventualmente un’indicazione delle offerte per passare al mercato libero con lo stesso fornitore.
Cosa conviene fare nei prossimi mesi?
Inevitabilmente, arriverà il punto in cui la transizione al mercato libero diventerà una necessità per tutti i consumatori; pertanto, può essere il momento di anticipare tale processo per evitare l’applicazione di tariffe non richieste e preservare il controllo sulle proprie fatture energetiche. Le offerte PLACET assegnate automaticamente potrebbero non garantire gli stessi vantaggi di quelle selezionate in modo consapevole. In questo senso, la transizione verso il mercato libero è non solo un adempimento futuro obbligatorio, ma anche un’opportunità di ottimizzare i costi energetici, visto anche che si tratta di un’operazione completamente gratuita. Ma come possiamo essere certi di ottenere risparmi effettivi nel passaggio al mercato libero? Su internet, diversi servizi offrono la possibilità di confrontare le tariffe di luce e gas e ci sono anche molte risorse di divulgazione (come questo osservatorio energetico) che comunicano periodicamente i dati aggiornati sui costi che caratterizzano il mercato libero e quello tutelato. Alcuni servizi di confronto forniscono persino una consulenza dettagliata basata sull’analisi delle ultime fatture, consigliando in modo personalizzato se e come cambiare fornitore. In linea generale, è sempre consigliabile monitorare attentamente le bollette ricevute per individuare tempestivamente eventuali variazioni contrattuali imposte dal fornitore attuale e per comparare i prezzi con le offerte disponibili nel vasto panorama del mercato libero. Un approccio proattivo e informato consente ai consumatori di gestire in modo efficace la propria fornitura energetica, assicurandosi di ottenere il massimo valore dai servizi offerti nel mercato libero.
ECONOMIA
PNNR e PMI, stanziati 4 miliardi con il Fondo 394
Cosa prevede, le condizioni di finanziamento e chi può accedere
Quattro miliardi alle imprese italiane, con un’attenzione per quelle piccole e medie che desiderano espandersi all’estero. E’ la dotazione del Fondo Simest 394 che è stato presentato questa mattina alla Farnesina alla presenza del vicepremier e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. Nel corso dei lavori la firma del protocollo d’avvio da parte del presidente dell’Agenzia ICE Matteo Zoppas.
Cosa prevede il Fondo 394
Il fondo sostiene solo le filiere che si occupano di export e che sposano i programmi inerenti la transizione ecologica e digitale. Previste “condizioni dedicate” per le imprese che hanno interessi in aree quali i Balcani occidentali e nei territori alluvionati dell’Emilia Romagna. Nel dettaglio, il fondo 394 prevede finanziamenti a tassi agevolati fino allo 0,464% (tasso luglio 2023), a cui si aggiunge una quota di cofinanziamento a fondo perduto fino al 10%. Sei le linee di intervento: transizione digitale o ecologica, inserimento mercati, certificazioni e consulenze, fiere ed eventi, e-commerce e temporary manager.
ECONOMIA
“L’Euro digitale dovrebbe affiancare il contante, non abolirlo”
“Mentre i pagamenti stanno diventando sempre più digitali, per molte persone il contante rimane il re. L’euro digitale dovrebbe integrare il contante, ma non sostituirlo. Sono lieto di constatare che la Commissione sta pensando a come trattenere il contante come mezzo di pagamento.” Così l’eurodeputato Markus Ferber, portavoce del gruppo PPE nella Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. Il commento è arrivato contestualmente alla presentazione in Commissione del pacchetto sulla moneta unica, che include un “quadro giuridico” sulla moneta digitale.
“Gli attuali elementi di progettazione suggeriscono che l’euro digitale sarà essenzialmente utilizzato solo per i pagamenti al dettaglio. I maggiori vantaggi, tuttavia, di una valuta digitale sarebbero nel mondo degli affari. Dobbiamo almeno mantenere aperta la possibilità di futuri aggiornamenti. Se introduciamo una versione digitale della moneta unica, deve essere pronta a cogliere le opportunità del mondo digitale”, ha concluso Ferber.