“Io, minacciato e obbligato a più di una decina di TSO, solo perché ho risposto a un vicino”
Dopo il nostro lavoro su Ravanusa, ci giunge una lettera dai toni drammatici. La pubblichiamo con tutti i riferimenti con l’auspicio che chi di dovere verifichi e che, eventualmente, ognuno si assuma le proprie responsabilità di fronte a quanto starebbe accadendo “dal 2004”
Buongiorno, mi chiamo Giampiero Decicco, ho 50 anni e scrivo da Torino. Vi contatto dopo aver letto il vostro articolo online su Dario Musso, l’uomo di Ravanusa sedato e sottoposto a Tso arbitrariamente, per raccontarvi la mia vicenda, purtroppo ancora più grave, sempre in tema di abusi psichiatrici e non solo, di cui assolutamente nessuno sembra volersi occupare, nonostante mi sia costata praticamente tutto. Vivo da oltre 40 anni in un appartamento con mia madre ed i miei 2 fratelli, in una situazione familiare che è da molto tempo problematica.
Dal 2004 sono oggetto di gravissimi abusi, a seguito di dichiarazioni non vere rese dai miei familiari allo psichiatra del centro di salute mentale della mia zona, Guido Mensi, per risolvere a modo loro alcuni perduranti problemi familiari, nonchè gravi problemi condominiali all’epoca sorti con dei nuovi vicini di casa, che continuano ininterrotti tuttora. I miei familiari hanno raccontato agli psichiatri che i rumori notturni e diurni prodotti dai nuovi vicini, che anche i miei familiari sentivano perfettamente, di cui io mi lamentavo poichè mi impedivano (e tuttora mi impediscono) di riposare bene, seguiti a litigi e minacce in pubblico contro di me da parte del figlio di questi vicini (di nome Vito Scimeca), erano frutto della mia immaginazione, facendomi così ottenere una diagnosi psichiatrica, campata per aria, di disturbi paranoidi.
Con queste premesse, la situazione é poi degenerata notevolmente, nell’indifferenza totale della giustizia, dei media e di chi se ne sarebbe dovuto occupare. Va notato che prima dell’arrivo di questi vicini, il cui atteggiamento intimidatorio e minaccioso ha influito sulle azioni dei miei familiari (in particolare mia madre) nei miei confronti, il palazzo in cui vivo è sempre stato estremamente e visibilmente tranquillo, ma dopo la loro venuta nell’appartamento sopra il nostro si è scatenato un vero inferno, con continui interventi delle forze dell’ordine e problemi di ogni tipo, come dicevo mai sorti prima.
Io non ho mai usato violenza a nessuno in tutta la mia vita, come ben sa chiunque mi conosce, non bevo e non fumo, e ho sempre tenuto un comportamento pacato e raziocinante in tutte le situazioni; nonostante ciò, a causa di questa diagnosi inventata di sana pianta, ho subito numerosi trattamenti sanitari obbligatori illegali (di cui ho alcune registrazioni; sono anche stato preso diverse volte nel sonno), tutti effettuati nell’ospedale Giovanni Bosco di Torino. Di questi sequestri sono responsabili principalmente i medici Guido Mensi (già indagato per un episodio di cronaca nera riportato dai quotidiani), Luisella Zanin e per ultimo Samuele Defilippi, che si sono alternati nel seguirmi gestendo il centro di salute mentale della mia zona, in via degli Abeti 12.
Avrebbe dovuto difendermi, tra gli altri avvocati avuti tramite gratuito patrocinio, l’avvocato del Mad Pride torinese Roberto Rolli, che invece da quando ha avuto l’incarico non ha mosso un dito in concreto, nonostante tutte le numerose possibilitá d’intervento e le continue irregolaritá ed abusi, evidenti anche nelle registrazioni, temporeggiando e accampando scuse (ha poi anche dichiarato di essere in rapporti amichevoli con gli psichiatri implicati, fingendo mediazioni con loro). I miei familiari cercano di farmi perdere la speranza dicendomi che nessuno mi aiuterà (la stessa cosa che mi aveva detto tempo fa anche il comandante dei carabinieri della mia zona).
Dell’ultimo TSO, dell’aprile 2019, durato un mese circa, non conservo addirittura alcun ricordo, cosa che non era mai successa prima. Uno dei precedenti TSO, eseguiti con la frequenza di circa uno all’anno a partire dal 2004, ha avuto la durata di oltre tre mesi e mezzo, ed è terminato col mio sequestro nella comunità psichiatrica Althea, a cui accenno più sotto. Sono inoltre perseguitato da anni giuridicamente dal pubblico ministero delle fasce deboli del Tribunale di Torino Marco Sanini, che tanta bella figura fa sempre sui giornali, quando invece nella realtà si comporta in modo diametralmente opposto a quanto riportato.
Il pm Sanini mi indaga dal 2012 per una denuncia di violenze familiari mai commesse (la denuncia è stata sporta da mio fratello Daniele, che vive con noi; mia madre stessa afferma che le violenze non sono vere), e benché informato, con prove depositate, di tutta la mia situazione di continui abusi casalinghi (minacce ed insulti ripetuti, segregazione in casa, i numerosi tso illegali nonchè i farmaci messimi di nascosto nel cibo nel passato, di cui parlo con maggiori dettagli più sotto), invece di tutelarmi, dopo avermi vietato con un provvedimento precauzionale di fine 2012 l’accesso in casa mia per 2 anni, mi richiede continue perizie psichiatriche (la seconda nei primi mesi del 2017, dopo la prima di inizio 2013), di nessuna delle quali mi è tuttora dato di conoscere l’esito, almeno stando alle parole dell’ ex avvocato Rolli di qualche mese fa.
Riguardo questa denuncia ho avuto una sola udienza in Tribunale, credo di tipo preliminare (non conosco i termini esatti, data la mia inesperienza nel campo e l’inaffidabilità degli avvocati che mi hanno seguito, come dicevo), tenuta a fine 2012 di fronte ad un giudice di cui non ricordo il nome (che poi credo sia stato destinato ad altra sede), ed un colloquio nell’ufficio di Sanini ad inizio 2017, nel quale gli ho esposto i fatti, depositando anche delle registrazioni degli abusi ed aggressioni subìte in casa e fuori. Al termine di quell’incontro Sanini mi ha richiesto la seconda perizia psichiatrica, dopo quella di inizio 2013, eseguita del dottor Freilone. Da quel che so, credo che questo procedimento contro di me non sia ancora stato archiviato, almeno stando alle parole di Roberto Rolli, che ho sentito l’ultima volta qualche mese fa, prima di togliergli l’incarico e passarlo ad un nuovo avvocato, Stefania Agagliate, da cui non ricevo comunicazioni da mesi.
Sono inoltre stato sequestrato in quattro comunità psichiatriche torinesi, tra cui l’Althea (di recente chiusa in seguito ad indagini per il misterioso decesso di pazienti al suo interno), in nessuna delle quali avevo alcun obbligo di stare, per circa 5 anni della mia vita, e tenuto nelle stesse grazie a psicofarmaci che non ero tenuto ad assumere, violenze psicologiche (anche registrate), e minacce di nuovi TSO. Già da prima dell’inizio di questa vicenda, come dicevo, mi sono stati messi numerose volte di nascosto psicofarmaci nel cibo dai miei familiari, come loro stessi hanno in alcune occasioni ammesso pubblicamente; questo risulta anche esplicitamente scritto nei diari del mio csm (centro di salute mentale), lettimi anni fa dallo psichiatra Guido Mensi durante un incontro.
A causa di questa situazione di gravissimi abusi continui ho perso anni fa l’ultimo lavoro trovato a fatica (ero sottotitolatore per proiezioni cinematografiche), e non sono da tempo più in grado di eseguirne alcuno, a seguito dei danni irreparabili causati dai farmaci, sia dati a forza nei tso, sia attraverso minacce e violenze psicologiche, non essendo fuori dai tso tenuto ad assumerli, nelle varie comunità. Questi gravi danni, per cui ora fatico a fare qualunque cosa che prima facevo senza problemi (non ho più letto un libro dal 2004, fatico e mi stanco molto facilmente in tutte le attività fisiche e mentali, a volte perdo l’orientamento, ho danni psicologici ed altro ancora) permangono nonostante non assuma ormai più da tempo i farmaci; sono stati ammessi come permanenti, purtroppo informalmente, anche da alcuni medici, come il noto psichiatra Giuseppe Tibaldi, precedentemente a Torino, il mio precedente medico di base, ed altri ancora.
L’unico tipo di invalidità che i medici del mio csm vorrebbero riconoscermi è quella psichiatrica, che ovviamente io rifiuto come inaccettabile.
Sono inoltre privo da anni delle mie chiavi di casa, in cui ho legale residenza ed abito con la mia famiglia, sottrattemi illegalmente dai miei familiari stessi, cosicchè non posso neanche uscire la sera, per vedere amici o andare ad esibirmi brevemente nei locali, l’unica cosa che mi rimaneva, assieme al mio blog, che mi sforzo di curare per mantenere una vaga parvenza di normalitá in questa situazione. Vivo segregato e con un secchio dei bisogni in camera mia, ma nessuno interviene, nè le Forze dell’ordine locali le quali spesso mi cacciano dai commissariati quando tento di sporgere denuncia, o ancora peggio (ho alcuni video a testimonianza di ciò, fatti per mia tutela), nè la legge, come sopra accennato.
Quando esco di giorno, mi capita inoltre dal 2016 di venire aggredito ripetutamente da un individuo della mia zona, che mi ha rubato l’ipad, minacciato e malmenato più volte (anche questo registrato), e nonostante 2 denunce che fortunosamente sono riuscito a fare (delle quali mi è da poco giunto l’avviso dell’imminente archiviazione), fa peggio ancora di prima, arrivando a farsi ospitare da un inquilino del primo piano del mio palazzo, nel quale non era mai entrato prima. A causa di ciò, oramai anche di giorno esco molto raramente. Mi trovo senza un euro, in condizioni di vita disastrose. Questa la situazione incredibile e raccapricciante in cui sono tuttora (…).
Oramai non esco quasi più di casa, sono ridotto al lumicino, senza soldi, con la salute e la vita sociale distrutta. Da tempo ho anche iniziato a prendere in considerazione l’idea dell’eutanasia o di una fine di qualche tipo. Ho creato un piccolo canale youtube, con alcuni video degli abusi subiti e la mia storia. Il pm Marco Sanini, come dicevo da poco passato alla DDA, ho scoperto dai giornali essere ex collega alle fasce deboli del nuovo Procuratore Capo di Torino, Anna Maria Loreto, la quale coordinava le fasce deboli prima di assumere questo nuovo incarico (dopo essersi occupata anche lei della DDA). (…)
Questa è la mia vicenda, per sommi capi (nonostante la lunghezza della mail, mancano ancora molti particolari); se vi è possibile interessarvi alla vicenda, per visionare registrazioni o documenti, o per qualunque approfondimento o chiarimento, vi prego di contattarmi. Vi ringrazio moltissimo dell’attenzione, vi auguro buon lavoro, e spero di risentirvi presto.
Grazie Giampiero, ci stiamo già interessando a questa vicenda.
Con il patrocinio del Comune, torna a Firenze, nella storica sede dell’Auditorium del Duomo la mostra del CCDU; Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, un’organizzazione di volontariato che esercita vigilanza nel campo della salute mentale. Con l’occasione, si terrà anche una marcia pacifica, con partenza e arrivo in Piazza Santa Maria Novella passando per il centro della città per protestare contro gli abusi psichiatrici. e la presentazione di due libri nell’ambito della mostra.
Cambiare tutto per non cambiare niente
Negli anni ’70 le idee innovatrici di Franco Basaglia diedero vita a un moto di riforma, ma la legge che avrebbe dovuto implementarla trasferì le competenze dai manicomi agli ospedali senza però superare la logica manicomiale fatta di trattamenti coatti, contenzione, minacce, sbarre, sedazione prolungata e privazione dei più fondamentali diritti umani. In un’intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa” lo stesso Basaglia ribadì la sua contrarietà al TSO e profetizzò “il pericolo di reparti speciali e del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”
Anche il lavoro del medico fiorentino Giorgio Antonucci, che nel manicomio di Imola sperimentò con successo metodi non psichiatrici e non violenti per trattare il disagio mentale (niente ricovero coatto, niente contenzione, niente psicofarmaci), fu ostacolato, e presto dimenticato: oggi l’Italia è clamorosamente inadempiente rispetto alle raccomandazioni ONU e OMS per una psichiatria non coercitiva e rispettosa dei diritti umani.
Oltre il manicomio
Significativa dunque la scelta degli organizzatori d’intitolare la mostra “Oltre il Manicomio – Psichiatria e Diritti Umani”. Questa iniziativa culturale esplora non solo la storia passata della psichiatria, passando per i lager nazisti e i gulag sovietici, con pannelli dedicati a lobotomia, elettroshock e psicofarmaci fino alle moderne tendenze dettate dall’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani e dall’OMS per una salute mentale che rinunci a coercizione e sedazione infinita e adotti un’ottica socioterapeutica improntata al rispetto dei diritti umani.
Quest’anno la mostra è stata migliorata con l’integrazione di una rassegna fotografica in 15 totem raffiguranti la situazione nei cosiddetti residui manicomiali; le strutture rimaste aperte dopo la riforma dal 1978 e chiuse solo una ventina di anni dopo in seguito alla diffusione di queste foto su giornali e reti televisive nazionali.
Eventi speciali nell’ambito della mostra “Oltre il manicomio”
· 5 aprile, ore 17:00: inaugurazione della mostra con la partecipazione di ospiti rappresentativi
· 6 aprile, ore 16:00: marcia di protesta per il congresso della SIRS e consegna di una lettera aperta con cui il CCDU chiede alla SIRS di agire immediatamente per implementare le raccomandazioni ONU/OMS. Partenza e arrivo in Piazza Santa Maria Novella.
· 7 aprile, ore 17:00: presentazione del libro Patogenesi Psichiatrica di Giulio Murero. Il medico Giulio Murero presenta un suo lavoro di critica alle basi stesse della psichiatria organicista
· 8 aprile, ore 17: presentazione del libro “Oltre il manicomio”. Il medico e Presidente Onorario del CCDU presenta un recupero storico delle foto scattate nella prima metà degli anni 90 durate le ispezioni a sorpresa eseguite dal CCDU nei residui manicomiali, foto che fanno parte dei 15 totem aggiunti alla mostra
TSO E (IN)GIUSTIZIE
Diritti e salute mentale, al via la settimana di sensibilizzazione promossa dal CCDU
Mercoledì 13 dicembre, ore 15:00 – Hotel Galileo – C.so Europa 9 – Milano (MM1 San Babila). Convegno “Rendere i Diritti Umani una realtà nel campo della Salute Mentale” con la partecipazione di giuristi e operatori della salute mentale. Nel corso del convegno Maria Cristina Soldi, sorella di Andrea, presenterà il libro “Noi due siamo uno – Storia di Andrea Soldi, morto per un TSO”
Giovedì 14 dicembre h 14:30 – Hotel Galileo – C.so Europa, 9 – Milano (MM1 San Babila). Inaugurazione della mostra multimediale “Psichiatria: controllo sociale e violazioni dei diritti umani”. La mostra torna a Milano per l’undicesima volta, arricchita con l’aggiunta di un pannello sulle raccomandazioni dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
La mostra prosegue il 15 e 16 dicembre – ingresso gratuito
Sabato 16 dicembre h 14:00 – Hotel Galileo – C.so Europa, 9 – Milano (MM1 San Babila). Parte la marcia e sit-in di protesta, fino a via Festa del Perdono, di fronte alla sede dell’Università degli Studi di Milano, dove gli psichiatri della ISAD (Società Internazionale per i Disturbi Affettivi) propongono di “ridefinire i paradigmi per la cura dei disturbi dell’umore”.
La maratona di eventi è organizzata dal CCDU, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, un’organizzazione di volontariato che combatte le violazioni di diritti umani in ambito salute mentale, per sensibilizzare opinione pubblica e legislatori sul pessimo stato delle cose in Italia, clamorosamente inadempiente rispetto alle raccomandazioni delle autorità internazionali.
Secondo il portavoce del CCDU: “L’ispezione recentemente condotta in alcuni reparti psichiatrici italiani dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) ha evidenziato un eccessivo uso della contenzione, eccessiva durata della stessa, l’uso della contenzione su pazienti cosiddetti ‘volontari’, la mancanza di una vera tutela giuridica, l’inadeguatezza delle informazioni fornite ai pazienti e la quasi totale assenza di alternative all’uso di psicofarmaci. È ora di rendere i diritti umani una realtà nel mondo della salute mentale.”
Riepilogo EVENTI
Convegno mercoledì 13 dicembre ore 15
Mostra 14-15-16 dicembre, inaugurazione giovedì 14 dicembre ore 14:30
Marcia 16 dicembre ore 14
Luogo: Hotel Galileo – Corso Europa 9 – Milano
Pubblicato il rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene e Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT), un’emanazione del Consiglio d’Europa, sul risultato dell’ispezione in quattro reparti psichiatrici italiani. Ne esce un quadro inquietante, clamorosamente in contrasto con la narrativa prevalente che dipinge il Belpaese come un paradiso psichiatrico.
Il CPT esegue ispezioni quadriennali in tutti i paesi della Comunità Europea per verificare l’adeguatezza agli standard comunitari nei loro ambiti di competenza (psichiatria, residenze per anziani, carceri e immigrazione). Dal 2004 in poi, le ispezioni del CPT in Italia si sono sempre concluse con raccomandazioni, regolarmente ignorate, di risolvere le gravi carenze.
Le ispezioni, svolte tra marzo e aprile 2022 in quattro reparti psichiatrici ospedalieri (Milano Niguarda, Melegnano, Cinisello Balsamo e Roma San Camillo) rivelano un’incapacità di staccarsi dal modello manicomiale. Queste, punto per punto, le critiche rivolte all’Italia dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura:
· Eccessivo uso della contenzione fisica in tutti gli SPDC visitati (con punte in Lombardia, dove l’otto percento dei pazienti ricoverati in psichiatria è legato – centinaia di pazienti ogni anno)
· Eccessiva durata della contenzione fisica (in media diversi giorni) in contrasto con lo standard CPT, che non esclude la contenzione, ma la vede come strumento da usare in pochi casi e per un tempo limitato.
· Eccessivo ricorso, nella contenzione, allo ‘stato di necessità’ (art 54 del codice penale: stabilisce l’impunibilità di chi commetta un reato spinto dalla necessità di salvare sé o altri). Ciò rappresenta un cortocircuito giuridico, che annulla i diritti dei pazienti.
· Uso della contenzione su pazienti ‘volontari’ in violazione delle raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura, che non contemplano questa possibilità. Grottesca la risposta pervenuta al CPT: se aprissimo una procedura di TSO ogni volta che leghiamo un paziente peggioreremmo le statistiche dei TSO! Questo, oltre a rappresentare un controsenso (perché mai si dovrebbe legare un paziente volontario?) priva le persone soggette a contenzione di ogni strumento giuridico di difesa.
· Mancanza di una vera tutela giuridica nei TSO perché il giudice tutelare, in barba alle raccomandazioni reiterate dal CPT ogni quadriennio dal 2004 a oggi, svolge una funzione meramente burocratica, paragonabile al timbrare una lettera in un ufficio postale: firma un modulo prestampato, senza mai entrare nel merito, valutare il caso specifico né vedere personalmente il malcapitato – nemmeno tramite video. Lo standard europeo, utilizzato in quasi tutti i Paesi della UE, compresi quelli dell’est, prevede invece che il giudice veda la persona e ascolti le sue ragioni, non solo in occasione del primo TSO ma anche prima di ogni eventuale rinnovo.
· Mancanza di informazioni ai pazienti. Molti di quelli intervistati dal CPT erano incoscienti del loro stato giuridico, non sapevano se fossero volontari o sotto TSO, e non erano consapevoli dei loro diritti. In quasi tutti i paesi UE, compresi quelli dell’ex Jugoslavia, nei reparti di psichiatria sono presenti brochure con spiegazione della procedura e dei diritti del paziente.
· Condizioni igieniche inadeguate (soprattutto al San Camillo, ma anche in Lombardia) e assoluta mancanza di accesso a zone di verde e all’aria aperta, anche questo in contrasto con lo standard prevalente in Europa (est e ovest) e con quanto richiesto dal CPT.
· Assenza o inadeguatezza di alternative terapeutiche all’uso di farmaci (attività ricreative o riabilitative o terapeutiche) per tutti gli SPDC ispezionati, in netto contrasto con lo standard europeo.
Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, la riforma dei servizi di salute mentale in senso garantista non è più rinviabile. La normativa attuale, erroneamente chiamata ‘legge Basaglia’ ha semplicemente riprodotto la prassi manicomiale in ambito ospedaliero. I servizi di salute mentale dovrebbero adeguarsi alle raccomandazioni preveniente dalle autorità internazionali (Ufficio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Convenzione Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità e Comitato per la Prevenzione della Tortura) che richiedono a gran voce il rispetto dei diritti umani, l’abolizione delle pratiche coercitive e il superamento del modello organicista-farmaceutico.
ATTUALITA'
Nasce l’Alleanza per la Libertà di Scelta
Si è costituita un’Alleanza tra numerose realtà organizzate, operanti in ambito nazionale e locale, per l’avvio di un’azione comune tra quanti intendono proporre un cambio di paradigma a livello normativo, amministrativo e delle prassi operative concernenti le persone che vivono un disagio psicosociale e coloro che agli stessi sono spesso assimilati sul piano dello stigma sociale e della privazione di ogni diritto, assumendo a pretesto la loro più o meno presunta incapacità di decidere per sé stessi. L’organismo si chiama ALIBES, l’Alleanza per la Libertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale.
“Nell’ambito delle attività pubbliche rivolte a persone con disabilità psicosociali o a rischio di discriminazione in ragione della propria vulnerabilità – dichiarano i promotori – ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona ed al persistere dell’obsoleto modello organicistico, in flagrante violazione delle raccomandazioni ONU e OMS”.
“E’ fondamentale che vengano introdotti specifici vincoli che pongano fine all’arbitrio sperimentato dalle persone e dalle famiglie nell’incontro coi servizi, e che si creino le condizioni utili e necessarie per garantire il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di interventi sanitari coercitivi, evitando che la condizione di “disagio” diventi un “biglietto d’ingresso per una terra di nessuno” ove i più fondamentali diritti dell’individuo, sono cancellati“.
“Già nel 2016, il Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità segnalava al nostro Paese le urgenti riforme necessarie in tema di interdizione e inabilitazione: una riforma della figura di amministrazione di sostegno, affinché essa non possa più essere impropriamente intesa come regime decisionale sostitutivo della persona beneficiaria, ma si configuri come un supporto all’espressione delle volontà della persona stessa; va anche rivista la disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (in accordo anche alle ripetute, da ormai vent’anni, raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura – CPT), e quella delle misure di sicurezza per le persone non imputabili (le REMS e l’eterna libertà vigilata)“.
“E’ altresì urgente una serena ed equilibrata rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare)“.