Quando combatti una guerra…
La “sorpresa” coronavirus è stata gestita in maniera miope, sia dai governi che dalla stampa. Una dura realtà, che ha offerto le condizioni ideali per creare panico e obbedienza – di G.Pauli
L’arrivo del coronavirus è stata una sorpresa completa. Ogni governo è stato colto in mutande, incapace di reagire, rivelando quanto fossero impreparati i servizi pubblici. Sembrava un attacco furtivo, inizialmente invisibile, ovunque nel momento successivo. Questa spiacevole sorpresa è stata accompagnata da social media e da trasmissioni miopi, che hanno monitorato solo pochi numeri e ripetuto istruzioni minacciando multe. Questa dura realtà offriva le condizioni ideali per provocare panico e obbedienza. Di fronte alla disperazione, quasi nessuno usa il buon senso. Le emozioni innescano una serie di decisioni e impongono comportamenti che la storia giudicherà molto severamente. Quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato una pandemia, la leadership politica non ha aspettato a prendere le decisioni più drastiche di sempre: un blocco di (quasi) tutto il mondo. Le seguenti sei osservazioni dovrebbero guidarci verso un modo positivo di procedere.
1. La pandemia era stata annunciata in termini molto chiari
Privo di qualsiasi teoria della cospirazione, l’Harvard Institute of Global Health aveva presentato a gennaio 2019 al World Economic Forum un rapporto pungente: le pandemie ci travolgeranno a causa di un eccessivo inquinamento, eccessiva densità di popolazione e cambiamenti climatici. Gli autori hanno avvertito che i governi dovevano prepararsi. Questi avvertimenti non sono stati presi sul serio. Una volta colpito dalla pandemia, le società in generale erano incapaci di gestire le richieste in rapida crescita di servizi medici e cure palliative.
2. L’Unione europea troppo fiduciosa ha agito in modo totalmente non coordinato
Mentre l’Ue controlla rigorosamente i deficit di bilancio e il debito degli Stati membri, l’unica risposta che ha potuto immaginare contro la pandemia è stata quella di lasciare che ogni Paese decidesse di tenere cittadini come conigli nelle loro conigliere come Francia, Belgio, Spagna e Italia, o di lasciarsi regolare da soli come ha fatto la Svezia. Con la sua spesa annuale combinata di 1,5 trilioni di euro, l’Ue ha ritenuto che il suo sistema sanitario sia in grado di gestire qualsiasi situazione. Gli europei per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, hanno dovuto fare la fila all’ingresso di emergenza degli ospedali.
Le nazioni africane, asiatiche e latinoamericane affrontano questa realtà ogni volta che un altro focolaio di dengue colpisce le loro comunità. Ogni anno 400 milioni di persone sono infettate dal virus Dengue per il quale non esiste un vaccino. Quindi gli ospedali sono invasi, come testimoniato dall’Europa. Più persone muoiono ogni anno di Dengue di quanto persino i peggiori scenari di coronavirus prevedano. Il mondo rimane impassibile! Il motore industriale e sociale europeo ha affrontato una realtà del terzo mondo.
3. Gli esperti subentrano quando tutti sono nella disperazione
Mentre è saggio e necessario ricevere un consiglio, non si può dipendere solo dal virologo. In effetti l’esperto di virus vede solo virus. I virologi sanno che si sono diffusi rapidamente. Ogni giorno su ogni metro quadrato di superficie si posano circa 100 milioni di virus, trasportati da flussi aerei da un continente all’altro. Esistono dieci volte più virus dei batteri, sulla terra. Come puoi proteggere chiunque dai virus? Ora, se decidi di proteggere, puoi bloccare e rallentare solo i tassi di infezione. Nel tempo, senza eccezioni, saranno esposti quasi il 100% delle persone. Se sai che tutti saranno comunque esposti, perché asfissiare l’economia? Oppure questo blocco era necessario per nascondere l’incapacità di gestire una vera pandemia che colpiva rapidamente?
4. Mobilitare tutti contro il nemico comune
Questa guerra contro un virus è la prima guerra nella storia in cui, per decisione politica, tutti vengono mobilitati. Questa è una situazione straordinaria. Siamo confinati in casa, costretti a rimanere fermi per mesi, in preda al panico e alla paura, costretti ad ascoltare esperti come il Dottor Anthony Fauci degli Stati Uniti, che possiede i brevetti sui vaccini e promuove il blocco, il lockdown, fino a quando il vaccino è disponibile che lo renderà molto ricco. Avremmo dovuto mobilitare tutti, invece abbiamo immobilizzato quasi tutti, tranne il personale medico.
5. Mobilitare, connettersi ed esercitarsi
Abbiamo bisogno di una mobilitazione immediata a due livelli. In primo luogo, il modo migliore per proteggersi da qualsiasi infezione virale o batterica è allenarsi. Se i muscoli non vengono utilizzati per mesi, le ossa e le articolazioni si indeboliranno, l’ossigeno nei polmoni non sarà sufficientemente rinfrescato, la placca batterica e il biofilm si accumuleranno. In queste condizioni tutti, specialmente i bambini confinati sugli schermi dei computer, sono inclini a soccombere alla prossima ondata di attacchi virali e batterici!
Lo stesso vale per il nostro sistema immunitario. Senza esporsi continuamente alla ricchezza di microrganismi che discendono dall’aria, condivisi attraverso l’acqua e il cibo, diffusi attraverso l’amore, la cura, le coccole, gli abbracci e i baci, il sistema immunitario si indebolirà. I blocchi indeboliscono il sistema immunitario! Il virus dell’AIDS uccide ogni anno 800.000 persone e non esiste alcun vaccino. Qualche governo ha proibito l’intimità? Tutti devono esercitarsi e garantire contatti regolari con amici e familiari. L’inattività e la mancanza di esposizione al sole rappresentano un rischio per la salute individuale. Imporrei multe a ogni individuo abile che non si esercita quotidianamente.
6. Scatena l’imprenditorialità
La mobilitazione più importante per uscire dal caos in cui ci troviamo è svegliare lo spirito imprenditoriale che tutti hanno. Assisteremo a un drastico calo del PIL, registreremo alti tassi di disoccupazione, in particolare tra i giovani, e l’immigrazione sarà repressa solo con la forza. Dobbiamo elencare con urgenza le attività di 1000 + 1 in ogni casa, in ogni quartiere della città, in ogni villaggio ogni giorno, per vivere in salute e felici. Questa è l’occasione per una straordinaria rinascita degli imprenditori di cui abbiamo un disperato bisogno per rilanciare l’economia con tutte le risorse disponibili.
Questi imprenditori si concentrano chiaramente sulla risposta a tutti i bisogni di base, sulla ricostruzione delle comunità, sul rafforzamento della resilienza, sullo scatenamento della mente creativa che è stata all’origine di ogni artefatto che ci circonda. Dovremmo astenerci dal discutere su “chi aveva ragione e chi è il colpevole”? Dobbiamo ispirare un’intera popolazione e generazione che è ora in modalità panico, impressionata dal little zombie (il virus). Solo passi concreti che passano rapidamente dall’idea alla visione usando il meglio della saggezza scientifica convinceranno le persone a trasformare la realtà che ci circonda. Quindi, ci evolviamo dalla visione a nuovi modelli di business che servono le persone e non il capitale.
La psicologia ha da qualche tempo cercato di rendersi conto della natura dei fatti artistici in riferimento alla psiche umana, sollevando una serie di problemi ai quali, se non una soluzione, ha dato almeno una impostazione seria e chiara.
Il tentativo di spiegare psicologicamente l’arte e l’artista incontra naturalmente i suoi limiti in due ordini di fatti: il primo è che la psicologia non è ancora in grado di precisare metodi e soluzioni definitive rivolgendosi a un campo, l’interiorità umana, che proprio per sua natura è molto difficile a cogliere in modo sperimentale nella sua purezza.
Il secondo è che la psicologia artistica vale, in ogni caso, ad illuminare un tipo di condizioni dell’esperienza estetica dell’uomo, ma non già l’esperienza estetica nella sua complessità e varietà di piani: i suoi risultati saranno perciò inadeguati a una completa spiegazione del fenomeno artistico.
È tuttavia di grande importanza rivelare i problemi che la psicologia moderna ha sollevato nel campo dell’estetica. Tali studi sono stati condotti soprattutto negli USA in corrispondenza alla tendenza generale della cultura di quel Paese di risolvere con lo psicologismo l’intera vita spirituale. Una prima serie di questioni s’innesta all’osservazione dell’attività creativa. Si studia, in questo caso, il funzionamento della mente dell’artista nella misura in cui essa può essere sperimentata.
Si procede a distinguere diverse fasi: una di preparazione, una di incubazione, una di illuminazione, una di verifica, e si riconosce in questo processo un atteggiamento particolare dell’artista verso gli oggetti della sua esperienza; atteggiamento che, a confronto dell’uomo normale, rivela maggiore attività del soggetto e una sua tendenza a esprimere qualche cosa da sé. La fonte di questi studi è naturalmente costituita in gran parte dalle confessioni degli stessi artisti.
È per esempio comune a molti di essi lavorare per molto tempo alla ricerca di una felice intuizione che rischiari tutta l’opera e che si verifichi solo più tardi e improvvisamente; dunque la psicologia forma l’ipotesi che il cosiddetto lavoro senza frutto sia in realtà necessario perché un meccanismo psichico si organizzi e riesca, alla fine, a produrre un risultato positivo. Un altro genere di analisi è rivolto a scoprire le reazioni psicologiche dell’artista nel corso della stessa esecuzione dell’opera: le bozze, le correzioni, le prove, i rifacimenti possono testimoniare il succedersi di reazioni emotive che hanno guidato il lavoro dell’artista e che la psicologia cerca di rintracciare e spiegare.
L’indagine psicologica si rivolge poi all’ambiente culturale e sociale in cui vive l’artista e cerca di trarre un duplice ordine di conclusioni: anzitutto accertare l’influenza dell’ambiente sulla formazione mentale dell’artista, e, in secondo luogo, scoprire come l’artista stesso reagisca alle condizioni in cui gli è stato dato di vivere. In questo caso possono costituire materia di informazioni alla scienza sia le opere, sia il comportamento dell’artista nelle sue relazioni sociali.
Ancora, la psicologia studia il formarsi del gusto e il particolare sviluppo che la mentalità dell’artista segue per arrivare a compiere la propria destinazione estetica. In definitiva, questa parte della psicologia artistica si pone il problema di indagare le condizioni fisiopsichiche della creazione artistica e che cosa le faccia differire dalla struttura psicologica dell’uomo normale.
Una seconda serie di ricerche si appunta invece ai valori estetici delle opere d’arte per sapere a quali reazioni psicologiche corrisponda nel contemplare l’esperienza della bellezza. Si tratta, in altre parole, di vedere quali sono le qualità di un’opera che suscitano in noi emozioni tali per cui noi affermiamo di trovarci dinnanzi alla bellezza artistica. Si possono allora distinguere, nel fenomeno della contemplazione, gli elementi riguardanti l’atteggiamento dello spettatore (visione disinteressata, intuizione, catarsi ecc.) e vedere a quali elementi obiettivi si debba riferirli.
L’estetica sperimentale studia appunto la forma oggettiva e le singole emozioni e reazioni che possono suscitare in noi e che, coi processi della psicologia, possono essere controllate e verificate. Studi di tal genere si propongono per esempio di accertare il valore emotivo delle pure forme geometriche (il perfetto rettangolo, la migliore croce, il profilo dorato), la piacevolezza dei colori, l’espressività delle linee e gli effetti della musica.
A proposito di quest’ultima, in particolare, sono state condotte indagini per rilevare il riflesso della melodia e del ritmo sui processi organici, l’umore che essi suscitano, l’uniforme tonalità sentimentale che creano nell’uditorio, il valore altamente emotivo del tempo veloce e del tempo lento con le particolari variazioni dei ritmi. A sua volta di fronte alla musica si distinguono i vari atteggiamenti dell’ascoltatore: c’è il tipo intersoggettivo che reagisce con impulso eccitativo, il tipo associativo che analizza e critica gli elementi della composizione, il tipo caratterizzatore che interpreta con qualità umane (morbidezza, allegria, misticismo) la musica stessa.
Allo stesso modo la recitazione e la lettura dei versi del periodo in prosa, la particolare cadenza della voce, la pausa, ecc. sono altrettanti piani d’indagine per uno studio che voglia fissare i riflessi psicologici della poesia e della letteratura. Analoghe ricerche vengono pure condotte per ogni altra arte.
Il termine «psicologia artistica» vale anche a significare la psicologia dei personaggi nelle opere di letteratura, specie nel romanzo. In tal caso si possono distinguere la posizione naturalistica che tende a riprodurre esattamente i movimenti fisiopsichici dell’agire umano e quella idealizzante che risolve i problemi psicologici in schemi ideali, per cui si sviluppa una psicologia che non è più quella dell’uomo reale, ma è un elemento della composizione artistica a cui concorre e alle cui leggi estetiche si sottomette. La psicologia diviene la forma stessa in cui si ordina l’agire dell’uomo nella letteratura.
LA SEGNALAZIONE
“Mia sorella sottoposta senza motivo a quattro TSO”
Buongiorno gentilissima redazione. Vorrei narrarvi la storia di mia sorella di 54 anni, 4 tso e altrettanti ASO. Ultimo oggi, con obbligo iniezione con farmaco psichiatrico. È partito tutto da alcuni parenti che hanno segnalato al CPS di San Donato Milanese, dopodiché da anni siamo bersagliate da continue pressioni a fare cure inadeguate. Per evitare i TSO mia sorella ha dovuto accettare di fare questa iniezione mensile. Ci siamo rivolti a diverse associazioni e anche ad avvocati chiedendo aiuto, ma nulla è servito.
Mia sorella, M.M., ha fatto una relazione psichiatrica ed è stata riconosciuta sana di mente, ma dall’ospedale di Melegnano sostengono il contrario. Per loro mia sorella non è sana di mente, per loro è una persona schizofrenica e paranoide. Non hanno mai fatto una perizia che dimostri questa loro teoria, ma comunque loro continuano a fare ricoveri forzati e a propinare tutti questi farmaci che comunque nel tempo hanno lasciato i loro segni. Io stessa che non ho subito una violenza come il TSO ma ne subisco indirettamente gli effetti mi sento impotente, avvilita, priva di forze e sconfitta davanti a un sistema che ritengo sia dittatoriale.
Perché priva non solo la persona ma tutta la famiglia delle libertà di scelta di andare dal medico che ispira fiducia e scegliere le cure con piena consapevolezza. Chiedo a voi di pubblicare questa lettera e attendo vostre notizie speranzosa, ringraziando porgo cordiali saluti. A.M.
LETTERE
Realizzare il sogno di Basaglia
A meno di una settimana dalla scomparsa del giovane di Lampedusa, che ha preferito gettarsi in mare dal traghetto piuttosto che subire un TSO, si è conclusa a Milano la mostra multimediale “Controllo sociale e psichiatria: violazioni dei diritti umani”. L’evento, organizzato dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU), ha attirato oltre mille visitatori in cinque giorni, molti dei quali hanno voluto esprimere parole di ringraziamento e di complimenti sul libro degli ospiti, e si è concluso con un convegno intitolato “180 – una riforma incompiuta”.
Dopo i saluti del presidente del CCDU, avv. Enrico del Core, che ha voluto ricordare l’importanza vitale del diritto alla difesa nell’ordinamento costituzionale, il vicepresidente Alberto Brugnettini ha aperto i lavori ricordando le forti critiche e i dubbi espressi a suo tempo da Franco Basaglia nei confronti di una legge che, pur fregiandosi del suo nome, riproponeva le logiche manicomiali cambiandone solo il nome.
I primi a parlare sono stati Fabio, che ha riferito i gravi maltrattamenti cui è stato soggetto suo fratello durante la sua lunga esperienza nei servizi psichiatrici ospedalieri, le angherie e i soprusi di cui è stato testimone oculare, e le condizioni ignobili in cui vivono i degenti – costantemente sotto il ricatto della contenzione se non fanno i bravi.
Fabio ha concluso chiedendo che la medicina faccia un passo indietro e ammetta di non saper curare il disagio mentale. Maria Cristina Soldi, ha raccontato l’incredibile e dolorosa vicenda di suo fratello Andrea, ucciso a Torino nel 2015 durante un TSO. La vicenda legale si è chiusa recentemente con la condanna definitiva dei responsabili, ma resta l’amarezza per quanto è accaduto e per i particolari – assieme tragici e grotteschi.
Andrea Soldi se ne stava tranquillamente seduto sulla panchina di un parco torinese quando lo hanno avvicinato due psichiatri chiedendogli di seguire uno di loro per un trattamento sanitario. Andrea avrebbe volentieri seguito il secondo psichiatra, di cui si fidava, ma fu obbligato con la forza a seguire l’altro. Sdraiato a pancia in giù e con le mani legate dietro alla schiena, Andrea morì soffocato durante il trasporto in ambulanza. I familiari si sentirono dire dai medici che il loro congiunto era morto d’infarto, per poi scoprire l’amara verità dalla stampa.
La dottoressa Eleonora Alecci, psicologa e psicoterapeuta con un passato in un reparto psichiatrico in cui si praticava la contenzione, ha confermato che i fatti riferiti da Fabio sono la routine quotidiana, e ha ribadito il suo impegno verso il superamento di queste pratiche, impegnandosi in un programma di addestramento del personale medico e infermieristico, come anche spiegato nel corso di un suo recente intervento al congresso della Società Italiana di Psichiatria.
La dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo, collaboratrice per molti anni di Giorgio Antonucci – il medico e psicoterapeuta che liberò i “matti” del manicomio di Imola dimostrando al mondo intero che è possibile alleviare la sofferenza mentale senza usare forza o coercizione – ha ricordato il lavoro di Antonucci, e il suo profilo di umanitario, ben documentati nell’archivio online di cui la dottoressa D’Oronzo è curatrice.
L’avvocato Michele Capano, dell’Associazione Radicale Diritti alla Follia e del Direttivo Radicale, ha denunciato l’incredibile contraddizione della legge italiana, che da una parte ha ratificato le risoluzioni ONU per la cessazione delle pratiche coercitive in psichiatria, e dall’altra mantiene in vigore una legge che le consente. L’Associazione Diritti alla Follia e il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani intendono lavorare assieme, e coinvolgere altre associazioni e individui, per una riforma della 180 in senso garantista, che superi questa contraddizione e realizzi il sogno basagliano.
LETTERE
Caro premier, si ricordi di tutti i totalitarismi
Egregio Signor Presidente, da italiani, sia per scelta sia per nascita, non possiamo che essere contenti per l’esercizio di democrazia registrato con le elezioni dello scorso 25 settembre. Finalmente saremo guidati da un governo espressione del voto popolare e non da uno maturato da accordi di Palazzo, come accaduto negli ultimi anni.
Abbiamo ascoltato con grande interesse, in questi giorni, le dichiarazioni degli esponenti della maggioranza appena eletta e che lei, signor presidente, avrà l’onore e l’onere di guidare. Da tali esponenti, in queste ore, è stato espresso ripetutamente un concetto che ci sentiamo di condividere totalmente: uno Stato è tanto più credibile ed è tanto più considerato, quanto più onora e rispetta i Trattati internazionali che esso stesso ha sottoscritto.
Noi crediamo che sia arrivato, alfine, il momento di rispettare quei Trattati che non sono stati ottemperati fino ad oggi, provocando, in tal modo, un grave danno al mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata. Ci riferiamo al Trattato di Pace di Parigi del 1947 il quale, al punto 9 dell’allegato XIV, stabilisce che: “I beni degli italiani residenti nei Territori ceduti […] non potranno essere trattenuti o liquidati […], ma dovranno essere restituiti ai rispettivi proprietari”.
Come sappiamo a tale Trattato, ampiamente disatteso, seguirono diversi accordi bilaterali tra Italia e Jugoslavia – accordi del 23/05/1949, 23/12/1950, 18/12/1954 – tutti poi tramutati in Leggi attuative, che in sintesi sancivano il pagamento dei debiti di guerra dell’Italia nei confronti delle Jugoslavia utilizzando i beni degli Esuli a fronte dell’impegno dello Stato italiano di un successivo risarcimento per l’esproprio perpetrato.
Ebbene, gli Esuli istriani, fiumani e dalmati ed i loro discendenti, sono ancora in attesa di un “equo indennizzo”, avendo percepito solo una minima parte di quanto promesso. Si tratta di un indennizzo che, secondo i nostri calcoli, si aggira intorno ai 4,5 miliardi di euro. Una cifra che sembra enorme, ma che se confrontata con l’attuale debito pubblico (ad oggi pari a circa 2770 miliardi) rappresenta l’1,6 per mille.
Quanto fin qui non è solo una questione di vile danaro, si tratta, piuttosto, di un’espressione di civiltà attesa da lunghi decenni da un intero popolo. Gli Esuli e i loro discendenti si sono rifatti una vita in Patria, eppure resta l’insopportabile retrogusto amaro nella consapevolezza di essere stati ignobilmente usati per questioni geopolitiche giocate sulla propria pelle.
La vita della nostra Gente è stata tutta in salita per troppo tempo, anche dal punto di vista culturale. Sempre a dover giustificare la propria identità, sentendosi dire che la sofferenza patita era il giusto scotto per colpe di altri. Il giustificazionismo è un concetto terribile che porta allo stupro della ragione, definendo accettabile l’eliminazione di un qualcosa o qualcuno – magari per mezzo di una foiba -, su cui far ricadere i misfatti di qualcun altro.
Per questi motivi auspichiamo anche l’emendamento della Legge 167/2017 che punisce la propaganda, l’istigazione e l’incitamento al razzismo e chiediamo l’inserimento di una menzione specifica al negazionismo e giustificazionismo per i crimini commessi in Istria, Fiume e Dalmazia in merito alla persecuzione anti-italiana avvenuta a guerra finita. Così come auspichiamo che possa essere emendata la Legge 178/1951 che disciplina il conferimento delle onorificenze al Merito della Repubblica, senza la quale non è possibile la revoca del cavalierato assegnato al Maresciallo Tito, causa di dolore e sofferenza non solo per la nostra Gente, ma per centinaia di migliaia di persone che si opponevano alla dittatura comunista jugoslava.
A tale proposito vogliamo ricordare il pronunciamento del 19 settembre 2019 in cui il Parlamento Europeo – presieduto da David Sassoli – approvò a larghissima maggioranza (89%) la risoluzione: “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, che condanna tutti i totalitarismi del XX secolo, equiparando in tal modo il comunismo al nazismo. L’attuale maggioranza, così come maturata il 25 Settembre, ha dimostrato nel tempo grande sensibilità ai temi qui riportati. Confidiamo nella sua futura opera.
*Esule di seconda generazione nato al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma nel 1959. Past-President FederEsuli – Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati – Vicepresidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Consigliere Associazioni Dalmati Italiani nel Mondo – Fondatore MondoEsuli – Movimento per la memoria e la promozione di Istria, Quarnaro e Dalmazia»
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it