Coronavirus, anche un documento parla di “casi sovrastimati” in Italia
Il caso emblematico di Vo: mentre il mainstream gridava alla tragedia, i dati (reali) parlavano di qualche decina di “contagi” e dieci ricoveri
A marzo c’è stato il caso di Treviso, quando i dati di Iss e Prociv avevano dato conto di “diciassette casi”, poi smentiti. A stretto giro sono arrivati i 60 medici di base di Cosenza “tutti in quarantena”, ennesima costruzione allarmistica per far passare – soprattutto all’estero – l’immagine di un’Italia piegata dal Coronavirus “profetizzato” da Bill Gates. Per quale motivo Conte, Colao, Borrelli e gli altri si sono prestati a inscenare l’epidemia dimensionata dagli stessi dati dell’ISS? Abbiamo provato a spiegare quali sono le poste in gioco, settore per settore. A gettare ulteriore luce su quella che assume sempre più i contorni di una grossa costruzione mediatica per danneggiare il Belpaese e per lucrare sulla presunta emergenza, è arrivato il 5 marzo uno studio del NCBI che spiega come l’80,33% dei tamponi fatti a chi era entrato in contatto con malati di Covid-19 e che avevano rilevato il coronavirus, avessero in realtà generato dei “falsi positivi”.
L’altra Vo: 84 casi e dieci ospedalizzati
Per restare in ambito nazionale, l’otto marzo del 2020 il presidente della Regione Veneto Luca Zaia scriveva al premier Giuseppe Conte e al ministro della Salute Roberto Speranza per domandare “quali motivazioni scientifiche” fossero alla base dell’inserimento delle province di Venezia, Padova e Treviso nelle cosiddette “zone rosse”. Il governatore allegava la relazione del Comitato Tecnico Scientifico a supporto dell’Unità di Crisi della Regione Veneto, che in pratica per zone considerate ad alto rischio e repentinamente isolate come Vo, ha riscontrato appena 84 casi, 10 dei quali ospedalizzati.
Fiumi di tamponi
Nell’ambito dello stesso documento, a mettere i puntini sulle “i” arrivava inoltre l’Azienda Zero della Regione Veneto, che metteva a disposizione dati dettagliati sui tamponi effettuati. In pratica quello che la stampa commerciale ha definito il più grande studio collettivo (che ha riguardato quasi la totalità degli abitanti di Vo Euganeo) per acquisire dati sul coronavirus, è stato in realtà il più grande laboratorio d’Italia per generare falsi positivi. Un “modello” che a detta di personaggi come il virologo Andrea Crisanti, andrebbe esteso a tutta Italia. Il modesto costo di somministrare 60 milioni di tamponi circa lo spiega lo stesso Crisanti: 30 euro a tampone “appena”, che come abbiamo visto generano più falsi positivi che tutto il resto. Quanti posti di terapia intensiva e strumentazioni per gli ospedali che possono servire anche passata la (presunta) emergenza italiana di coronavirus si acquisterebbero con gli stessi soldi?
Il nuovo business da trenta euro a testa
I tamponi sono poi davvero stati effettuati secondo necessità? Stando a quanto reso noto dall’ISS, dovevano essere destinati unicamente a chi mostrava sintomi, ma in realtà si è presto palesato l’esercito di impavidi vip che faceva la fila davanti ai nosocomi. E a Vo? Per accertare qualche decina di casi, sono stati fatti 2778 tamponi. Il 29 febbraio si è raggiunto il picco di 728 tamponi in un giorno, il 2 marzo (appena due giorni dopo) il numero di tamponi era uguale a zero (!!!). In Italia alla loro produzione tramite la tecnica della stampa 3D potrebbe provvedere nei prossimi mesi lo stabilimento novarese di Protolabs, azienda tedesca che ieri ha annunciato investimenti per 12 milioni, anche nel settore dei dispositivi medici.
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Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”
Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.
“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.
617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.
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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato
Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica
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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale
Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.
Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).
“L’Unità” del 05/06/1997
I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.
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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane
Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale