Dopo il successo dei BTP Italia, c’è futuro per i CIR?
La proposta è ancora ferma al palo, ma la reazione degli investitori ai nuovi Buoni del Tesoro lascia ben sperare. Ecco le novità e cosa prevede il disegno di legge sui Conti di risparmio individuali
Uno strumento finaziario a tutto vantaggio dei risparmiatori privati italiani – anche di quelli minori – e delle famiglie, in grado di agevolare gli investimenti in titoli di Stato e, dunque, di “accrescere il Pil” e di consolidare “lo sviluppo delle infrastrutture, della sicurezza e della competitività del Paese”. Un qualcosa di semplice, che in tempi di Austerity e di “ce lo chiede l’Europa” potrebbe sembrare impraticabile, ma non è così. Lo scorso ottobre attorno all’idea dei CIR si è riunito un gruppo di senatori, con una proposta di legge che ha come estensore principale Armando Siri.
Addio tassazione sulle rendite, benvenuti vantaggi
La richiesta era quella di istituire dei conti di risparmio individuali (i CIR, appunto) finalizzati all’acquisto di titoli di Stato o di Titoli similari da parte dei risparmiatori italiani. Come funzionerebbero, qualora diventassero effettivi? Oggetto di investimento prevalente sarebbero i BTP, cioè i Buoni del Tesoro poliennali emessi dallo Stato. Che c’è di nuovo? Che gli investitori non sarebbero gravati della tassazione sulle rendite, senza contare le condizioni vantaggiose che potrebbero attivarsi per chi decidesse di accedere a questa forma di investimento.
La fine delle speculazioni sullo Spread
Un’altra particolarità, è che questa forma di investimento sarebbe in grado di scoraggiare quel tipo di speculazione dannosa, quel guadagnare sulle crisi che tanto danno ha fatto all’Italia, impedendo l’utilizzo di titoli di Stato per lucrare sullo spread “a danno dello Stato italiano”, si legge nella proposta di legge. Quest’ultima, inoltre, fissa dei tetti massimi annui di investimento (l’importo complessivo fissato è 15 miliardi) e importi per singolo CIR, che peraltro possono raccogliere al loro interno “disponibilità liquide di denaro”. I risparmiatori, inoltre, non sarebbero chiamati a ricapitalizzare ipotetiche perdite di valore sui Titoli.
Una sorta di assicurazione sul lavoro, un po’ come accade negli Stati Uniti
Altro aspetto interessante della proposta, è quello dell’Articolo 6 della proposta di legge. Si tratta dei “CIR per i lavoratori dipendenti”, che permetterebbero il “deposito di somme a titolo di premio o di erogazioni liberali corrisposte dal datore di lavoro con versamento diretto in relazione al rapporto di lavoro”. In soldoni, una sorta di assicurazione sul lavoro sull’esempio di quanto avviene negli Stati Uniti, tra gli altri, che in tempi di vacche magre per l’INPS potrebbe fungere da scialuppa di salvataggio per il dipendente.
Il nodo “coperture”: le risorse sarebbero reperite tramite un fondo allocato presso il MEF
Gli stessi CIR finirebbero con l’intersecarsi con il TFR, il trattamento di fine rapporto, prevedendo prelievi anticipati e l’erogazione di liquidità al maturare dei requisiti richiesti. Sì ma le coperture, verrebbe da chiedersi? Reperibili tramite l’istituzione di un fondo, da allocare presso il MEF e da alimentare, per il primo anno, dalle risorse che derivano dagli stessi CIR, e per gli anni successivi “dal risparmio sul servizio del debito generato dalla destinazione di titoli di Stato alle persone fisiche”.
Il successo dei BTP Italia lascia ben sperare
Per quanto riguarda lo stato dell’arte della proposta, è difficile dire se – in tempi di europeismo sfrenato – si decida di mettere a disposizione di investitori, famiglie e lavoratori uno strumento in grado di ossigenare l’economia nazionale. La risposta, in caso di apertura, sarebbe buona, prova ne sia il successo dei BTP Italia, che secondo Il Sole 24 ore hanno raccolto quasi 384mila adesioni per 14 miliardi circa di investimenti complessivi.
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Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”
Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.
“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.
617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.
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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato
Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica
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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale
Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.
Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).
“L’Unità” del 05/06/1997
I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane
Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale