
Rilancio economico, le tre ricette di un Siri caustico sul governo
Il senatore: “Salvi grazie alle categorie vessate, pagheremo comunque la serrata delle attività. Serve più fiducia nelle imprese, nei liberi professionisti e nei lavoratori”. Le proposte
Ogni partito ha il suo teorico, anche per quanto riguarda gli aspetti economici. Quello della Lega è Armando Siri, da poco tornato alla ribalta con la Flat Tax – suo cavallo di battaglia – con i CIR e con un disegno di legge che riguarda i conti correnti “rapiti” dalle banche. Ne abbiamo parlato con lui toccando scenari e prospettive, le recenti scelte del governo e lo snodo cruciale di un’Italia chiamata a scegliere se stare dentro o fuori l’Ue.
Cosa prevede il disegno di Legge sulla Flat Tax appena presentato dalla Lega?
Si tratta di una riforma complessiva del sistema tributario riferito alle imposte dirette di famiglie e imprese. L’impianto in vigore è ancora quello del 1973. Noi di fatto innoviamo e semplifichiamo in tre punti. Il primo: il reddito imponibile non è più del singolo, ma della famiglia, che può essere anche monocomponente. Rientrano quindi nella fase 2 i redditi monocomponente fino a 30 mila euro, monoreddito fino a 55 mila euro e bireddito fino a 70 mila euro. Il secondo: l’aliquota d’imposta è fissa al 15%. Terzo punto, si applica una sola deduzione sul reddito complessivo. Ovvero, più basso è il reddito e più alto è il numero dei familiari, più grande è la deduzione. In questo modo garantiamo la progressività dell’imposta richiamata dalla Costituzione. Per le imprese l’aliquota è già flat al 24% e si ridurrebbe al 15%, mentre per le Partite Iva si alzerebbe il limite di fatturato a 100 mila euro per poter applicare l’aliquota sempre al 15%.
Lei ha sollevato il problema della chiusura dei conti da parte di Istituti come Unicredit e Intesa Sanpaolo. Qual è la situazione attuale?
La chiusura unilaterale dei conti correnti bancari da parte degli Istituti di Credito è una pratica diffusa non solo dalle banche che lei cita. Come fa un cittadino o un’impresa a poter vivere e lavorare in questa società senza un conto corrente? Le banche chiudono i conti ai clienti in attivo, che quindi hanno il saldo positivo, sulla base di motivazioni totalmente discrezionali. Così facendo si crea un grave pregiudizio nei confronti di chi deve ricevere lo stipendio (obbligatorio l’accredito sul conto), pagare le imposte (obbligatorio utilizzo del conto), ricevere il pagamento di fatture e pagare con strumenti elettronici o bonifici bancari (sopra i 3 mila euro).
Come si risolve?
Ho presentato un Disegno di Legge che preveda lo status di servizio essenziale per il conto corrente. Nessuna banca potrà arbitrariamente chiudere il rapporto se il saldo è attivo, se non dietro un provvedimento motivato del giudice.
Dal punto di vista economico: come vede la Fase 2? Commercianti, operatori del settore turistico e ristoratori tuttora aspettano risposte dal governo.
Già a febbraio avvertimmo il Governo che la ricaduta economica dei provvedimenti legati all’emergenza Covid-19 sarebbe stata colossale soprattutto se si fosse decisa, come poi si è fatto, una serrata totale delle attività. Come opposizione e come Lega, fin dal primo momento, abbiamo voluto collaborare concretamente per trovare delle soluzioni e mettere a punto iniziative utili a favore dei lavoratori e delle imprese. Nessuna delle nostre proposte è stata accolta. Se non fosse stato per quelle categorie sempre vessate dallo Stato come Partite Iva, Autonomi e Imprese che hanno anticipato di tasca loro la cassa integrazione ai loro operai, oggi avremmo la gente in strada con i forconi perché intere famiglie non avrebbero potuto sfamare i propri figli. Lei crede che riceveranno un ringraziamento per questo? Ad oggi lo Stato sta pagando a singhiozzo il mese di marzo e molti non hanno ancora ricevuto dall’Inps i 600 euro promessi. Questi sono dati, non è polemica.
Il premier Conte?
Il Presidente del Consiglio aveva promesso a marzo che entro il 15 aprile sarebbero arrivati i pagamenti. Siamo ai primi di giugno e la situazione è questa. Serve più coraggio, più visione, più amore per il Paese e più fiducia nelle imprese, nei liberi professionisti e nei lavoratori autonomi che garantiscono ogni mese a 12 milioni di famiglie lo stipendio e lo fanno senza alcuna garanzia, senza alcun sostegno. Anzi, con uno Stato che è sempre pronto a mettere loro i bastoni tra le ruote con cavilli e burocrazia.
Perché l’opposizione ha avuto un approccio “soft” verso le decisioni di Conte? È d’accordo con chi dice che le sue scelte siano state anticostituzionali?
Non abbiamo avuto un approccio “soft”, ma responsabile in un momento di profonda difficoltà per tutto il Paese. In queste situazioni la cosa peggiore è speculare. Abbiamo sempre chiesto però con determinazione al Governo di assumersi le proprie responsabilità. Adesso che si sta ripartendo il tempo della pazienza è finito, ma non siamo noi a dirlo sono gli italiani. Soprattutto quelli che rischiano di passare da presunti cassaintegrati a disoccupati e quegli imprenditori che non apriranno più e che falliranno sicuramente appena la macchina dei tribunali e dei decreti ingiuntivi riprenderà l’attività.
Diverse personalità, compreso un Presidente Emerito della Corte Costituzionale, hanno sollevato perplessità rispetto all’utilizzo dei Dpcm.
Sui Dpcm non vi è dubbio che siano stati provvedimenti ai limiti della Costituzione, in certi casi alcune restrizioni sono state emanate in palese violazione delle garanzie della nostra Carta fondamentale. Ma su questo so che sono state prese iniziative dinnanzi alle magistrature, sia ordinarie che amministrative. Ad un certo momento il Parlamento stesso era ostaggio dei Dpcm, per non parlare poi delle forze dell’ordine che entrano in chiesa per bloccare il sacerdote che dice Messa. Un’immagine da brividi.
L’Italia del prossimo futuro che si immagina è dentro o fuori l’Europa?
Non esiste un’Europa senza l’Italia e non esiste un’Italia che non sia in Europa. Il punto non è essere in Europa, ma come esserci. Questa Pandemia ha mostrato tutte le debolezze di un sistema che, a differenza di quello che si dice, non ha affatto al centro la solidarietà, ma al contrario anche qui prevalgono egoismi e convenienze di bandiera. Nel momento del bisogno non abbiamo visto un’Europa coesa, efficace e rapida nel dare una risposta ai bisogni dei cittadini e delle imprese. Solo dopo un lungo tira e molla siamo forse arrivati alla promessa di fondi che arriveranno fra un anno e salvo che siano spesi come l’Europa vuole. Così non funziona. L’Europa, se vuole continuare a prosperare anche come organizzazione economica, politica e sociale portatrice di valori comuni, deve cambiare passo. Meno vincoli, meno burocrazia, meno percentuali e più senso della realtà. Fino ad oggi è prevalsa la linea tedesca, ma oggi anche la Germania soffre. Forse è la volta buona.
C’è speranza che gli elettori che hanno votato la Lega per la sua vocazione antieuropeista degli inizi si ritrovino a loro agio?
La Lega non è antieuropeista, ma realista. Se una cosa non funziona si cambia. Se non si riesce a cambiarla, la si abbandona. Ma è un dato di realtà, non una questione ideologica. Abbiamo cambiato 1 euro a 1936,27 lire e dovevamo lavorare un giorno di meno e essere di un giorno più ricchi. Invece la nostra bilancia commerciale è crollata e sono fallite quasi un milione di imprese. I tassi di interesse sono sottozero e le banche non prestano denaro. Chi ha qualche risparmio sta perdendo più che con l’erosione di una presunta galoppata inflattiva. È in questa situazione che non ci si può sentire a proprio agio e votare Lega significa aver chiara una visione alternativa. Una nuova Europa dei popoli, del libero scambio, della difesa dei valori comuni capace di essere un nuovo attrattore di sviluppo, crescita e lavoro. Senza vincoli inutili, senza forzare standard comuni a cui sottostare. Non sia l’uniformità la forza dell’Europa, ma lo siano le differenze.
Alcuni sondaggi parlano di “migrazioni” verso Fratelli d’Italia: non sarà colpa della messa in discussione dell’Italexit?
Italexit è uno scenario che nessuna forza politica prende in considerazione, neppure Fratelli d’Italia. A meno che, come ho detto prima, non ci sia alcuna possibilità di un cambiamento. Su questo punto le forze cosiddette “sovraniste” concordano. Essere sovranisti non significa essere contro l’Europa, ma volere indipendenza politica, economica e sociale. L’Europa della CEE era un ottimo esempio di come si possa collaborare ciascuno con la propria autonomia e valorizzare l’appartenenza a un sistema comune di interessi, valori e obiettivi. Oggi la Lega è saldamente il primo partito italiano e con questo spirito e con le proprie idee può puntare ad essere la forza politica che traguarderà l’Italia in un futuro migliore. Meglio se in una organizzazione comune, ma non a tutti costi.
Tecnicamente: l’Italia potrebbe riavere una propria moneta? Se sì, come?
Intanto la moneta è una convenzione, null’altro. Invece di andare in giro con in spalla le forme di Parmigiano Reggiano o le taniche di petrolio da scambiare, usiamo la moneta. La moneta ha valore se ha valore l’economia del Paese che la emette e la accetta come pagamento delle imposte. Lei probabilmente non cambierebbe 50 franchi del Burkina Faso con 50 euro. Perché? Perché il Burkina Faso non è la seconda manifattura d’Europa, la seconda cantieristica navale del mondo, non è tra i leader mondiali della meccanica di precisione e dell’Aerospazio, etc. L’Italia, nonostante la sua Pubblica Amministrazione, grazie al genio degli imprenditori, alla voglia di lavorare di padri e madri di famiglia e all’ambizione dei propri professionisti impegnati in ogni settore è una grande economia mondiale. Detto questo, potrebbe riavere una propria moneta solo se si riformano i Trattati Europei. È una decisione che spetta in primo luogo al Parlamento e successivamente agli organismi europei. Tecnicamente il ritorno a una moneta nazionale comporterebbe una svalutazione immediata del 40% che si attesterebbe dopo un paio d’anni al 25%, ovvero i famosi 1.500 lire per un dollaro che era il cambio giusto per la nostra economia basata su un forte export. Aumenterebbe un poco l’inflazione intorno al 3%-5%, il denaro avrebbe di nuovo un costo e quindi tornerebbe a circolare e a rendere in termini di interessi. Ci sarebbe un periodo di forte espansione economica e dell’occupazione nei primi 10 anni nei quali si recupererebbe interamente il valore della moneta. A quel punto la leva fiscale potrà servire come calmieratore dell’inflazione mantenendo in equilibrio l’andamento della domanda e dell’offerta.
Il Debito Pubblico che fine farebbe?
Rimane appunto il tema del Debito Pubblico, non tanto quello verso l’interno che verrebbe riconvertito nel contro valore in lire e quindi l’investitore non subirebbe alcuna ripercussione, anzi l’aumento dei tassi garantirebbe il posizionamento della rendita. Il punto è il Debito verso soggetti esteri che dovrebbe essere ripagato in euro. Anche se su questo punto ci sono diverse scuole di pensiero. Ma ho idea che di tutto questo stia già ragionando la Germania nei vari scenari futuri che vorrà intraprendere. Difficile che qualcun altro Paese della Ue prenderà una decisione in questo senso. Più probabile che sarà la Germania a farlo. Per noi si tratta soltanto di non farci trovare eventualmente impreparati.
A che punto è la proposta sua e di altri senatori sui CIR, i Conti di risparmio individuali?
Il progetto di Legge arriverà spero prestissimo all’esame delle Commissioni competenti e poi in Aula. Lo spirito è quello di dare la possibilità alle famiglie italiane di comprare Btp con una rendita maggiore grazie a un credito d’imposta e all’azzeramento della ritenuta fiscale. In questo modo gli interessi sarebbero spesi nella nostra economia e non saremmo più soggetti alla spada di Damocle dello Spread che è un parametro che influenza solo i soggetti Istituzionali che comprano titoli, perché in caso di turbolenza dei mercati hanno l’obbligo di ricapitalizzare, ma non ha alcun effetto per il risparmio delle famiglie.
INTERVISTE
Salute femminile,
IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

La salute delle donne è un tema di crescente interesse globale, con implicazioni significative per la società nel suo complesso. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici, permangono sfide sostanziali nell’assicurare che le donne ricevano cure adeguate e personalizzate. Questa indagine esplora le strategie farmaceutiche e le innovazioni che stanno rivoluzionando il campo, evidenziando l’importanza di aumentare la consapevolezza e l’accesso alle cure.
La salute delle donne: una questione di equità
Storicamente, la ricerca medica si è concentrata principalmente sulla salute maschile, spesso trascurando le peculiarità biologiche e le esigenze specifiche delle donne. Questa disparità ha avuto un impatto negativo sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie femminili.
Ad esempio, le malattie cardiovascolari, spesso percepite come una minaccia maggiore per gli uomini, sono in realtà la principale causa di decesso patologico tra le donne. L’assenza di sintomi “classici” negli attacchi di cuore femminili è un esempio di come la mancanza di consapevolezza possa essere pericolosa.
Un discorso a parte meritano le malattie reumatologiche che, aspetto spesso sottovalutato, interessano molto le donne in età riproduttiva, costituendo uno dei fattori che possono incidere negativamente sulla natalità¹. «La ragione della prevalenza femminile di queste patologie sembra risiedere nel fatto che queste ultime siano caratterizzate da una predisposizione genetica e ormonale che può favorire lo sviluppo di una risposta autoimmune più aggressiva», chiarisce l’Osservatorio italiano genere donna, che sostiene l’importanza della prevenzione: «Riconoscere la patologia sin dalle prime fasi – scrivono dall’Osservatorio – consente di avviare il percorso terapeutico prima che si verifichino danni permanenti. Oggi, infatti, i medici dispongono di strumenti diagnostici molto sofisticati e terapie che consentono in molti casi di fermare la progressione della malattia e assicurare una buona qualità di vita».

Il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS, dottoressa Elena Ortona
Insomma, «molte patologie si presentano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini”, chiarisce il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS Elena Ortona (in alto nella foto), intervistata da Rec News. «Un esempio emblematico è l’infarto miocardico, che nelle donne può manifestarsi con sintomi atipici come nausea, dolore alla schiena o affaticamento, portando a diagnosi ritardate e a trattamenti meno tempestivi. Inoltre, le donne metabolizzano alcuni farmaci in modo diverso rispetto agli uomini a causa di differenze ormonali ed enzimatiche. In passato, la ricerca farmaceutica si basava principalmente su soggetti maschili, portando a dosaggi non sempre adeguati alle donne. Oggi, la medicina di genere promuove studi più equilibrati per ottimizzare le terapie», puntualizza ancora la dottoressa Ortona.
Strategie farmaceutiche: verso la medicina di genere
Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica ha iniziato a riconoscere l’importanza della medicina di genere, che tiene conto delle differenze sessuali e di genere nella prevenzione, diagnosi e nel trattamento delle malattie. Diversi organismi si stanno focalizzando sempre più sull’universo femminile, avviando ricerche specifiche sul particolare impatto che determinate patologie hanno sulle donne.
In Italia la galassia degli organismi che portano avanti le ricerche cliniche più rappresentative sul tema comprende il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo italiano salute e genere (GISEG).
«La ricerca in medicina di genere – puntualizza ancora la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto notevoli progressi, ma ci sono ancora diverse sfide e opportunità di miglioramento. Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore attenzione agli studi preclinici e clinici che analizzano le differenze tra uomini e donne. Questo è in parte dovuto ad una maggiore sensibilizzazione e formazione delle ricercatrici e ricercatori all’importanza di considerare il sesso e genere nei propri studi, ma anche al fatto che le principali riviste scientifiche come Nature e Lancet hanno inserito nelle istruzioni per gli autori la regola di mostrare i propri dati in modo disaggregato per sesso».
«Questo – prosegue Ortona – ha portato a una migliore comprensione delle variazioni nella incidenza e manifestazione delle malattie, nella risposta ai farmaci e nei fattori di rischio. Tuttavia, molto deve essere ancora fatto. In particolare, è fondamentale includere in maniera equilibrata soggetti di entrambi i sessi al fine di sviluppare trattamenti mirati che tengano conto delle differenze biologiche e poi analizzare i dati in modo disaggregato. Questo metodo porterà non solo ottimizzare il dosaggio dei farmaci, ma anche progettare nuove molecole e strategie terapeutiche».
Innovazione tecnologica: La rivoluzione dei dati
Anche l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo cruciale nel trasformare la salute delle donne. L’uso di big data e intelligenza artificiale consente di analizzare enormi volumi di dati per identificare modelli e tendenze che potrebbero sfuggire alle analisi tradizionale. Queste tecnologie stanno iniziando a offrire nuove opportunità per personalizzare le cure e migliorare i risultati sanitari, e per quello che riguarda l’IA possono permettere di individuare precocemente alcune patologie tramite le cosiddette analisi predittive e l’analisi personalizzata e combinata della predisposizione genetica del singolo paziente, dei fattori di rischio e dello stile di vita.
L’Intelligenza Artificiale, inoltre, sembra prestarsi bene alla risoluzione del problema della scarsa o nulla aderenza alle terapie², che riguarda in particolare chi è affetto da patologie croniche e gli anziani. Si tratta di soggetti che rinunciano a curarsi, oppure rinunciano ad adottare stili di vita alternativi in grado di minimizzare il rischio di incorrere in determinate patologie. Tra questi soggetti molte sono le donne, come chiarisce il Portavoce della Rete delle Cattedre UNESCO italiane e professore emerito di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Andrea Lenzi. «Il sesso femminile – spiega Lenzi – è emerso come predittore indipendente di non aderenza ai farmaci ipoglicemizzanti, alla terapia ipolipemizzante e ai regimi farmacologici impiegati dopo un IMA in ampi studi di coorte e meta-analisi».
Cosa può fare l’IA in un campo come questo? Diventare un assistente virtuale in grado di generare alerts personalizzati che possono migliorare l’aderenza alla cura e aiutare a generare buone abitudini e dunque stili di vita migliorati.
Aumentare la consapevolezza: l’importanza dell’educazione
La medicina di genere e l’intelligenza artificiale stanno quindi ridisegnando il modo in cui viene vissuta e percepita la salute femminile. Ma da sole, ovviamente, potrebbero non bastare. Educare le donne sui loro diritti sanitari e sulle opzioni disponibili è fondamentale per migliorare i risultati di salute, e in questo senso le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi possono aiutare a colmare il divario informativo e a promuovere decisioni sanitarie più informate.
Un altro aspetto riguarda i decisori, come ha ben spiegato la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità: «E’ necessario – ha detto a Rec News – sostenere e incentivare finanziamenti e programmi di ricerca che abbiano la medicina di genere come asse portante, per colmare le lacune ancora presenti e favorire l’innovazione in ambito clinico e farmacologico. Perché pur avendo raggiunto traguardi importanti, la medicina di genere è ancora in una fase evolutiva. Il futuro richiede uno sforzo coordinato per integrare conoscenze multidisciplinari, sviluppare studi più inclusivi e applicare le nuove tecnologie, in modo da garantire – ha concluso – cure sempre più personalizzate ed efficaci».
FONTI:
¹Le malattie autoimmuni reumatologiche, in Genere Donna https://www.generedonna.it/patologie-di-genere/genere-e-autoimmunita/malattie-autoimmuni-reumatologiche/
² Adherence to long-term therapies : evidence for action – Institutional Repository for Information Sharing and World Health Organitation
ARTE & CULTURA
Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.
Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.
Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?
Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.
Il film ha un messaggio particolare?
Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.
Progetti futuri che può anticiparci?
Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.
INTERVISTE
Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)
INTERVISTE
Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale
È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?
Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.
Nordio è un ex magistrato.
Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.
Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?
Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.
Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.
Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.
Erano forse più questi gli aspetti da riformare.
Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.
Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?
C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.