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Che cos’è Gayburg? E’ un sito che pubblica contenuti di matrice Lgbt impropriamente definiti “informazione”. I contenuti, infatti, non ricoprono alcun interesse di pubblica utilità, nemmeno per la comunità di riferimento: per instaurare un termine di paragone, si veda il sito “Bossy“. Si limitano infatti alla schedatura di articoli sgraditi, post Facebook e tweet che l’autore/gli autori di volta in volta interpreta/interpretano secondo il suo/loro sentire personale, con forti connotazioni ideologiche e sessiste e l’utilizzo di pratiche bullizzanti presumibilmente volte a creare stigma sociale. Gayburg mutua da un blog – www.gayburg.blogspot.com – in passato fortemente limitato da Google per la presenza di contenuti diffamatori. Qualcuno lo avrà conosciuto per gli attacchi costanti a politici e personalità come Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Simone Pillon, Maria Giovanna Maglie, Alessandro Meluzzi, Costanza Miriano, Fabio Tuiach, Toni Brandi, Jacopo Coghe, Filippo Savarese. La lista continua ed è lunga.

Chi si nasconde dietro al sito Gayburg? | Rec News dir. Zaira Bartucca

Dal 2004 al 2016 il dominio gayburg.com è ricondicibile a un sito pornografico

Il dominio di Gayburg risulta acquistato il 30 marzo del 2004, e da quella data al 2016 ospita contenuti pornografici rivolti agli omosessuali (in basso, nelle immagini, due screen relativi a una “macchina del tempo” per siti). Alla fine del 2019, il “lavoro” di gayburg.blogspot.com si sposta sul dominio in oggetto, probabilmente per far fronte alle (ovvie) limitazioni decise da Google. Ma chi lo gestisce? Chi ci scrive? Ufficialmente e prevedibilmente non si sa: il sito non indica un responsabile, un numero riconducibile al Registro degli operatori della comunicazione, nulla. Però si arroga il diritto di scrivere che chi – come noi – vuole stare nelle regole, deve essere radiato da un Ordine dei giornalisti invitato a fare “pulizia”.

Chi si nasconde dietro al sito Gayburg? | Rec News dir. Zaira Bartucca
Chi si nasconde dietro al sito Gayburg? | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Giorgia Meloni ha abusato di sua figlia” e “Tuiach si è lanciato nello stupro di un cadavere”

I malcapitati oggetti delle invettive di Gayburg sono tutti “omofobi”, “razzisti”, “transfobici”, “negazionisti”, “populisti”. Quelli che non vorrebbero essere etichettati, hanno dunque l’etichetta molto facile. Sul sito scopriamo asserzioni singolari, per esempio che la giornalista Costanza Miriano sia una “fondamentalista”, che “Giorgia Meloni ha abusato di sua figlia”, che Gandolfini “annunciava violenze sui bambini” o che il co-fondatore di questo sito volesse “sterminare i gay”. O di un Tuiach che “si lancia nello stupro di un cadavere”. Tantissime, inoltre, le allusioni alla violenza sui minori e sui bambini. Diversi i tweet e i testi archiviati da questo sito, e inseriti in diverse denunce/querele e memorie difensive presentate presso la Procura della Repubblica di Roma dall’avvocato Maria Cristina Tabano e dall’avvocato Luigi Fratini.

Quando un giornalista scriveva a Pietro Bruno: “Per favore siate più attenti e non presentate notizie false”

Gayburg risulta ideologicamente vicino alla parte più estremista dei “democratici” e degli stessi progressisti. Non sembrano registrarsi connessioni evidenti con i partiti. Piuttosto, il suo operato ha una strana sincronia e un’apparente comunione di intenti con il motore di ricerca Google, da anni sordo alle nostre segnalazioni e a quelle di altri utenti. E’ possibile che sia composto da più autori, ma in mancanza di firme negli articoli il responsabile è il proprietario del dominio, che abbiamo individuato. A riscontro dell’identificazione da noi raggiunta grazie a strumenti OSINT, c’è un aspetto non trascurabile. Il 6 giugno Michele Majidi, giornalista di Q Code, scrive una frase singolare a tale Pietro Bruno, attivista di Montalto Uffugo (in provincia di Cosenza) che in un profilo Twitter rimosso dopo alcune nostre domande si autodefiniva “intersex”. 26enne neo-laureato, curriculum vuoto eccezion fatta per un seminario, è risultato perdente dall’ultima tornata elettorale locale durante la “corsa” con il Movimento popolare progressista, che sosteneva lo sconfitto Ugo Gravina. In paese non è conosciuto quasi per nulla, se non per il legame di parentela che lo lega all’ex gestore di una pizzeria. Si definisce un “femminista” patito “dell’auto-determinazione della donna”, eppure la madre con cui abita si è auto-determinata a fare la casalinga. I retaggi “da patriarcato” nel caso della madre sono dunque perdonati. Nella tesi di laurea scrive che il fratello piccolo gli ha “insegnato ad amare e ad essere ancora più progressista”. L’argomento del pugno di pagine è la parità di genere, anche se le donne sul suo sito sono il bersaglio prediletto: a partire dalla sottoscritta per continuare con le altre. Gli uomini? La dicotomia è tra quelli da disprezzare in quanto portatori di un determinato orientamento o di determinate opinioni, e tra quelli da adorare in quanto svestiti.

Gayburg: “Se pubblichi l’audio ti mangiamo la casa”

Per tornare al giornalista di Q Code, Michele Majidi il 6 giugno scrive a Gayburg e a @Pietro__Bruno “per favore siate più attenti e non presentate notizie false solo per fare qualche click in piu”. Bruno risponde che “E’ stata una svista, non un’operazione per avere click in più”. Come faceva a sapere, Bruno, che si è trattato di una svista se a sentire l’autore di Gayburg non esiste alcun legame tra il sito e lui? Nel tentativo di verificare quanto accertato, negli scorsi mesi abbiamo contattato telefonicamente Pietro Bruno per capire principalmente cosa volessero dire quelle frasi. In quanto attivista che si è presentato ad elezioni comunali, il suo CV e il suo recapito sono stati resi pubblici nella sezione “Elezioni trasparenti” del Comune di Montalto Uffugo. Da notare che “Gayburg” dopo l’annuncio della pubblicazione dell’audio ha minacciato ritorsioni (“le mangeremo la casa”) quasi a volerla evitare a tutti i costi.

Perché abbiamo optato per la pubblicazione

Abbiamo deciso di pubblicare l’audio che segue per l’insindacabile valore giornalistico che ricopre in relazione a un sito che agisce nell’ombra, che da anni provoca indisturbato danni professionali a politici, giornalisti, comunicatori, personalità del mondo dell’associazionismo, ecc. Contiamo in tal modo di compiere un servizio utile alla collettività, di cui potranno giovarsi sia i danneggiati che gli stessi inquirenti che forse per mancanza di mezzi adeguati (dovuti ai tagli indiscriminati) continuano volenti o nolenti a permettere tutto questo. Richiamare Gayburg alle proprie responsabilità è da omofobi? No perché, se tutti sono ovviamente uguali, lo sono anche davanti alla Legge. Il sito, peraltro, rappresenta sé stesso, non la totalità dell’universo lgbt, che in molte occasioni si è perfino dissociato dal fanatismo dell’anonimo autore o degli anonimi autori. Quando ho acquisito l’audio per poter meglio documentare il pezzo che leggete, mi sono presentata con nome e cognome e come giornalista, specificando anche il sito per cui scrivo. (Nota: due parti dell’audio sono state “stellinate” per evitare che qualcuno vi si riconoscesse; quando dico “una famiglia per la mamma e il papà” in realtà intendo “festa per la mamma e il papà”, riferendomi al tweet in possesso della stessa Procura di Roma da cui sono iniziati gli attacchi social e di Gayburg).

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Otto domande a Pietro Bruno

  1. Perché, pur essendo a conoscenza del lavoro di questo sito, non ha mai rettificato o smentito gli articoli che lo riguardano?
  2. A cosa sono dovuti il nervosismo e la voce rotta che si sentono del corso della conversazione?
  3. Che significa “quando è stato attaccato ho provato a difenderlo?”. Abbiamo appreso dell’esistenza di Gayburg solo a seguito di un articolo di maggio 2018. Prima di allora, abbiamo però subito uno shit-storm di due settimane circa via Twitter che abbiamo denunciato alla Procura della Repubblica di Roma assieme al resto. Non abbiamo mai attaccato nessuno: abbiamo risposto agli attacchi, questo sì.
  4. A cosa era dovuto l’accanimento di Pietro Bruno, che scriveva a siti e all’Ordine dei giornalisti chiedendo la mia radiazione, come fa (solo) Gayburg praticamente ogni giorno?
  5. Quali sono nello specifico “i vili attacchi” e in cosa è consistita la “macchina del fango” che Pietro Bruno non è in grado di delineare?
  6. Quali minacce avrebbe ricevuto Gayburg e perché non le ha mai denunciate o rese pubbliche?
  7. Quando la sottoscritta ha detto o scritto che “i gay non hanno diritti e che le loro battaglie non hanno valore”?
  8. Perché Bruno a seguito delle mie domande su Twitter ha prima nascosto al pubblico il suo profilo e successivamente lo ha rimosso?

Dieci domande a Gayburg

  1. Secondo la normativa vigente, ogni sito deve indicare un responsabile. Chi è il vostro responsabile?
  2. Chi sono i vostri autori? Perché sono nascosti? Perché il vostro sito non ha una pagina “chi siamo”?
  3. Perché non pubblicate commenti, rettifiche e smentite laddove ve ne si avanza richiesta?
  4. Perché avete scritto oltre 160 articoli sulla sottoscritta utilizzando e schedando perfino le opinioni pubblicate su Twitter?
  5. Quali sono le vostre vicinanze politiche, se esistono, e a chi giova il vostro indice di proscrizione?
  6. Le vostre schedature sono strumentali al lavorìo sotteso al Ddl Zan-Scalfarotto, nel senso che vi proponete di creare degli “omofobi” da colpire un domani con leggi strumentali?
  7. Chi vi finanzia o in che modo vi finanziate?
  8. Conoscete Pietro Bruno, la compagna di Pippo Civati Giulia Siviero e Giovanni Zardini, il disturbatore del congresso mondiale per la Famiglia di Verona? (disponibili a dare spazio a tutti e tre qualora volessero dare la loro versione)
  9. Qual è il vostro rapporto con gli eterosessuali? Cosa ne pensate della famiglia composta da uomo e donna e dai bambini?
  10. Cosa ne pensate della pedofilia?
Nota: Rec News – a differenza di Butac e Gayburg – è sempre disponibile a pubblicare integrazioni, rettifiche e smentite, anche se dovessero giungere da un sito che a chi scrive ha arrecato e continua ad arrecare un danno morale e professionale.
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Tag: Zaira Bartucca – Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale | Rec News dir. Zaira Bartucca
EPA-EFE/DUMITRU DORU

Il governo moldavo guidato dall’europeista di ferro Maia Sandu ha sospeso la licenza a un altro canale televisivo. Questa volta a fare le spese delle politiche repressive in fatto di libertà di stampa è stato il quinto canale. La decisione della sospensione è stata presa dal Consiglio per la promozione dei progetti di investimento di importanza nazionale il 21 di questo mese, ed è stata motivata con la necessità di esaminare la documentazione relativa alla concessione all’emittente. “Troppi file da consultare”, la scusa arrivata dal Palazzo di Chisinau, mentre fuori le proteste dei giornalisti imbavagliati si fanno sempre più accese.

“Questo caso dimostra ancora una volta che in Moldavia non ci sono più media liberi, poiché il governo teme che un canale televisivo possa compromettere la sicurezza dello Stato”, ha detto Ludmila Belcencova, presidente dell’organizzazione non governativa di giornalisti Stop Media Ban. “Il nostro governo tratta i giornalisti come criminali e questo dovrebbe preoccupare molto la comunità internazionale”, ha detto ancora Belcencova, che ha ricordato il ruolo usurpatore di alcuni organismi.

“Sono ormai due anni – ha detto l’attivista – che il giornalismo in Moldavia non è regolato dal Consiglio per l’audiovisivo, ma da organismi che non hanno nulla a che fare con i media, come la commissione temporanea creata per mitigare la crisi energetica o gli investimenti. Questo dimostra solo che il nostro governo ha troppa paura del pluralismo delle opinioni e delle voci della gente. Non c’è più libertà di parola in Moldavia”. Da qui la richiesta, conclusiva, rivolta alla comunità europea di “prendere posizione contro la repressione della libertà di stampa e di parola in Moldavia”.

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ESTERI

Canada, proposta
di legge di Trudeau
per silenziare il dissenso online

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Canada, proposta di legge di Trudeau per silenziare il dissenso online | Rec News dir. Zaira Bartucca

Che Justin Trudeau, il primo ministro canadese, non fosse un campione in fatto di libertà garantite lo si era capito nel periodo covid, quando aveva promosso lockdown, Green Pass e vaccinazioni di massa. Adesso a certificare quest’ansia di controllo è arrivata una proposta di legge sui social media che si chiama Online Harms Act, che dietro gli apparenti buoni propositi nasconderebbe la volontà di silenziare il dissenso online, sempre maggiore dopo le scelte impopolari assunte da Trudeau.

Secondo Fox News la proposta scaturita dal disegno di legge del ministro alla Giustizia Arif Virani, consentirebbe di punire una persona prima che abbia commesso un reato, sulla base di informazioni quali la recidività del soggetto e il suo comportamento. Un’applicazione di quella Giustizia predittiva di cui si sente parlare sempre più spesso. “Un giudice provinciale – hanno rimarcato dall’emittente statunitense – potrebbe imporre gli arresti domiciliari o una multa se ci fossero ragionevoli motivi per credere che un imputato commetterà un reato.”

Una proposta che non ha frenato il dissenso online in Canada ma, anzi, lo ha aumentato, come raccontano le esternazioni di alcuni utenti alla notizia del prosieguo dell’iter del disegno di legge C – 63, pubblicato a febbraio e dal cui testo si è giunti all’Online Harms Act. “Riposa in pace libertà di parola”, ha scritto un utente canadese, mentre un altro ha ipotizzato che il primo ministro voglia assumere “un ruolo da dittatore”.

La versione del governo canadese

Ovviamente – come dicevamo – non sono mancate le giustificazioni da parte del governo canadese, che non vorrebbe altro che “frenare l’incitamento all’odio online”. E, a questo fine, starebbe facendo scandagliare i contenuti che conterrebbero “estremismo” e “violenza” e quelli dannosi per i minori. Cosa Trudeau intenda per “estremismo” e “violenza” non è però chiaro, né cosa consideri dannoso per i minori, giacché nei fatti a eccezione di molti post di dissenso silenziati tutto è rimasto praticamente immutato. E se tanti sono stati i proclami del governo canadese per proteggere i bambini dallo sfruttamento online, nei fatti nulla è stato fatto per rendere più attiva la macchina della giustizia quando si tratta di punire molestatori, pedofili e altre categorie che inquinano la rete.

Un recente sondaggio dell’Istituto Leger, del resto, ha rilevato che meno della metà dei canadesi pensa che l’Online Harms Act si tradurrà in un’atmosfera più sicura online. Parte degli interpellati hanno infatti detto di essere “diffidenti” nei confronti della capacità del governo di proteggere la libertà di parola.

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FREE SPEECH

Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin

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Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Vandalizzato il murales dedicato a Shireen Abu Akleh e della libertà di stampa a via di Valco San Paolo, nel cuore di Roma Sud. Nelle scorse ore il volto stilizzato della giornalista palestinese di Al Jazeera, colpita a morte dall’esercito israeliano l’11 maggio 2022 durante uno dei suoi tanti servizi nei campi profughi di Jenin, in Cisgiordania, è stato imbrattato da una macchia di vernice rosso sangue mentre accanto alla figura della donna si legge la scritta “assassini”.

Il murales, opera dell’artista Erica Silvestri, nelle scorse settimane era stato realizzato per celebrare il sacrificio di una reporter che, come tanti inviati di guerra ogni anno, è morta mentre svolgeva la professione di raccontare gli orrori della guerra e, in questo caso, anche cosa succede nei campi profughi palestinesi: a promuovere l’iniziativa, che ha ottenuto il sostegno della Federazione Nazionale della Stampa, è stato l’VIII municipio della Capitale, l’associazione dei Giovani Palestinesi di Roma e “Join The Resistance” in collaborazione con Radio Roma che da sempre segue con particolare attenzione le vicende estere ma anche le dinamiche delle comunità straniere che vivono in città. Proprio per dare visibilità al messaggio, si era scelto di creare il murales in un punto di via di Valco San Paolo particolarmente trafficato e l’opera era diventata ben presto meta di molti cittadini incuriositi.

L’episodio di vandalismo, scoperto nelle scorse ore, viene facilmente messo in relazione con quanto sta accadendo in Medio Oriente e con la guerra di Israele contro i terroristi di Hamas: “I drammi degli ultimi giorni tra Israele e Palestina stanno esacerbando tutto ciò che ruota intorno alla questione israelo-palestinese” – spiega Andrea Candelaresi, giornalista di Radio Roma e promotore del murales: “Questo clima di tensione arriva fin qui, a Roma, dove l’odio non fa altro che creare inutili confusioni. Shireen Abu Akleh non c’entrava nulla con Hamas, né con la scia di morte e distruzione di questi giorni. Vandalizzare quel murales ha significato, per noi, infangare la memoria di un’abile giornalista morta per una nobile causa: raccontare la verità per formare coscienze. Ma è anche la spia, rossa, sul motore della qualità della stampa perché se il popolo è informato male si creano le tifoserie ed essere ultras porta alla radicalizzazione, la quale genera confusione e odio. Confusione e odio che hanno colpito un murales, ma anche una donna morta per il suo lavoro; hanno colpito chi ci portava la realtà dei fatti in casa e questo non possiamo né dobbiamo dimenticarlo”.

Dopo la segnalazione del vandalismo, il murales è stato restaurato la scorsa notte dalla sua autrice, Erica Silvestri, che ha deciso di “rispondere con l’arte all’odio”.

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ARTE & CULTURA

Bandire i forestierismi. “Ricorda il fascismo, lasciare libertà di espressione”

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Idiomi e Cancel culture, Belpoliti: "Ricorda il fascismo, bisogna lasciare libertà di espressione" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Sono rimasto sorpreso dalla scelta di questo tema nell’era del simultaneo”, ha affermato durante il programma radiofonico “Base Luna chiama Terra” su Radio Cusano Campus il professor Marco Belpoliti, autore della traccia selezionata per la prima prova scritta della Maturità 2023, scrittore, italianista e docente di Critica Letteraria e Letterature Comparate all’Università di Bergamo.

“C’è stata la pandemia che ci ha messo in attesa, come nelle telefonate: ‘La preghiamo di attendere’. Tutto ora è ricominciato accelerando, ma l’attesa è ancora lì e resta in attesa”. L’attesa, secondo Belpoliti, è ancora “una questione rilevante nelle nostre vite nonostante la velocità che ci circonda” ha sostenuto durante l’intervista.

Parlando dell’influenza della tecnologia sulla comunicazione, Belpoliti ha poi sottolineato che il senso dominante è diventato quello visivo. “C’è sempre stata più gente che guardava piuttosto che gente che leggeva. Parlare, parlano tutti, c’è il costante desiderio di parlare. Una volta un uomo nel corso della sua vita vedeva un centinaio di immagini. Ora ne vediamo migliaia ogni giorno, anche solo sui social”, ha proseguito Belpoliti.

Riguardo alla trasformazione delle modalità espressive, il professore ha poi evidenziato “il ritorno a un regime del flusso nella scrittura, simile alle scritture pubbliche dell’epoca romana che non conoscevano la punteggiatura. Ora usiamo i puntini sospensivi” ha ribadito. “L’emoticon crea l’elemento espressivo, disegnando le emozioni che non possono essere contenute nella scrittura, che dal canto suo non ha dei modi per dichiarare il tono con cui viene pronunciata una frase. C’è qualcosa di antico e contemporaneo allo stesso tempo. Qualcosa che è in evoluzione. Questa comunicazione non cancella l’altra. Una si sovrappone all’altra. Una predomina, l’altra regredisce” .

E sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana, Belpoliti ha concluso l’intervista dicendo “Non sono spaventato dalla presenza di parole inglesi. Cancellare le parole inglesi, ricorda il fascismo. La pulizia linguistica mi ricorda un altro tipo di pulizia meno nobile. Bisogna lasciare anche una libertà all’espressione”.

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