Il sistema Riace, Recosol, gli “affidamenti diretti non conformi a legge” e i fondi da Palazzo Chigi
La Rete dei comuni solidali e l’accoglienza intermittente: tolto Lucano, il paese dei Bronzi esce. La denuncia dell’attuale sindaco alla Procura di Locri e i 112mila euro giunti da Palazzo Chigi “per decreto”
“L’associazione Recosol con sede a Carmagnola, (TO), ha percepito somme pari ad euro 294mila circa con affidamenti diretti, senza bando ad evidenza pubblica e palesemente con comportamento non conforme ai dettati di legge”. Così scriveva appena due mesi fa – l’otto aprile del 2020 – l’attuale sindaco di Riace Antonio Trifoli. La denuncia, con protocollo numero 2472, veniva inviata alla Procura della Repubblica di Locri al fine di accertare la presenza o meno di “reati”.
Da Palazzo Chigi inviati 112mila euro “per decreto”
Re.co.sol è la rete dei comuni solidali, che dal 20 marzo di quest’anno ha eletto un nuovo gruppo di coordinamento con all’interno due sindaci, e che ha come legale rappresentante il vicinissimo di Lucano Giovanni Maiolo subentrato al “dimissionario” Lorenzo Sola. Sia a Maiolo che al dominus di Riace si devono le convenzioni stipulate tra Recosol e il Comune nel corso delle passate amministrazioni, che hanno permesso l’attivazione di flussi di denaro milionari. A titolo esemplificativo, tra il 2013 e il 2014 veniva stipulata una convenzione della durata di 6 mesi, dal 24.07.2013 al 31.01.2014, per la gestione di 152 migranti. Costo: 978.880, quasi un milione. E’ poi di questi giorni la notizia di altri 112.410 euro, giunti “grazie a un Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri” a vantaggio della minuscola cooperativa Sankara di Cittanova fondata dallo stesso Maiolo, di cui non si trova neppure il sito internet.
L’accoglienza intermittente
Il finanziamento di Palazzo Chigi sembra che vada a riempire il vuoto di recente lasciato proprio dalla mancata opportunità di sottoscrivere nuovi progetti con “affidamenti diretti” e dunque “senza bandi”, come denunciato da Trifoli in più di un’occasione negli ultimi anni. Riempire un vuoto, perché l’accoglienza era talmente urgente che, tolto Lucano, Riace è uscita dalla Rete dei comuni solidali. “Non è stato possibile continuare con l’attuale amministrazione”, lamenta lo scorso ottobre su un sito locale lo stesso Maiolo. Il riferimento è alla giunta Trifoli che, come stiamo documentando, ha denunciato alla Procura di Locri la presenza di possibili “reati”. Un’amministrazione che – evidentemente – ha modi diversi di gestire la cosa pubblica rispetto a Lucano, modi che a Maiolo non piacciono. Ma i motivi formalmente addotti dal legale rappresentante di Recosol sono “i fatti ben noti diventati di pubblico domininio nazionale”. Nessun dato oggettivo e documentato, solo le uscite dei cantori mainstream del sistema Riace, molti dei quali vantano interessi diretti nella gestione della cosiddetta “accoglienza” riacese e dell’hinterland reggino (fondazione “E’ stato il vento”, compravendita frantoio, raccolte fondi della stampa locale calabrese).
Questioni di trasparenza
Ma il problema di quello che appare a tutti gli effetti un sistema parallelo non è tanto la consistenza delle somme – per quanto il metodo strettamente legato a Riace secondo le rilevazioni effettuate da inquirenti, militari e ispettori del ministero dell’Interno permettesse (come abbiamo documentato varie volte e come rilevato dalla Procura di Locri) la distrazione di ingenti quantità di denaro – ma quella che appare come una totale e inspiegabile mancanza di trasparenza. In altre parole: perché i progetti di Recosol – stando a quanto riferito dallo stesso sindaco – non sono stati documentati e rendicontati presso l’ente che eroga i finanziamenti?
“Progetti Emergenza Nord Africa, Niger e Ampliamento Sprar: mancano i rendiconti”
“Con la presente – è il tenore dell’informativa che Trifoli fa pervenire alla Procura di Locri – si denuncia che agli atti di questo Ente non è stato riscontrato alcun rendiconto in merito ai cosiddetti progetti “Emergenza Nord Africa”, “Niger” e “ampliamento rete SPRAR”, per i quali il Comune di Riace ha erogato ingenti somme. Si specifica – puntualizzava il sindaco di Riace – che a rappresentare la suddetta associazione sin dal 2012 per la gestione dei progetti di accoglienza era tale sig. Giovanni Maiolo di Caulonia (RC). Si trasmette per eventuali accertamenti di possibili reati”.
Che fine hanno fatto i 294mila euro?
Così come venivano trasmesse, in calce i mandati di pagamento di cui il Comune di Riace – ora in dissesto a causa del post Lucano – si è dovuto far carico negli anni a fronte di una popolazione di circa duemila abitanti che certamente avrebbe tratto giovamento dei fondi destinati a quella che gli inquirenti hanno documentato fosse un’accoglienza fasulla. Il 10 aprile del 2014, la giunta Lucano sborsa 102.205,90 euro per gli Sprar; il 16 agosto del 2012, quasi 12mila euro. Il 7 settembre dello stesso anno – appena un mese dopo, altri 18mila euro circa. Il 3 dicembre del 2013 l’anno si chiudeva col botto, con una liquidazione per un “ampliamento” Sprar da 103.040 euro, solo per ricordare alcune delle cifre documentate dal Comune (in basso e nel Pdf)
La denuncia alla Procura di Locri del sindaco (guarda caso) oggetto di attacchi
Che fine hanno fatto i soldi di cui Trifoli fa menzione alla Procura di Locri? Come sono stati impiegati? Dove sono stati attivati i progetti e in cosa sono consistiti? Chi hanno riguardato? Perché, allo stato, il Comune di Riace si trova sprovvisto di pezze d’appoggio per affermare che, sì, effettivamente di accoglienza si è trattato? Perché non si è mai provveduto ad effettuare, stando a quanto rilevato dall’amministratore, un bando ad evidenza pubblica ma si è sempre proceduto con “affidamenti diretti”? Perché Recosol, andato Lucano, ha espulso Riace se il borgo reggino era il cuore pulsante di un’accoglienza di cui alcuni tessono – insistentemente ma senza riferimenti concreti – le lodi?
DOC
Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”
Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.
“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.
617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.
DOC
Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato
Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica
DOC
Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale
Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.
Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).
“L’Unità” del 05/06/1997
I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane
Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale