Seguici

© Rec News -

del

Dalù ci gela nel corso dello scambio di battute che abbiamo avuto con lui: in Cina il giornalismo e lo stesso concetto di cittadino “non esistono”. Una visione apparentemente radicale ma rispettabile, per due semplici motivi: proviene da un cinese (che ha dovuto trovare rifugio in Europa a causa della dittatura imposta dal regime) che per giunta è pure giornalista. Non uno qualunque, perché le voci libere in grado di dissentire non si trovano spesso, figurarsi in un Paese reso piatto, fondato sull’omologazione e totalitario come la Cina. Lì, nel 1995, Dalù ha fatto quello che è stato considerato un gesto rivoluzionario: tentare di riesumare in diretta radio la memoria del massacro di piazza Tienanmen. E’ stato il suo primo risveglio, quello professionale. L’altro, interiore, è avvenuto più tardi, nel 2010, quando ha trovato la fede ed è diventato un fervente cattolico, aspetto che lo ha unito ancora di più all’Italia, dove è giunto dopo mille peripezie. Una storia unica che – ha anticipato – sarà presto raccontata in un libro. Il testo parlerà anche delle “trappole” che la Cina sta preparando per il mondo, Italia compresa.

Com’è nata la sua passione per il giornalismo?

La mia passione iniziale riguardava il cinema. Mi sarebbe piaciuto entrare nella prestigiosa accademia di Pechino e diventare un regista. Tuttavia, mia madre non approvò questa scelta, dovetti quindi modificare le mie ambizioni per chiedere di essere ammesso alla scuola di giornalismo di Pechino. Durante la Rivoluzione Culturale (1966-1976), il Partito Comunista Cinese impose a tutti i cinesi di imparare una canzone: “Il Partito è mia madre”. Il Partito Comunista usa l’immagine benevola della madre per far accettare ai cinesi il fatto malvagio che il partito sia la madre del Paese. Questa è una meravigliosa arma magica per il successo del Partito Comunista Cinese che ha ridotto in schiavitù la Cina per 70 anni. Mi sono dovuto adeguare anche io ed ho dovuto obbedire all’autorità di mia madre. Dovevo diventare un giornalista.

Com’è fare il giornalista in Cina?

Non ci sono notizie in Cina e non ci sono testate giornalistiche nel concetto occidentale e quindi non c’è nemmeno la figura del giornalista presente nel vostro immaginario. E’ assente. La Cina ha solo una macchina di propaganda controllata dal Partito Comunista Cinese. Tutte le testate giornalistiche fanno parte della macchina e devono attuare pienamente gli ordini di propaganda del Partito. Prima di ricevere il tesserino professionale, i “giornalisti” devono imparare a cantare un’altra canzone: “Io sono la lingua della madre”. Come in tutte le istituzioni sociali, le imprese, le scuole, gli ospedali e le forze armate in Cina, i top manager non sono presidenti, manager, presidi o ufficiali militari ma rappresentanti del partito. L’attuale responsabile delle testate giornalistiche non è il redattore capo ma l’organizzazione del partito. L’organizzazione del partito annuncia gli ordini e la disciplina di propaganda a tutti i giornalisti, redattori e moderatori. Devi condurre interviste, organizzare articoli e programmi in conformità a questi comandamenti e discipline, e pubblicarli dopo essere stati esaminati.

Nel 1995, quando era un cronista di una radio di Shangai, è stato licenziato per aver fatto un riferimento alla strage di piazza Tienanmen. Come ha vissuto quella decisione? Ricorda qualche episodio che non ha ancora raccontato?

Il mio spirito ribelle viene da mio padre. Sia all’università che alla radio, scoprì che le persone intorno a me erano membri del Partito Comunista. I loro genitori erano membri e funzionari del Partito. Non avevo alcuna relazione con il Partito ma sono stato ammesso con i miei punteggi dei test e le mie superbe abilità e quindi potevo osservare e pensare liberamente. Erano trascorsi esattamente sei anni dal massacro di piazza Tiananmen. Come negli anni precedenti, l’organizzazione del partito aveva ribadito la sua disciplina di propaganda a tutti i giornalisti con due settimane di anticipo. Quel 4 giugno 1995 era domenica, il giorno in cui il mio programma veniva regolarmente trasmesso in diretta nella radio di Shanghai. Ho deciso di intraprendere un’avventura senza precedenti nella storia cinese. Ho arrangiato con cura lo spettacolo. Subito dopo la trasmissione, mi trovavo ancora nella sala di trasmissione in diretta, ricevetti una chiamata dal mio caporedattore. Il mio programma aveva seriamente infranto la linea rossa e informarono immediatamente il mio direttore e la polizia armata nella stazione radio.

Cos’è successo a quel punto?

Sebbene non mi abbiano arrestato sul posto, hanno monitorato tutti i miei spostamenti, le telefonate ed i messaggi di testo. Credevano fossi una spia americana. Non potevano far scomparire un giornalista di punta perché la Cina pianificava il suo ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio che avvenne nel 2001. Il giorno successivo fui sospeso e il mio spettacolo fu cancellato definitivamente dal palinsesto. Dalù fu espulso e diventò l’esempio di intimidazione per gli altri “giornalisti” cinesi. Il revisore mi disse: “Dovresti ringraziare l’organizzazione del partito. Se questo fosse successo in un altro momento storico saresti stato fucilato sul posto. La mamma è gentile”.

Lei è cristiano, ma ha scoperto la sua fede quando era più vicino all’Italia che alla Cina. Come vivono il loro culto i cinesi in patria? Il governo che atteggiamento ha verso di loro?

Dopo aver lasciato la stazione radio, ho iniziato una vita di emarginazione sociale per 25 anni. Dopo 15 anni di stenti e lotte, per caso, sono entrato a far parte di un coro cattolico. Decisi di accettare il Vangelo. Nel 2010 ho deciso di ricevere il battesimo cattolico. A quel tempo, non ero del tutto consapevole della situazione speciale della chiesa cinese. Non dimenticate che, in quanto madre del Paese e del popolo, il Partito Comunista Cinese ha il diritto di controllare tutto. La persecuzione politica si trasformò quindi in persecuzione religiosa. Arrestarono il vescovo Ma Daqin di Shanghai. Io ero uno dei suoi più accaniti sostenitori. La vita del cattolico cinese è molto difficile.

A partire da gennaio tutti abbiamo visto le immagini di cittadini cinesi prelevati con forza dalle loro abitazioni e obbligati a raggiungere i centri covid. Gli atti di forza da parte delle istituzioni sono episodi frequenti nella Cina di oggi?

Innanzitutto, devo correggere una parola sbagliata contenuta nella domanda. Sotto il governo del Partito Comunista Cinese non esiste il concetto di cittadinanza reale come pensate. I cittadini esistono solo sulle leggi mai applicati da un regime oppressivo. In un Paese senza veri giornalisti è possibile che qualcuno usi il telefono per provare a documentare I fatti reali. Non ho vissuto questa fase in Cina perché ero già fuggito qualche mese prima. Perché fuggire? Perché per me la Cina sotto la dittatura non è mai stata un paese nel senso comune del termine ma un enorme campo di concentramento.

Cosa ne pensa delle proteste che stanno animando Hong Kong?

La gente di Hong Kong è stata abituata a un sistema democratico stabilito dagli inglesi per più di 100 anni. Libertà e giustizia erano le loro madri. Per proteggere se stessi e i loro discendenti dalla schiavitù del totalitarismo e dall’oppressione comunista combattono pacificamente da più di un anno. Oggi, il mondo intero ha visto che il Partito Comunista Cinese utilizza la Legge sulla Sicurezza Nazionale come una nuova Costituzione. Credo che se la comunità internazionale si rendesse conto che proteggere e salvare Hong Kong significa proteggere e salvare se stessa, intraprenderebbe sicuramente azioni più incisive di quelle attuali.

Di cosa si sta occupando in questo momento? Progetti futuri?

L’Italia è un paese libero e bello, la culla del Rinascimento. Attualmente vivo nella regione del grande missionario Matteo Ricci. Qui posso respirare l’essenza del Vangelo. Ho incontrato molte persone che sono molto entusiaste e generose nell’aiutarmi. In particolare, il mio destino si è casualmente incrociato con quello dell’avvocato Luca Antonietti. Lui ha studiato in uno dei feudi del Partito a Shanghai. Mi ha aiutato ad ottenere lo status di rifugiato e mi ha accettato come membro della sua famiglia. Ho riconquistato mio padre, mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle. Attualmente sto scrivendo un libro. Il contenuto parla della mia vita miserabile e del ritrovare la speranza per spiegare al mondo la cultura cinese e le trappole che il Partito Comunista Cinese ha preparato per il mondo.

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

Continua a leggere
Commenta per primo
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Nuovi
Meno recenti Più votati
Feedback in linea
Visualizza tutti i commenti

INTERVISTE

Salute femminile,
IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

© Rec News -

del

Salute femminile, IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

La salute delle donne è un tema di crescente interesse globale, con implicazioni significative per la società nel suo complesso. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici, permangono sfide sostanziali nell’assicurare che le donne ricevano cure adeguate e personalizzate. Questa indagine esplora le strategie farmaceutiche e le innovazioni che stanno rivoluzionando il campo, evidenziando l’importanza di aumentare la consapevolezza e l’accesso alle cure.

La salute delle donne: una questione di equità

Storicamente, la ricerca medica si è concentrata principalmente sulla salute maschile, spesso trascurando le peculiarità biologiche e le esigenze specifiche delle donne. Questa disparità ha avuto un impatto negativo sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie femminili.

Ad esempio, le malattie cardiovascolari, spesso percepite come una minaccia maggiore per gli uomini, sono in realtà la principale causa di decesso patologico tra le donne. L’assenza di sintomi “classici” negli attacchi di cuore femminili è un esempio di come la mancanza di consapevolezza possa essere pericolosa.

Un discorso a parte meritano le malattie reumatologiche che, aspetto spesso sottovalutato, interessano molto le donne in età riproduttiva, costituendo uno dei fattori che possono incidere negativamente sulla natalità¹. «La ragione della prevalenza femminile di queste patologie sembra risiedere nel fatto che queste ultime siano caratterizzate da una predisposizione genetica e ormonale che può favorire lo sviluppo di una risposta autoimmune più aggressiva», chiarisce l’Osservatorio italiano genere donna, che sostiene l’importanza della prevenzione: «Riconoscere la patologia sin dalle prime fasi – scrivono dall’Osservatorio – consente di avviare il percorso terapeutico prima che si verifichino danni permanenti. Oggi, infatti, i medici dispongono di strumenti diagnostici molto sofisticati e terapie che consentono in molti casi di fermare la progressione della malattia e assicurare una buona qualità di vita».

Il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS, dottoressa Elena Ortona

Insomma, «molte patologie si presentano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini”, chiarisce il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS Elena Ortona (in alto nella foto), intervistata da Rec News. «Un esempio emblematico è l’infarto miocardico, che nelle donne può manifestarsi con sintomi atipici come nausea, dolore alla schiena o affaticamento, portando a diagnosi ritardate e a trattamenti meno tempestivi. Inoltre, le donne metabolizzano alcuni farmaci in modo diverso rispetto agli uomini a causa di differenze ormonali ed enzimatiche. In passato, la ricerca farmaceutica si basava principalmente su soggetti maschili, portando a dosaggi non sempre adeguati alle donne. Oggi, la medicina di genere promuove studi più equilibrati per ottimizzare le terapie», puntualizza ancora la dottoressa Ortona.

Strategie farmaceutiche: verso la medicina di genere

Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica ha iniziato a riconoscere l’importanza della medicina di genere, che tiene conto delle differenze sessuali e di genere nella prevenzione, diagnosi e nel trattamento delle malattie. Diversi organismi si stanno focalizzando sempre più sull’universo femminile, avviando ricerche specifiche sul particolare impatto che determinate patologie hanno sulle donne.

In Italia la galassia degli organismi che portano avanti le ricerche cliniche più rappresentative sul tema comprende il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo italiano salute e genere (GISEG).

«La ricerca in medicina di genere – puntualizza ancora la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto notevoli progressi, ma ci sono ancora diverse sfide e opportunità di miglioramento.  Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore attenzione agli studi preclinici e clinici che analizzano le differenze tra uomini e donne. Questo è in parte dovuto ad una maggiore sensibilizzazione e formazione delle ricercatrici e ricercatori all’importanza di considerare il sesso e genere nei propri studi, ma anche al fatto che le principali riviste scientifiche come Nature e Lancet hanno inserito nelle istruzioni per gli autori la regola di mostrare i propri dati in modo disaggregato per sesso».

«Questo – prosegue Ortona – ha portato a una migliore comprensione delle variazioni nella incidenza e manifestazione delle malattie, nella risposta ai farmaci e nei fattori di rischio. Tuttavia, molto deve essere ancora fatto. In particolare, è fondamentale includere in maniera equilibrata soggetti di entrambi i sessi al fine di sviluppare trattamenti mirati che tengano conto delle differenze biologiche e poi analizzare i dati in modo disaggregato. Questo metodo porterà non solo ottimizzare il dosaggio dei farmaci, ma anche progettare nuove molecole e strategie terapeutiche». 

Innovazione tecnologica: La rivoluzione dei dati

Anche l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo cruciale nel trasformare la salute delle donne. L’uso di big data e intelligenza artificiale consente di analizzare enormi volumi di dati per identificare modelli e tendenze che potrebbero sfuggire alle analisi tradizionale. Queste tecnologie stanno iniziando a offrire nuove opportunità per personalizzare le cure e migliorare i risultati sanitari, e per quello che riguarda l’IA possono permettere di individuare precocemente alcune patologie tramite le cosiddette analisi predittive e l’analisi personalizzata e combinata della predisposizione genetica del singolo paziente, dei fattori di rischio e dello stile di vita.

L’Intelligenza Artificiale, inoltre, sembra prestarsi bene alla risoluzione del problema della scarsa o nulla aderenza alle terapie², che riguarda in particolare chi è affetto da patologie croniche e gli anziani. Si tratta di soggetti che rinunciano a curarsi, oppure rinunciano ad adottare stili di vita alternativi in grado di minimizzare il rischio di incorrere in determinate patologie. Tra questi soggetti molte sono le donne, come chiarisce il Portavoce della Rete delle Cattedre UNESCO italiane e professore emerito di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Andrea Lenzi. «Il sesso femminile – spiega Lenzi – è emerso come predittore indipendente di non aderenza ai farmaci ipoglicemizzanti, alla terapia ipolipemizzante e ai regimi farmacologici impiegati dopo un IMA in ampi studi di coorte e meta-analisi». 

Cosa può fare l’IA in un campo come questo? Diventare un assistente virtuale in grado di generare alerts personalizzati che possono migliorare l’aderenza alla cura e aiutare a generare buone abitudini e dunque stili di vita migliorati.

Aumentare la consapevolezza: l’importanza dell’educazione

La medicina di genere e l’intelligenza artificiale stanno quindi ridisegnando il modo in cui viene vissuta e percepita la salute femminile. Ma da sole, ovviamente, potrebbero non bastare. Educare le donne sui loro diritti sanitari e sulle opzioni disponibili è fondamentale per migliorare i risultati di salute, e in questo senso le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi possono aiutare a colmare il divario informativo e a promuovere decisioni sanitarie più informate.

Un altro aspetto riguarda i decisori, come ha ben spiegato la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità: «E’ necessario – ha detto a Rec News – sostenere e incentivare finanziamenti e programmi di ricerca che abbiano la medicina di genere come asse portante, per colmare le lacune ancora presenti e favorire l’innovazione in ambito clinico e farmacologico. Perché pur avendo raggiunto traguardi importanti, la medicina di genere è ancora in una fase evolutiva. Il futuro richiede uno sforzo coordinato per integrare conoscenze multidisciplinari, sviluppare studi più inclusivi e applicare le nuove tecnologie, in modo da garantire – ha concluso – cure sempre più personalizzate ed efficaci».

FONTI:

¹Le malattie autoimmuni reumatologiche, in Genere Donna https://www.generedonna.it/patologie-di-genere/genere-e-autoimmunita/malattie-autoimmuni-reumatologiche/

² Adherence to long-term therapies : evidence for action – Institutional Repository for Information Sharing and World Health Organitation

Continua a leggere

ARTE & CULTURA

Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

© Rec News -

del

Maria Grazia Cucinotta a Rec News: "Vi racconto il mio Sud nel nuovo film da protagonista" (Gallery) - Gli agnelli possono pascolare in pace anteprima
Foto ©Denys Shevchenko/REC NEWS

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.

Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.

Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?

Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.

Il film ha un messaggio particolare?

Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.

Progetti futuri che può anticiparci?

Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.

Continua a leggere

INTERVISTE

Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)

© Rec News -

del

Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video) | Rec News dir. Zaira Bartucca
Continua a leggere

INTERVISTE

Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

© Rec News -

del

Riforma Nordio, Caporale: "Non libera la magistratura dai suoi mali ma colpisce la Giustizia giusta" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale

È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?

Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.

Nordio è un ex magistrato.

Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.

Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?

Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.

Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.

Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.

Erano forse più questi gli aspetti da riformare.

Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.

Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?

C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.

Continua a leggere

Ora di tendenza

© 2018-2025 Rec News - Lontani dal Mainstream. Copyright WEB121116. Direttore Zaira Bartucca, P.IVA 03645570791. Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione (ROC) n. 31911. - Testata online con ricavi inferiori ai 100.000 euro esente da registrazione in Tribunale (Decreto Editoria n. 63/2012 convertito con la legge 103/2012). Vietata la riproduzione anche parziale

error: Vietata ogni tipo di copia e di riproduzione