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L’Annus horribilis che stiamo vivendo non è fatto solo di virus, ma di colpi bassi alla democrazia, invocazioni di Tso di massa, obblighi insensati. Abbiamo parlato di questo e di altro con il senatore della Lega Armando Siri.

Il tema dell’obbligatorietà vaccinale si è presentato con forza negli ultimi mesi. Qual è la posizione del suo partito? 

Io sono un liberale, quindi per me si può parlare solo di libertà di scelta, a maggior ragione se si tratta di presidi medico-sanitari. Non ho nulla contro il vaccino, se qualcuno lo vuole fare ha diritto di farlo, però guai a imporre un trattamento sanitario. Conte si è lasciato sfuggire l’ipotesi di un TSO agli italiani per il vaccino, ma non si rende conto che scherza col fuoco. Siamo un popolo resiliente, non lobotomizzato. Anche Matteo Salvini su questo è stato chiarissimo: la Lega è contraria alla somministrazione obbligatoria del vaccino. 

C’è sintonia su questo argomento con il resto della coalizione di centro-destra?

Su questo punto c’è ampia condivisione.

In questi giorni è partita la consegna per l’Italia delle dosi Pfizer-Biontech. Stando a quanto rendono noto le stesse aziende, la peculiarità di questo vaccino è la possibilità di modificare l’RNA. Chi si assumerà le responsabilità in caso di reazioni avverse?

La Gran Bretagna è il primo Paese d’Europa ad avere a disposizione il vaccino per i propri cittadini che lo chiedono, qui in Italia per ora se ne parla ma ancora non esiste un cronoprogramma per la distribuzione. Come già spiegato da medici, ricercatori e scienziati questo vaccino è definito a RNA Messaggero o mRNA e utilizza una tecnica genetica nuova a differenza dei vaccini tradizionali. Sull’efficacia terapeutica si è già detto che sarà come un vaccino antinfluenzale, ovvero non garantisce un’immunità definitiva ma stagionale. Si parla di circa un 90% di protezione dai sintomi della malattia Covid-19. Per quel che so ad assumersi la responsabilità per le reazioni avverse da vaccinazioni è lo Stato, che quando sottoscrive il contratto con le case farmaceutiche le manleva totalmente da ogni responsabilità. È un tema spinoso. Non voglio demonizzare i vaccini in toto, perché non sarebbe giusto. Però di sicuro intorno a questo tema ci sono zone d’ombra che preoccupano e insospettiscono i cittadini. Lo Stato sembra incapace di fare luce su questi aspetti controversi e si limita a dire “fidati di me”. Toppo poco per questa Epoca, poteva andare bene nel Secolo scorso. 

Ieri il premier mentre annunciava l’ultimo Dpcm ha parlato dell’eventualità di somministrare un Tso a chi non accetterà un vaccino. Cosa ne pensa? La rassicura quel “faremo di tutto per evitarlo”?

Il TSO va fatto a lui e a questo Governo che si ostina a vessare senza la minima ragione logica albergatori, ristoratori, baristi, organizzatori di eventi e congressi, piscine, palestre, e tantissime altre categorie economiche. Tutte imprese che hanno speso parecchi soldi per mettersi a norma sulle disposizioni anti contagio. E comunque il virus, lo dicono centinaia di studi internazionali, non si trasmette tramite la normale socialità ma in luoghi specifici come RSA e Ospedali. Non solo, è stato ampiamente dimostrato che laddove non si sono assunte restrizioni i risultati della curva epidemiologica sono esattamente sovrapponibili ai contesti in cui invece si è scelto di chiudere tutto. È evidente che il Governo persegua un accanimento ideologico contro le imprese che non ha nulla a che fare con la salute dei cittadini. Persino componenti molto autorevoli del CTS di Palazzo Chigi lo hanno confermato pubblicamente. 

Il progetto di un passaporto sanitario che permette di viaggiare, entrare in un negozio, fare vita sociale solo a chi dimostra di non avere il covid19, esiste già. Si chiama “Common Pass” ed è finanziato, tra gli altri, dal World economic Forum. Da lì al prevedere l’obbligatorietà vaccinale, il passo è breve.

Il passo è breve ma fatale. In Italia c’è una Costituzione che nonostante ultimamente sia stata sfregiata e umiliata è l’ultimo baluardo a presidio dei principi dello Stato di Diritto che abbiamo ereditato dal passato grazie a tanti sacrifici e battaglie. Non tollereremo nessuna ulteriore limitazione alle libertà. Siamo già agli sgoccioli e l’occupazione ad oltranza del Parlamento e l’invito ai cittadini alla disobbedienza civile sono a un passo. Nonostante la gravità delle lesioni subite dall’Ordinamento Costituzionale abbiamo fino ad ora mantenuto senso di responsabilità e in qualche caso collaborazione per evitare derive pericolose che possono ulteriormente compromettere il tessuto sociale ed economico del Paese, però a tutto c’è un limite. 

Cosa risponderebbe a chi parla di progetti sottesi all’azione di governo? Il coronavirus è una scusa per giungere a determinati obiettivi in un certo lasso di tempo o sparirà come è stato con Sars e Mers?

Non amo alimentare retropensieri. Le Istituzioni sono uno specchio, come la politica. Magari non tutti ci vediamo riflessi lì dentro ma di sicuro se ci vediamo spettinati non possiamo cambiare l’immagine pettinando lo specchio. Il coronavirus a differenza della Mers e della precedente Sars, che non sono stati così tanto contagiosi, rimarrà ancora in circolazione, ma quel che conta è sapere che nel 99% dei casi può essere curato. Sentendo i medici e gli scienziati (che litigando così tanto tra di loro certamente non hanno dato un gran bel esempio di autorevolezza e credibilità) si può immaginare che nel giro di un paio d’anni potrà essere quasi del tutto debellato. Me lo auguro. 


E’ innegabile che a partire dall’emergenza si sia iniziato a proporre con sempre più insistenza il tema della digitalizzazione. Per alcuni è un’opportunità, per altri il 5G potrebbe esporre a rischi salutari. Le cito per tutti il parere del presidente del Cts dell’ISDE Agostino Di Ciaula, che ha parlato addirittura di alterazioni cellulari, dei geni e cromosomiche. Il fattore salute è stato abbastanza considerato per quanto riguarda la tabella di marcia?

Anche questo è un tema spinoso e suscettibile di condizionamenti irrazionali. La tecnologia non è di per se malevola, semmai è l’uso che se ne fa che può esserlo. Non è escluso che questo avvenga, del resto si sa che il peggior nemico dell’Uomo è l’Uomo stesso. Però l’evoluzione ci dovrebbe dare l’opportunità di emanciparci da questa condizione. Un tempo il coltello era utilizzato solo per uccidere, oggi sappiamo invece che serve soprattutto per tagliare le pietanze. Mi auguro che la stessa consapevolezza valga per la tecnologia 5G. Certo lo Stato e le sue Istituzioni dovrebbero vigilare affinché ogni progresso sia a favore dell’Uomo e non contro di esso. Se lo Stato siamo noi, non abbassiamo la guardia sui nostri limiti e i nostri eccessi.


Gli accordi che riguardano il Green New Deal e la digitalizzazione salveranno l’economia nazionale o non basterà? Che fine faranno le PMI, chi non è legato alla grande distribuzione e chi per un motivo o per l’altro non potrà stare al passo?

Digitale in inglese significa numero, in italiano significa dita. Come vede le parole hanno un peso. Il digitale inteso all’anglosassone è relativo alla realtà virtuale creata da codici alfanumerici e può aiutare l’Uomo a semplificare i processi organizzativi. Ma anche qui vale il concetto dell’uso. Un sistema digitale che semplifica la burocrazia è utile, mentre uno che fa sparire il denaro e lo trasforma in un bit è alienante. Di fatto, però, il mondo sembra andare in quella direzione e gli Stati sono assenti o impreparati, in particolare l’Italia. Non sappiamo tutelare i nostri dati sensibili, non sappiamo imporre il rispetto delle Leggi Fondamentali ai grandi players mondiali di internet, non sappiamo stabilire e difendere la proprietà delle infrastrutture tecnologiche. Lo Stato si comporta come Re Luigi XVI a Versailles, che non si era accorto che il mondo era cambiato, l’economia si era trasformata da agricola a mercantile e per lui non c’era più posto. Oggi che siamo passati dall’analogico al digitale, per lo Stato c’è ancora posto? Questa è la domanda che dovrebbe preoccuparci. Corriamo il grave rischio di vedere scomparire tutto ciò che abbiamo conquistato nei secoli. La politica non discute e non si confronta su questi temi e quando lo fa è spesso vittima di frasi fatte e pregiudizi. Le imprese si difendono se prima ancora si difende un modello di convivenza sociale, economico e civile. Altrimenti andare avanti a spizzichi e bocconi sulla contingenza, ci porterà di sicuro dritti in una nuova dimensione di realtà. Quella che le grandi multinazionali della Silicon Valley hanno progettato occupando uno spazio lasciato vuoto dalla Coscienza Civica. 

Per quanto ancora l’Italia sarà retta dai Dpcm? E’ sufficiente chiedere di essere ascoltati se dall’altro lato c’è un premier come Conte? Perché nessuno parla di sfiducia? 

Noi a differenza del Governo rispettiamo la Costituzione e gli organi dell’Ordinamento democratico, primo fra tutti il Parlamento. Facciamo tutto ciò che la Costituzione ci concede di fare. Andare oltre significherebbe scivolare sul terreno pericoloso di una deriva autoritaria, che è il solco che il Governo sta lambendo in questi mesi. Non ci mettiamo al loro livello e difendiamo la dialettica democratica all’interno delle Istituzioni. Che ci piaccia oppure no, finché in Parlamento la maggioranza avrà i numeri possiamo incidere ben poco. Questa è l’amara verità. Abbiamo chiesto al Capo dello Stato una particolare vigilanza sugli atti del Governo, soprattuto sui provvedimenti che incidono fortemente sui diritti costituzionalmente garantiti. Certo, ripeto ancora una volta, tutto ha un limite e se il Governo proseguirà nel solco al confine dell’autoritarismo, non possiamo escludere che ci sia una reazione spontanea, pacifica, ma ferma dei cittadini che potrebbe sfociare in atti di disobbedienza civile e che non potrà che avere tutto il nostro sostegno.

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

INTERVISTE

Salute femminile,
IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

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Salute femminile, IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

La salute delle donne è un tema di crescente interesse globale, con implicazioni significative per la società nel suo complesso. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici, permangono sfide sostanziali nell’assicurare che le donne ricevano cure adeguate e personalizzate. Questa indagine esplora le strategie farmaceutiche e le innovazioni che stanno rivoluzionando il campo, evidenziando l’importanza di aumentare la consapevolezza e l’accesso alle cure.

La salute delle donne: una questione di equità

Storicamente, la ricerca medica si è concentrata principalmente sulla salute maschile, spesso trascurando le peculiarità biologiche e le esigenze specifiche delle donne. Questa disparità ha avuto un impatto negativo sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie femminili.

Ad esempio, le malattie cardiovascolari, spesso percepite come una minaccia maggiore per gli uomini, sono in realtà la principale causa di decesso patologico tra le donne. L’assenza di sintomi “classici” negli attacchi di cuore femminili è un esempio di come la mancanza di consapevolezza possa essere pericolosa.

Un discorso a parte meritano le malattie reumatologiche che, aspetto spesso sottovalutato, interessano molto le donne in età riproduttiva, costituendo uno dei fattori che possono incidere negativamente sulla natalità¹. «La ragione della prevalenza femminile di queste patologie sembra risiedere nel fatto che queste ultime siano caratterizzate da una predisposizione genetica e ormonale che può favorire lo sviluppo di una risposta autoimmune più aggressiva», chiarisce l’Osservatorio italiano genere donna, che sostiene l’importanza della prevenzione: «Riconoscere la patologia sin dalle prime fasi – scrivono dall’Osservatorio – consente di avviare il percorso terapeutico prima che si verifichino danni permanenti. Oggi, infatti, i medici dispongono di strumenti diagnostici molto sofisticati e terapie che consentono in molti casi di fermare la progressione della malattia e assicurare una buona qualità di vita».

Il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS, dottoressa Elena Ortona

Insomma, «molte patologie si presentano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini”, chiarisce il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS Elena Ortona (in alto nella foto), intervistata da Rec News. «Un esempio emblematico è l’infarto miocardico, che nelle donne può manifestarsi con sintomi atipici come nausea, dolore alla schiena o affaticamento, portando a diagnosi ritardate e a trattamenti meno tempestivi. Inoltre, le donne metabolizzano alcuni farmaci in modo diverso rispetto agli uomini a causa di differenze ormonali ed enzimatiche. In passato, la ricerca farmaceutica si basava principalmente su soggetti maschili, portando a dosaggi non sempre adeguati alle donne. Oggi, la medicina di genere promuove studi più equilibrati per ottimizzare le terapie», puntualizza ancora la dottoressa Ortona.

Strategie farmaceutiche: verso la medicina di genere

Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica ha iniziato a riconoscere l’importanza della medicina di genere, che tiene conto delle differenze sessuali e di genere nella prevenzione, diagnosi e nel trattamento delle malattie. Diversi organismi si stanno focalizzando sempre più sull’universo femminile, avviando ricerche specifiche sul particolare impatto che determinate patologie hanno sulle donne.

In Italia la galassia degli organismi che portano avanti le ricerche cliniche più rappresentative sul tema comprende il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo italiano salute e genere (GISEG).

«La ricerca in medicina di genere – puntualizza ancora la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto notevoli progressi, ma ci sono ancora diverse sfide e opportunità di miglioramento.  Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore attenzione agli studi preclinici e clinici che analizzano le differenze tra uomini e donne. Questo è in parte dovuto ad una maggiore sensibilizzazione e formazione delle ricercatrici e ricercatori all’importanza di considerare il sesso e genere nei propri studi, ma anche al fatto che le principali riviste scientifiche come Nature e Lancet hanno inserito nelle istruzioni per gli autori la regola di mostrare i propri dati in modo disaggregato per sesso».

«Questo – prosegue Ortona – ha portato a una migliore comprensione delle variazioni nella incidenza e manifestazione delle malattie, nella risposta ai farmaci e nei fattori di rischio. Tuttavia, molto deve essere ancora fatto. In particolare, è fondamentale includere in maniera equilibrata soggetti di entrambi i sessi al fine di sviluppare trattamenti mirati che tengano conto delle differenze biologiche e poi analizzare i dati in modo disaggregato. Questo metodo porterà non solo ottimizzare il dosaggio dei farmaci, ma anche progettare nuove molecole e strategie terapeutiche». 

Innovazione tecnologica: La rivoluzione dei dati

Anche l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo cruciale nel trasformare la salute delle donne. L’uso di big data e intelligenza artificiale consente di analizzare enormi volumi di dati per identificare modelli e tendenze che potrebbero sfuggire alle analisi tradizionale. Queste tecnologie stanno iniziando a offrire nuove opportunità per personalizzare le cure e migliorare i risultati sanitari, e per quello che riguarda l’IA possono permettere di individuare precocemente alcune patologie tramite le cosiddette analisi predittive e l’analisi personalizzata e combinata della predisposizione genetica del singolo paziente, dei fattori di rischio e dello stile di vita.

L’Intelligenza Artificiale, inoltre, sembra prestarsi bene alla risoluzione del problema della scarsa o nulla aderenza alle terapie², che riguarda in particolare chi è affetto da patologie croniche e gli anziani. Si tratta di soggetti che rinunciano a curarsi, oppure rinunciano ad adottare stili di vita alternativi in grado di minimizzare il rischio di incorrere in determinate patologie. Tra questi soggetti molte sono le donne, come chiarisce il Portavoce della Rete delle Cattedre UNESCO italiane e professore emerito di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Andrea Lenzi. «Il sesso femminile – spiega Lenzi – è emerso come predittore indipendente di non aderenza ai farmaci ipoglicemizzanti, alla terapia ipolipemizzante e ai regimi farmacologici impiegati dopo un IMA in ampi studi di coorte e meta-analisi». 

Cosa può fare l’IA in un campo come questo? Diventare un assistente virtuale in grado di generare alerts personalizzati che possono migliorare l’aderenza alla cura e aiutare a generare buone abitudini e dunque stili di vita migliorati.

Aumentare la consapevolezza: l’importanza dell’educazione

La medicina di genere e l’intelligenza artificiale stanno quindi ridisegnando il modo in cui viene vissuta e percepita la salute femminile. Ma da sole, ovviamente, potrebbero non bastare. Educare le donne sui loro diritti sanitari e sulle opzioni disponibili è fondamentale per migliorare i risultati di salute, e in questo senso le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi possono aiutare a colmare il divario informativo e a promuovere decisioni sanitarie più informate.

Un altro aspetto riguarda i decisori, come ha ben spiegato la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità: «E’ necessario – ha detto a Rec News – sostenere e incentivare finanziamenti e programmi di ricerca che abbiano la medicina di genere come asse portante, per colmare le lacune ancora presenti e favorire l’innovazione in ambito clinico e farmacologico. Perché pur avendo raggiunto traguardi importanti, la medicina di genere è ancora in una fase evolutiva. Il futuro richiede uno sforzo coordinato per integrare conoscenze multidisciplinari, sviluppare studi più inclusivi e applicare le nuove tecnologie, in modo da garantire – ha concluso – cure sempre più personalizzate ed efficaci».

FONTI:

¹Le malattie autoimmuni reumatologiche, in Genere Donna https://www.generedonna.it/patologie-di-genere/genere-e-autoimmunita/malattie-autoimmuni-reumatologiche/

² Adherence to long-term therapies : evidence for action – Institutional Repository for Information Sharing and World Health Organitation

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ARTE & CULTURA

Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

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Maria Grazia Cucinotta a Rec News: "Vi racconto il mio Sud nel nuovo film da protagonista" (Gallery) - Gli agnelli possono pascolare in pace anteprima
Foto ©Denys Shevchenko/REC NEWS

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.

Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.

Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?

Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.

Il film ha un messaggio particolare?

Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.

Progetti futuri che può anticiparci?

Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.

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INTERVISTE

Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)

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Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video) | Rec News dir. Zaira Bartucca
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INTERVISTE

Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

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Riforma Nordio, Caporale: "Non libera la magistratura dai suoi mali ma colpisce la Giustizia giusta" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale

È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?

Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.

Nordio è un ex magistrato.

Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.

Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?

Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.

Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.

Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.

Erano forse più questi gli aspetti da riformare.

Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.

Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?

C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.

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