

INTERVISTE
Musacchio avverte: l’Italia dei dpcm, corrotta e pervasa dalle mafie è destinata a fallire
Vincenzo Musacchio è giurista, più volte professore di diritto penale e criminologia in varie Università italiane ed estere, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark, ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ anche, ci racconta “discepolo di Giuliano Vassalli, allievo e amico di Antonino Caponnetto”. I lettori di Rec News lo ricordano anche per i suoi interessanti pareri pubblicati su questo sito. In questa intervista ad ampio respiro, il professore tasta il polso a un’Italia a forte emergenza democratica, in cui si assiste alla sistematica negazione dei diritti fondamentali, in cui la meritocrazia è bandita e dove – di contro – la criminalità organizzata e la corruzione pervadono ogni settore. Interventi mirati, tuttavia – spiega Musacchio – permetterebbero al Paese di rilanciarsi sia sul piano sociale che su quello economico.
Il suo parere di giurista: si può governare l’Italia a suon di Dpcm?
Governare con i dpcm significa che la gerarchia delle fonti vada a farsi friggere, e che con essa sia a rischio anche il principio di legalità, caposaldo di uno Stato democratico di matrice solidaristico sociale com’è il nostro. Andrebbe restituita immediatamente centralità al Parlamento, cuore pulsante di una democrazia rappresentativa come la nostra. Invece, si va esattamente nel senso contrario. Il dpcm sposta decisioni che spetterebbero al Parlamento, al Presidente del Consiglio, a un singolo ministro e addirittura ai presidenti delle regioni, segnando in tal modo, a mio giudizio, il periodo più buio del diritto costituzionale repubblicano.
E’ d’accordo con il presidente emerito della Corte Costituzionale Annibale Marini quando dice che Conte ha agito contro la Costituzione?
A mio parere (mi riferisco al dpcm del 4 novembre 2020) è palesemente incostituzionale l’esercizio di attribuzioni, così dirompenti e invasive, che consentano al Presidente del Consiglio di delegare al ministro della Salute e ai presidenti di Regione decisioni rilevanti sul destino dei cittadini, senza un atto avente forza di legge alla base di questo potere. Il dpcm è un atto amministrativo e quindi non è sottoposto al controllo preventivo e all’emanazione del Presidente della Repubblica, tantomeno al controllo del Parlamento e della Corte Costituzionale. Non è più ammissibile che decisioni così fondamentali per la nostra vita siano sottratte al Parlamento. A proposito d’ipotesi di dubbia costituzionalità, penso immediatamente alla libertà di circolazione (art. 16 Cost.) e alla libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.): due libertà che possono subire limitazioni, in una situazione eccezionale come quella che stiamo vivendo, e che possono cedere il passo alla tutela della salute pubblica, ma soltanto a condizione che le limitazioni stesse siano previste dalla legge o almeno da un atto avente forza di legge. Cosa che purtroppo non sta accadendo.
Ci sono ancora garanzie per il cittadino, c’è rispetto per le libertà fondamentali o sono fondati i timori di chi pensa che con la scusa del virus ci si sia spinti troppo in là?
Guardi, qui si rischia che venga meno la certezza del diritto che consente ai cittadini di capire, di adempiere i propri doveri e soprattutto di avere fiducia che le proprie istituzioni siano radicate in quei valori costituzionali che tengono insieme la nostra convivenza ed evitano pericolosi arbitri. Stiamo correndo il rischio di abbandonare la retta via dello Stato di diritto e delle sue regole e questo può essere pericolosissimo, si rischia il caos, e noi tutti sappiamo a cosa può condurre.
La criminalità organizzata si nasconde sempre più tra i colletti bianchi. Guardando la cronaca, si nota che ormai interessa la politica, il mondo dell’associazionismo e delle cooperative, chi dovrebbe amministrare la legge. Come si risolve?
Ingenuo chi pensasse di sconfiggere il sistema mafioso solo con le forze dell’ordine e la magistratura. La prevenzione è la medicina giusta ed è il presupposto per l’efficacia della repressione. Prevenire la delinquenza comune e organizzata dovrebbe essere una priorità dell’agenda politica. Sono convinto che le politiche sociali e culturali siano il migliore strumento per sconfiggere la criminalità organizzata, purtroppo, anche queste sono di competenza della politica. Sul come uscirne fuori, mi piace molto ricordare la frase di Paolo Borsellino quando afferma che la lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. Cominciamo a impedire qualsiasi incarico politico e amministrativo a chi è rinviato a giudizio per delitti che riguardano mafia e corruzione. Sarebbe già un buon inizio.
L’Italia esce devastata da un’indagine Istat, secondo cui oltre un milione di famiglie si sono trovati coinvolti in episodi di corruzione. Denaro, regali, favori, una pubblica amministrazione tutt’altro che meritocratica. A volte, una compiacenza che coincide col non voler denunciare, magari perché si è delusi dall’atteggiamento di certa magistratura. Davvero non si può fare nulla?
I politici, sciaguratamente, con il sistema clientelare del “mangia tu e mangio io”, hanno distribuito inutili posti di lavoro e finanziamenti pubblici a pioggia e questo ha prodotto la situazione critica in cui siamo. Credo che il pericolo più grande che si corre nell’immediato sia una decrescita senza precedenti con tassi di disoccupazione altissimi e consumi ridotti al minimo. Se non s’inverte la rotta e non si va verso un vero governo di salvezza nazionale, la catastrofe potrebbe essere inevitabile. Ovviamente, questo scenario potrebbe ancora essere evitato qualora l’Italia fosse meno divisa con più persone giuste al posto giusto.
Di quali interventi legislativi ha bisogno l’Italia per migliorarsi?
Guardi, io lo dico in ogni luogo dove sono invitato a parlare. Io comincerei a occuparmi seriamente di tre problemi atavici del nostro Paese: mafie, corruzione ed evasione fiscale. Il popolo italiano deve svegliarsi dal suo lungo letargo, in alcuni casi anche di convenienza, credere nel suo potenziale e renderlo volano per una possibile ripresa economica, politica e sociale. Il Sud e il Nord non esistono poiché siamo tutti insieme un unico Paese e quest’unità potrebbe farci esprimere al meglio il nostro vero potenziale. Ovviamente a tutto questo dovrebbe aggiungersi una vera riforma della Giustizia, delle serie politiche sociali, una rivisitazione in senso pubblico della Sanità che è a pezzi e una radicale riforma della Scuola, dell’Università e della ricerca scientifica.
Lei ha un background internazionale e leggo di sue collaborazioni con importanti Istituti esteri. Fuori come vedono il “Belpaese”?
Glielo dico con un episodio realmente accaduto. Facendo parte di una commissione sulla riforma dell’art 416bis e la conseguente introduzione in ambito europeo ho contatti con alcuni colleghi tedeschi molto preparati. Uno di questi un giorno mi ha fatto comprendere quale fosse la differenza sostanziale tra l’Italia e la Germania. Concorso da primario ospedaliero in Germania. Concorrono due medici, uno bravo e uno meno bravo ma raccomandato dalla politica. Vince il più bravo e il meno bravo farà al massimo il vice primario. Concorso da primario ospedaliero in Italia: il contrario! Questo ovviamente vale in molti settori non solo nella sanità. L’Italia è vista come un paese dove la competenza e la meritocrazia contano poco. A tal proposito le dico che io stesso sono stato scelto dagli Istituti esteri (Stati Uniti e Gran Bretagna) con i quali collaboro in base alla valutazione anonima del mio curriculum. Non hanno valutato la persona ma ciò che ha fatto.
Come vede il futuro dell’Italia? E’ ottimista o pensa che gli episodi di cattiva gestione ci schiacceranno?
Non sono particolarmente ottimista perché manca progettualità. La politica pensa al presente e non al futuro di questo Paese e questo mi preoccupa moltissimo essendo genitore. Gli scenari prevedibili purtroppo credo dipenderanno molto dalla nostra classe politica e dalla sua capacità di attuare riforme indispensabili che diano fiducia a un Paese impoverito e sfiduciato. Importanti saranno anche i rapporti futuri tra gli Stati membri dell’Unione europea. Non d’importanza secondaria le trattative per una nuova visione globale degli scenari geopolitici internazionali. Abbiamo qualche chance di uscire bene da queste sfide se avremo una classe politica degna di questo nome e se avremo come faro la nostra Carta Costituzionale. Sono convinto che il futuro dell’Italia si possa costruire riscoprendo in chiave moderna la Costituzione e lo spirito dei nostri padri Costituenti.
INTERVISTE
Salute femminile,
IA e medicina di genere: innovazioni, sfide e prospettive per un futuro più equo

La salute delle donne è un tema di crescente interesse globale, con implicazioni significative per la società nel suo complesso. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici, permangono sfide sostanziali nell’assicurare che le donne ricevano cure adeguate e personalizzate. Questa indagine esplora le strategie farmaceutiche e le innovazioni che stanno rivoluzionando il campo, evidenziando l’importanza di aumentare la consapevolezza e l’accesso alle cure.
La salute delle donne: una questione di equità
Storicamente, la ricerca medica si è concentrata principalmente sulla salute maschile, spesso trascurando le peculiarità biologiche e le esigenze specifiche delle donne. Questa disparità ha avuto un impatto negativo sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie femminili.
Ad esempio, le malattie cardiovascolari, spesso percepite come una minaccia maggiore per gli uomini, sono in realtà la principale causa di decesso patologico tra le donne. L’assenza di sintomi “classici” negli attacchi di cuore femminili è un esempio di come la mancanza di consapevolezza possa essere pericolosa.
Un discorso a parte meritano le malattie reumatologiche che, aspetto spesso sottovalutato, interessano molto le donne in età riproduttiva, costituendo uno dei fattori che possono incidere negativamente sulla natalità¹. «La ragione della prevalenza femminile di queste patologie sembra risiedere nel fatto che queste ultime siano caratterizzate da una predisposizione genetica e ormonale che può favorire lo sviluppo di una risposta autoimmune più aggressiva», chiarisce l’Osservatorio italiano genere donna, che sostiene l’importanza della prevenzione: «Riconoscere la patologia sin dalle prime fasi – scrivono dall’Osservatorio – consente di avviare il percorso terapeutico prima che si verifichino danni permanenti. Oggi, infatti, i medici dispongono di strumenti diagnostici molto sofisticati e terapie che consentono in molti casi di fermare la progressione della malattia e assicurare una buona qualità di vita».

Il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS, dottoressa Elena Ortona
Insomma, «molte patologie si presentano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini”, chiarisce il direttore del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS Elena Ortona (in alto nella foto), intervistata da Rec News. «Un esempio emblematico è l’infarto miocardico, che nelle donne può manifestarsi con sintomi atipici come nausea, dolore alla schiena o affaticamento, portando a diagnosi ritardate e a trattamenti meno tempestivi. Inoltre, le donne metabolizzano alcuni farmaci in modo diverso rispetto agli uomini a causa di differenze ormonali ed enzimatiche. In passato, la ricerca farmaceutica si basava principalmente su soggetti maschili, portando a dosaggi non sempre adeguati alle donne. Oggi, la medicina di genere promuove studi più equilibrati per ottimizzare le terapie», puntualizza ancora la dottoressa Ortona.
Strategie farmaceutiche: verso la medicina di genere
Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica ha iniziato a riconoscere l’importanza della medicina di genere, che tiene conto delle differenze sessuali e di genere nella prevenzione, diagnosi e nel trattamento delle malattie. Diversi organismi si stanno focalizzando sempre più sull’universo femminile, avviando ricerche specifiche sul particolare impatto che determinate patologie hanno sulle donne.
In Italia la galassia degli organismi che portano avanti le ricerche cliniche più rappresentative sul tema comprende il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo italiano salute e genere (GISEG).
«La ricerca in medicina di genere – puntualizza ancora la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto notevoli progressi, ma ci sono ancora diverse sfide e opportunità di miglioramento. Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore attenzione agli studi preclinici e clinici che analizzano le differenze tra uomini e donne. Questo è in parte dovuto ad una maggiore sensibilizzazione e formazione delle ricercatrici e ricercatori all’importanza di considerare il sesso e genere nei propri studi, ma anche al fatto che le principali riviste scientifiche come Nature e Lancet hanno inserito nelle istruzioni per gli autori la regola di mostrare i propri dati in modo disaggregato per sesso».
«Questo – prosegue Ortona – ha portato a una migliore comprensione delle variazioni nella incidenza e manifestazione delle malattie, nella risposta ai farmaci e nei fattori di rischio. Tuttavia, molto deve essere ancora fatto. In particolare, è fondamentale includere in maniera equilibrata soggetti di entrambi i sessi al fine di sviluppare trattamenti mirati che tengano conto delle differenze biologiche e poi analizzare i dati in modo disaggregato. Questo metodo porterà non solo ottimizzare il dosaggio dei farmaci, ma anche progettare nuove molecole e strategie terapeutiche».
Innovazione tecnologica: La rivoluzione dei dati
Anche l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo cruciale nel trasformare la salute delle donne. L’uso di big data e intelligenza artificiale consente di analizzare enormi volumi di dati per identificare modelli e tendenze che potrebbero sfuggire alle analisi tradizionale. Queste tecnologie stanno iniziando a offrire nuove opportunità per personalizzare le cure e migliorare i risultati sanitari, e per quello che riguarda l’IA possono permettere di individuare precocemente alcune patologie tramite le cosiddette analisi predittive e l’analisi personalizzata e combinata della predisposizione genetica del singolo paziente, dei fattori di rischio e dello stile di vita.
L’Intelligenza Artificiale, inoltre, sembra prestarsi bene alla risoluzione del problema della scarsa o nulla aderenza alle terapie², che riguarda in particolare chi è affetto da patologie croniche e gli anziani. Si tratta di soggetti che rinunciano a curarsi, oppure rinunciano ad adottare stili di vita alternativi in grado di minimizzare il rischio di incorrere in determinate patologie. Tra questi soggetti molte sono le donne, come chiarisce il Portavoce della Rete delle Cattedre UNESCO italiane e professore emerito di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Andrea Lenzi. «Il sesso femminile – spiega Lenzi – è emerso come predittore indipendente di non aderenza ai farmaci ipoglicemizzanti, alla terapia ipolipemizzante e ai regimi farmacologici impiegati dopo un IMA in ampi studi di coorte e meta-analisi».
Cosa può fare l’IA in un campo come questo? Diventare un assistente virtuale in grado di generare alerts personalizzati che possono migliorare l’aderenza alla cura e aiutare a generare buone abitudini e dunque stili di vita migliorati.
Aumentare la consapevolezza: l’importanza dell’educazione
La medicina di genere e l’intelligenza artificiale stanno quindi ridisegnando il modo in cui viene vissuta e percepita la salute femminile. Ma da sole, ovviamente, potrebbero non bastare. Educare le donne sui loro diritti sanitari e sulle opzioni disponibili è fondamentale per migliorare i risultati di salute, e in questo senso le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi possono aiutare a colmare il divario informativo e a promuovere decisioni sanitarie più informate.
Un altro aspetto riguarda i decisori, come ha ben spiegato la dottoressa Ortona dell’Istituto Superiore di Sanità: «E’ necessario – ha detto a Rec News – sostenere e incentivare finanziamenti e programmi di ricerca che abbiano la medicina di genere come asse portante, per colmare le lacune ancora presenti e favorire l’innovazione in ambito clinico e farmacologico. Perché pur avendo raggiunto traguardi importanti, la medicina di genere è ancora in una fase evolutiva. Il futuro richiede uno sforzo coordinato per integrare conoscenze multidisciplinari, sviluppare studi più inclusivi e applicare le nuove tecnologie, in modo da garantire – ha concluso – cure sempre più personalizzate ed efficaci».
FONTI:
¹Le malattie autoimmuni reumatologiche, in Genere Donna https://www.generedonna.it/patologie-di-genere/genere-e-autoimmunita/malattie-autoimmuni-reumatologiche/
² Adherence to long-term therapies : evidence for action – Institutional Repository for Information Sharing and World Health Organitation
ARTE & CULTURA
Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.
Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.
Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?
Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.
Il film ha un messaggio particolare?
Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.
Progetti futuri che può anticiparci?
Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.
INTERVISTE
Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)
INTERVISTE
Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale
È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?
Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.
Nordio è un ex magistrato.
Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.
Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?
Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.
Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.
Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.
Erano forse più questi gli aspetti da riformare.
Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.
Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?
C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.