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Al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
On. Dario Franceschini 

Al Ministro dell’Istruzione
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Al Ministro delle Politiche Giovanili e dello Sport
On. Vincenzo Spadafora 

Gentilissimi, 75 anni di vita per AIG. Tanti, effettivamente, ma mai troppi, da quel lontano 19 dicembre del 1945, quando a Roma, per iniziativa di Aldo Franco Pessina, nasceva l’Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù. Con Pessina, a stringersi la mano sul marciapiede di via Panisperna, un gruppo di suoi amici e sodali, visionari e romantici come lui, tra cui: Renato De Zerbi, rappresentante della presidenza del Consiglio dei Ministri; Oreste Del Porto, reggente della Direzione Generale del Turismo; Orazio Martinelli, Commissario Nazionale dell’Ente Nazionale Industrie Turistiche (così si chiamava allora, e il termine “Industrie” non era peregrino); Vincenzo Candeloro, Commissario della Gioventù Italiana (ex Gil); Luigi Bergnera, Presidente Associazione Campeggiatori Turistici Italiani; e Nello Ferrini (l’architetto degli Ostelli).

Un sodalizio “benedetto” da personalità come Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi che ne riconobbero ben presto il valore, gli scopi e la funzione a beneficio del Paese. Con una consolidata e capillare organizzazione “low cost” per studenti, giovani, famiglie e sociale, punto di riferimento per milioni di persone, ed oggi più che mai vera opportunità per rilanciare l’economia turistica italiana e il turismo scolastico dopo l’emergenza sanitaria, l’Ente morale e di promozione sociale AIG è incappato di recente in una procedura fallimentare cui si sta opponendo con decisione, forte anche del generale sostegno delle forze di Governo, più volte palesato, e da ogni parte politica di maggioranza e opposizione, ma ancora in attesa di una definitiva via d’uscita.

Residenze culturali oltre che fisiche

Il 2020 è stato un disastro per tutto il comparto turistico nazionale, e anche per l’Associazione si è trattato di un momento difficilissimo, destinato a non poter essere facilmente superato se non sarà effettivamente e debitamente valutato il suo insostituibile e prezioso ruolo svolto per tutto questo tempo a favore del turismo, dell’aggregazione, del sociale, della formazione, della cultura. Gli Ostelli della Gioventù, restano oggi di fatto la più grande catena alberghiera del nostro Paese, con strutture d’accoglienza sparse su tutto il territorio nazionale pronte a rinnovarsi per svolgere meglio il loro compito.

Già negli ultimi anni, forte della sua ispirazione etica, morale, sociale e culturale, l’Associazione in effetti ha posto le basi di un radicale rinnovamento e rilancio, che si era avviato a trasformare gli Ostelli italiani in vere e proprie “residenze culturali”, con l’impegno nell’offrire ai suoi frequentatori e al territorio di riferimento degli Ostelli, un nuovo riferimento nel nome e per conto della Cultura, dell’Arte, dello Spettacolo di qualità.

AIG si avvia verso la probabile chiusura

Sull’esempio di quanto avvenuto in Germania qualche decennio, prima, nel 1908 esattamente, l’Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù di Pessina è nata per contribuire a risolvere una grande necessità giovanile: la mobilità, il viaggio, l’incontro, lo spostamento, cui ha puntualmente ed effettivamente ottemperato. Dopo 75 anni gloriosi, però, la rete degli Ostelli italiani dell’AIG con la sua grande storia sociale, si avvia purtroppo verso la probabile chiusura, fiaccata dalla crisi, e in attesa di essere debitamente sostenuta, ma comunque pronta, come si diceva, a riaffermare, rivalutare e rilanciare il proprio ruolo e la propria missione, oggi più che mai indispensabili per assicurare mobilità e ospitalità lungo il BelPaese a turisti, scolaresche, studenti, famiglie.

I Laboratori organizzati tra il 2013 e il 2017, le presentazioni di libri, i convegni, le tavole rotonde, i mille eventi che hanno visto protagonisti l’AIG e gli Ostelli italiani, ma anche e soprattutto i tanti e significativi protocolli d’intesa sottoscritti con vari Enti, Istituzioni, Sodalizi, sono state tappe di questo suo rinnovamento, di questa voglia di esserci, di contare, di migliorare, di “servire”. E c’è perciò da augurarsi che il futuro possa tornare presto roseo, anche per il fatto che la storica realtà degli Ostelli italiani è un patrimonio pratico e ideale, oltre che una vicenda di passione e di speranza, con ogni nuovo Ostello nato, ogni nuovo evento realizzato, un motivo di orgoglio ed entusiasmo.

Sotto questo profilo, la Via degli Ostelli è stata anche – non sembri esagerato – come una sorta di via Francigena, un percorso messo a disposizione di chiunque per ritrovare e riflettere sull’essere, sul senso del viaggio e della scoperta, del confronto, dell’incontro tra civiltà, e per così dire, della civiltà dell’incontro… Gli Ostelli italiani, insomma, come un corpus di grande e in parte inespressa potenzialità, per avvicinare prima, per formare poi, per stimolare e sollecitare i più vari interessi e per far crescere i giovani in ogni direzione: in quella del confronto, dello scambio, dell’apertura e della tolleranza nel percorso educativo di ognuno.

In un momento in cui, come sembra, saranno assolutamente indispensabili iniziative sociali, iniziative in grado di poter assicurare a tutti e ai giovani in particolare nuove e pronte occasioni di crescita, gli Ostelli sarebbero destinati a rientrare presto e decisamente al centro degli interessi e della “progettualità” quali occasioni di apprendimento e maturazione di competenze spendibili nel mondo del lavoro e nello specifico in quello del turismo scolastico e sociale.

Ed è chiaro che il buon funzionamento degli Ostelli e la disponibilità di una buona rete sull’intero territorio potrà costituire un’opportunità anche per gli adulti e, in particolare, per le categorie svantaggiate, destinate, purtroppo, come sembra, a crescere in proporzioni senza precedenti. Oltre che, naturalmente, per il turismo straniero.

L’Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù ha lavorato con entusiasmo fino ad oggi, garantendo accoglienza e ospitalità a milioni di persone, pur dovendo far fronte alle mutate esigenze del “viaggiatore” moderno, agli insostenibili costi della tassazione, e ad una spietata ed incontrollata “concorrenza” di B&B, Case-vacanza, Case-accoglienza, Agriturismi, Fittacamere e via dicendo, cavalcando comunque il secolo e cambiando radicalmente l’iniziale caratteristica passiva del ‘rifugio’, per assumere quella attiva di ‘servizio’. Ma sempre non tradendo lo spirito iniziale di voler favorire i rapporti tra persona e persona.

Strumenti d’evoluzione civica che agevolano il contatto e lo scambio tra persone

Gli Ostelli sono divenuti così, appunto, e propriamente, un “servizio”: quello che una comunità civile deve assicurare ai propri cittadini, alle proprie famiglie, ai propri giovani e anche ai giovani delle altre comunità nazionali, per contribuire a creare una comunità civile. E non a caso, spiegava il fondatore di AIG, Aldo Franco Pessina (una sorta di Buden Powell italiano, e di analoga caratura culturale ed ideale) si assiste al fatto che, nel mondo, gli Ostelli per la Gioventù sono più diffusi e sostenuti là dove più elevato è il livello di welfare. Gli Ostelli, non sono infatti solo turismo, ma anche e soprattutto luoghi educativi, sono nati di fatto per favorire il turismo scolastico, dunque come essenziali strumenti d’evoluzione civica…

Chiudere l’Aig, lasciarla spegnersi, buttare all’aria la sua storia, la sua esperienza, la sua organizzazione, vorrebbe dire non solo procurare un danno serio e irreversibile a chi ci lavora, ma, sia ben chiaro, all’intero sistema-Paese, già a pezzi, e che da questa pandemia uscirà comunque assai malconcio, con un’economia disastrata che non dovrebbe essere, appunto, pure privata di un’imprescindibile opportunità di accoglienza e mobilità per tutti, quella assicurata da AIG per 75 anni. Per poter così tornare a muoversi e trovare pronta, cordiale ed economica accoglienza, senza dover spendere necessariamente una fortuna. Per poter tornare a incontrarsi, a confrontarsi, a progettare, a costruire sviluppo e rinascita.

La parola “fine”, sembra pendere dunque, e purtroppo, improvvisa, triste, sconcertante e assolutamente inattesa, su una storia gloriosa, importante, di pubblico servizio e utilità, con l’Italia che grazie ad AIG, e con AIG, è da sempre tra i membri qualificati della Federazione Internazionale degli Ostelli (International Youth Hostel Federation), di cui fanno parte 80 nazioni del mondo con rispettive reti nazionali, quasi tutte direttamente supportate e finanziate dai rispettivi governi, oppure sostenute con finanziamenti e agevolazioni fiscali, ma mai comunque lasciate in solitudine e a sé stesse…

Oggi che la generale predisposizione al viaggio e il trasporto low cost aereo soprattutto, hanno modificato la mentalità di turisti e viaggiatori predisponendoli ad una spesa più ragionata per l’alloggio, gli Ostelli sono ritornati di gran moda in ogni parte del mondo come luoghi ideali, necessari, indispensabili non solo per la giovinezza, ma per il diritto di ognuno ad incontrare, confrontare, rapportare, inventare un mondo nuovo attraverso il turismo per tutti e alla portata di tutti. Un modo, un’opportunità, una dimensione, uno stile capace di arricchire il viaggio con ulteriori preziosi elementi.

Confido, confidiamo, anche per questo in un Vostro autorevole intervento.

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LETTERE

La Psicologia Artistica

di Paolo Battaglia La Terra Borgese*

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La Psicologia Artistica | Rec News dir. Zaira Bartucca

La psicologia ha da qualche tempo cercato di rendersi conto della natura dei fatti artistici in riferimento alla psiche umana, sollevando una serie di problemi ai quali, se non una soluzione, ha dato almeno una impostazione seria e chiara.

Il tentativo di spiegare psicologicamente l’arte e l’artista incontra naturalmente i suoi limiti in due ordini di fatti: il primo è che la psicologia non è ancora in grado di precisare metodi e soluzioni definitive rivolgendosi a un campo, l’interiorità umana, che proprio per sua natura è molto difficile a cogliere in modo sperimentale nella sua purezza.

Il secondo è che la psicologia artistica vale, in ogni caso, ad illuminare un tipo di condizioni dell’esperienza estetica dell’uomo, ma non già l’esperienza estetica nella sua complessità e varietà di piani: i suoi risultati saranno perciò inadeguati a una completa spiegazione del fenomeno artistico.

È tuttavia di grande importanza rivelare i problemi che la psicologia moderna ha sollevato nel campo dell’estetica. Tali studi sono stati condotti soprattutto negli USA in corrispondenza alla tendenza generale della cultura di quel Paese di risolvere con lo psicologismo l’intera vita spirituale. Una prima serie di questioni s’innesta all’osservazione dell’attività creativa. Si studia, in questo caso, il funzionamento della mente dell’artista nella misura in cui essa può essere sperimentata.

Si procede a distinguere diverse fasi: una di preparazione, una di incubazione, una di illuminazione, una di verifica, e si riconosce in questo processo un atteggiamento particolare dell’artista verso gli oggetti della sua esperienza; atteggiamento che, a confronto dell’uomo normale, rivela maggiore attività del soggetto e una sua tendenza a esprimere qualche cosa da sé. La fonte di questi studi è naturalmente costituita in gran parte dalle confessioni degli stessi artisti.

È per esempio comune a molti di essi lavorare per molto tempo alla ricerca di una felice intuizione che rischiari tutta l’opera e che si verifichi solo più tardi e improvvisamente; dunque la psicologia forma l’ipotesi che il cosiddetto lavoro senza frutto sia in realtà necessario perché un meccanismo psichico si organizzi e riesca, alla fine, a produrre un risultato positivo. Un altro genere di analisi è rivolto a scoprire le reazioni psicologiche dell’artista nel corso della stessa esecuzione dell’opera: le bozze, le correzioni, le prove, i rifacimenti possono testimoniare il succedersi di reazioni emotive che hanno guidato il lavoro dell’artista e che la psicologia cerca di rintracciare e spiegare.

L’indagine psicologica si rivolge poi all’ambiente culturale e sociale in cui vive l’artista e cerca di trarre un duplice ordine di conclusioni: anzitutto accertare l’influenza dell’ambiente sulla formazione mentale dell’artista, e, in secondo luogo, scoprire come l’artista stesso reagisca alle condizioni in cui gli è stato dato di vivere. In questo caso possono costituire materia di informazioni alla scienza sia le opere, sia il comportamento dell’artista nelle sue relazioni sociali.

Ancora, la psicologia studia il formarsi del gusto e il particolare sviluppo che la mentalità dell’artista segue per arrivare a compiere la propria destinazione estetica. In definitiva, questa parte della psicologia artistica si pone il problema di indagare le condizioni fisiopsichiche della creazione artistica e che cosa le faccia differire dalla struttura psicologica dell’uomo normale.

Una seconda serie di ricerche si appunta invece ai valori estetici delle opere d’arte per sapere a quali reazioni psicologiche corrisponda nel contemplare l’esperienza della bellezza. Si tratta, in altre parole, di vedere quali sono le qualità di un’opera che suscitano in noi emozioni tali per cui noi affermiamo di trovarci dinnanzi alla bellezza artistica. Si possono allora distinguere, nel fenomeno della contemplazione, gli elementi riguardanti l’atteggiamento dello spettatore (visione disinteressata, intuizione, catarsi ecc.) e vedere a quali elementi obiettivi si debba riferirli.

L’estetica sperimentale studia appunto la forma oggettiva e le singole emozioni e reazioni che possono suscitare in noi e che, coi processi della psicologia, possono essere controllate e verificate. Studi di tal genere si propongono per esempio di accertare il valore emotivo delle pure forme geometriche (il perfetto rettangolo, la migliore croce, il profilo dorato), la piacevolezza dei colori, l’espressività delle linee e gli effetti della musica.

A proposito di quest’ultima, in particolare, sono state condotte indagini per rilevare il riflesso della melodia e del ritmo sui processi organici, l’umore che essi suscitano, l’uniforme tonalità sentimentale che creano nell’uditorio, il valore altamente emotivo del tempo veloce e del tempo lento con le particolari variazioni dei ritmi. A sua volta di fronte alla musica si distinguono i vari atteggiamenti dell’ascoltatore: c’è il tipo intersoggettivo che reagisce con impulso eccitativo, il tipo associativo che analizza e critica gli elementi della composizione, il tipo caratterizzatore che interpreta con qualità umane (morbidezza, allegria, misticismo) la musica stessa.

Allo stesso modo la recitazione e la lettura dei versi del periodo in prosa, la particolare cadenza della voce, la pausa, ecc. sono altrettanti piani d’indagine per uno studio che voglia fissare i riflessi psicologici della poesia e della letteratura. Analoghe ricerche vengono pure condotte per ogni altra arte.

Il termine «psicologia artistica» vale anche a significare la psicologia dei personaggi nelle opere di letteratura, specie nel romanzo. In tal caso si possono distinguere la posizione naturalistica che tende a riprodurre esattamente i movimenti fisiopsichici dell’agire umano e quella idealizzante che risolve i problemi psicologici in schemi ideali, per cui si sviluppa una psicologia che non è più quella dell’uomo reale, ma è un elemento della composizione artistica a cui concorre e alle cui leggi estetiche si sottomette. La psicologia diviene la forma stessa in cui si ordina l’agire dell’uomo nella letteratura.

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LA SEGNALAZIONE

“Mia sorella sottoposta senza motivo a quattro TSO”

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"Io, minacciato e obbligato a più di una decina di TSO, solo perché ho risposto a un vicino" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Buongiorno gentilissima redazione. Vorrei narrarvi la storia di mia sorella di 54 anni, 4 tso e altrettanti ASO. Ultimo oggi, con obbligo iniezione con farmaco psichiatrico. È partito tutto da alcuni parenti che hanno segnalato al CPS di San Donato Milanese, dopodiché da anni siamo bersagliate da continue pressioni a fare cure inadeguate. Per evitare i TSO mia sorella ha dovuto accettare di fare questa iniezione mensile. Ci siamo rivolti a diverse associazioni e anche ad avvocati chiedendo aiuto, ma nulla è servito.

Mia sorella, M.M., ha fatto una relazione psichiatrica ed è stata riconosciuta sana di mente, ma dall’ospedale di Melegnano sostengono il contrario. Per loro mia sorella non è sana di mente, per loro è una persona schizofrenica e paranoide. Non hanno mai fatto una perizia che dimostri questa loro teoria, ma comunque loro continuano a fare ricoveri forzati e a propinare tutti questi farmaci che comunque nel tempo hanno lasciato i loro segni. Io stessa che non ho subito una violenza come il TSO ma ne subisco indirettamente gli effetti mi sento impotente, avvilita, priva di forze e sconfitta davanti a un sistema che ritengo sia dittatoriale.

Perché priva non solo la persona ma tutta la famiglia delle libertà di scelta di andare dal medico che ispira fiducia e scegliere le cure con piena consapevolezza. Chiedo a voi di pubblicare questa lettera e attendo vostre notizie speranzosa, ringraziando porgo cordiali saluti. A.M.

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LETTERE

Realizzare il sogno di Basaglia

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Realizzare il sogno di Basaglia | Rec News dir. Zaira Bartucca

A meno di una settimana dalla scomparsa del giovane di Lampedusa, che ha preferito gettarsi in mare dal traghetto piuttosto che subire un TSO, si è conclusa a Milano la mostra multimediale “Controllo sociale e psichiatria: violazioni dei diritti umani”. L’evento, organizzato dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU), ha attirato oltre mille visitatori in cinque giorni, molti dei quali hanno voluto esprimere parole di ringraziamento e di complimenti sul libro degli ospiti, e si è concluso con un convegno intitolato “180 – una riforma incompiuta”. 

Dopo i saluti del presidente del CCDU, avv. Enrico del Core, che ha voluto ricordare l’importanza vitale del diritto alla difesa nell’ordinamento costituzionale, il vicepresidente Alberto Brugnettini ha aperto i lavori ricordando le forti critiche e i dubbi espressi a suo tempo da Franco Basaglia nei confronti di una legge che, pur fregiandosi del suo nome, riproponeva le logiche manicomiali cambiandone solo il nome. 

I primi a parlare sono stati Fabio, che ha riferito i gravi maltrattamenti cui è stato soggetto suo fratello durante la sua lunga esperienza nei servizi psichiatrici ospedalieri, le angherie e i soprusi di cui è stato testimone oculare, e le condizioni ignobili in cui vivono i degenti – costantemente sotto il ricatto della contenzione se non fanno i bravi. 

Fabio ha concluso chiedendo che la medicina faccia un passo indietro e ammetta di non saper curare il disagio mentale. Maria Cristina Soldi, ha raccontato l’incredibile e dolorosa vicenda di suo fratello Andrea, ucciso a Torino nel 2015 durante un TSO. La vicenda legale si è chiusa recentemente con la condanna definitiva dei responsabili, ma resta l’amarezza per quanto è accaduto e per i particolari – assieme tragici e grotteschi. 

Andrea Soldi se ne stava tranquillamente seduto sulla panchina di un parco torinese quando lo hanno avvicinato due psichiatri chiedendogli di seguire uno di loro per un trattamento sanitario. Andrea avrebbe volentieri seguito il secondo psichiatra, di cui si fidava, ma fu obbligato con la forza a seguire l’altro. Sdraiato a pancia in giù e con le mani legate dietro alla schiena, Andrea morì soffocato durante il trasporto in ambulanza. I familiari si sentirono dire dai medici che il loro congiunto era morto d’infarto, per poi scoprire l’amara verità dalla stampa. 

La dottoressa Eleonora Alecci, psicologa e psicoterapeuta con un passato in un reparto psichiatrico in cui si praticava la contenzione, ha confermato che i fatti riferiti da Fabio sono la routine quotidiana, e ha ribadito il suo impegno verso il superamento di queste pratiche, impegnandosi in un programma di addestramento del personale medico e infermieristico, come anche spiegato nel corso di un suo recente intervento al congresso della Società Italiana di Psichiatria.  

La dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo, collaboratrice per molti anni di Giorgio Antonucci – il medico e psicoterapeuta che liberò i “matti” del manicomio di Imola dimostrando al mondo intero che è possibile alleviare la sofferenza mentale senza usare forza o coercizione – ha ricordato il lavoro di Antonucci, e il suo profilo di umanitario, ben documentati nell’archivio online di cui la dottoressa D’Oronzo è curatrice. 

L’avvocato Michele Capano, dell’Associazione Radicale Diritti alla Follia e del Direttivo Radicale, ha denunciato l’incredibile contraddizione della legge italiana, che da una parte ha ratificato le risoluzioni ONU per la cessazione delle pratiche coercitive in psichiatria, e dall’altra mantiene in vigore una legge che le consente. L’Associazione Diritti alla Follia e il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani intendono lavorare assieme, e coinvolgere altre associazioni e individui, per una riforma della 180 in senso garantista, che superi questa contraddizione e realizzi il sogno basagliano. 

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LETTERE

Caro premier, si ricordi di tutti i totalitarismi

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Caro futuro premier, si ricordi delle foibe e di tutti i totalitarismi | Rec News dir. Zaira Bartucca

Egregio Signor Presidente, da italiani, sia per scelta sia per nascita, non possiamo che essere contenti per l’esercizio di democrazia registrato con le elezioni dello scorso 25 settembre. Finalmente saremo guidati da un governo espressione del voto popolare e non da uno maturato da accordi di Palazzo, come accaduto negli ultimi anni.               

Abbiamo ascoltato con grande interesse, in questi giorni, le dichiarazioni degli esponenti della maggioranza appena eletta e che lei, signor presidente, avrà l’onore e l’onere di guidare. Da tali esponenti, in queste ore, è stato espresso ripetutamente un concetto che ci sentiamo di condividere totalmente: uno Stato è tanto più credibile ed è tanto più considerato, quanto più onora e rispetta i Trattati internazionali che esso stesso ha sottoscritto.

Noi crediamo che sia arrivato, alfine, il momento di rispettare quei Trattati che non sono stati ottemperati fino ad oggi, provocando, in tal modo, un grave danno al mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata. Ci riferiamo al Trattato di Pace di Parigi del 1947 il quale, al punto 9 dell’allegato XIV, stabilisce che: “I beni degli italiani residenti nei Territori ceduti […] non potranno essere trattenuti o liquidati […], ma dovranno essere restituiti ai rispettivi proprietari”.

Come sappiamo a tale Trattato, ampiamente disatteso, seguirono diversi accordi bilaterali tra Italia e Jugoslavia – accordi del 23/05/1949, 23/12/1950, 18/12/1954 – tutti poi tramutati in Leggi attuative, che in sintesi sancivano il pagamento dei debiti di guerra dell’Italia nei confronti delle Jugoslavia utilizzando i beni degli Esuli a fronte dell’impegno dello Stato italiano di un successivo risarcimento per l’esproprio perpetrato.

Ebbene, gli Esuli istriani, fiumani e dalmati ed i loro discendenti, sono ancora in attesa di un “equo indennizzo”, avendo percepito solo una minima parte di quanto promesso. Si tratta di un indennizzo che, secondo i nostri calcoli, si aggira intorno ai 4,5 miliardi di euro. Una cifra che sembra enorme, ma che se confrontata con l’attuale debito pubblico (ad oggi pari a circa 2770 miliardi) rappresenta l’1,6 per mille.

Quanto fin qui non è solo una questione di vile danaro, si tratta, piuttosto, di un’espressione di civiltà attesa da lunghi decenni da un intero popolo. Gli Esuli e i loro discendenti si sono rifatti una vita in Patria, eppure resta l’insopportabile retrogusto amaro nella consapevolezza di essere stati ignobilmente usati per questioni geopolitiche giocate sulla propria pelle.

La vita della nostra Gente è stata tutta in salita per troppo tempo, anche dal punto di vista culturale. Sempre a dover giustificare la propria identità, sentendosi dire che la sofferenza patita era il giusto scotto per colpe di altri. Il giustificazionismo è un concetto terribile che porta allo stupro della ragione, definendo accettabile l’eliminazione di un qualcosa o qualcuno – magari per mezzo di una foiba -, su cui far ricadere i misfatti di qualcun altro.

Per questi motivi auspichiamo anche l’emendamento della Legge 167/2017 che punisce la propaganda, l’istigazione e l’incitamento al razzismo e chiediamo l’inserimento di una menzione specifica al negazionismo e giustificazionismo per i crimini commessi in Istria, Fiume e Dalmazia in merito alla persecuzione anti-italiana avvenuta a guerra finita. Così come auspichiamo che possa essere emendata la Legge 178/1951 che disciplina il conferimento delle onorificenze al Merito della Repubblica, senza la quale non è possibile la revoca del cavalierato assegnato al Maresciallo Tito, causa di dolore e sofferenza non solo per la nostra Gente, ma per centinaia di migliaia di persone che si opponevano alla dittatura comunista jugoslava.

A tale proposito vogliamo ricordare il pronunciamento del 19 settembre 2019 in cui il Parlamento Europeo – presieduto da David Sassoli – approvò a larghissima maggioranza (89%) la risoluzione: “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, che condanna tutti i totalitarismi del XX secolo, equiparando in tal modo il comunismo al nazismo. L’attuale maggioranza, così come maturata il 25 Settembre, ha dimostrato nel tempo grande sensibilità ai temi qui riportati. Confidiamo nella sua futura opera.

*Esule di seconda generazione nato al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma nel 1959. Past-President FederEsuli – Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati  – Vicepresidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Consigliere Associazioni Dalmati Italiani nel Mondo – Fondatore MondoEsuli – Movimento per la memoria e la promozione di Istria, Quarnaro e Dalmazia»

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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