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Dopo sei anni di pazienza a fasi alterne, Mario Adinolfi ha deciso di aprirsi per mezzo di una lunga intervista su una vicenda dai tratti assurdi che lo accompagna ogni giorno della sua vita. E’ caduto – per farla breve – nella rete di un fanatico che agisce nell’ombra, che oltre a denigrarlo umanamente e professionalmente ha una brutta abitudine: fare commenti di natura sessuale sul mondo dell’infanzia in generale, e sulle sue figlie in particolare. Una di loro ha due anni. L’altare su cui vengono immolate le due minorenni è quello dei siti lgbt e di uno in particolare: Gayburg. Lì due bimbe innocenti diventano “vacche da monta“, e per altri minorenni non ci sono scenari migliori. I richiami ad abusi sono continui, e in un caso sono sfociati nella pubblicazione dell’immagine di una bambina incinta. Un vero e proprio chiodo fisso per chi scrive su Gayburg. In un clima in cui l’omosessuale ha ragione sempre e comunque, però, non agisce nessuno. Non i motori di ricerca che contribuiscono alla diffusione, non i Garanti, non gli organismi preposti alla tutela dei minori e nemmeno l’Ordine dei giornalisti.

Com’è iniziato tutto?

Sei anni fa scrissi un libro che si chiamava “Voglio la mamma”. Un libro contro l’utero in affitto evidentemente molto schierato contro la legge sull’omofobia che allora si chiamava legge Scalfarotto, e contro l’ipotesi delle unioni civili. Sono poi stato tra gli animatori dei Family Day di Piazza San Giovanni e del Circo Massimo, Quando nacque il quotidiano “La croce”, sono stato identificato definitivamente come quello da massacrare.

Spieghiamo nel dettaglio per chi non conosce la vicenda e il tuo detrattore.

Praticamente tutti i giorni sono citato in maniera vergognosa da un sito che si chiama Gayburg, abituato a colpirmi quotidianamente. Qualche giorno fa, un titolo diceva: “Adinolfi chiede che le sue figlie siano usate come vacche da monta”. E’ una cosa completamente falsa. E’ impensabile che io possa fare anche solo questo tipo di pensiero.

Mario Adinolfi: "Google non sia complice delle azioni criminali di Gayburg" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Nel post che ha generato l’attacco e la frase shock, eri critico sull’aborto. E’ normale una reazione così inquietante e spropositata?

Quelle parole individuano un immaginario estremamente pericoloso, violento e pedopornografico tipico di chi ha scritto questo testo. E’ un immaginario pericolosissimo perché, ripeto, pedopornografico. Quando scrivono “le sue figlie” usando il plurale sanno perfettamente che le figlie sono quelle che vivono con me, e hanno 10 e 2 anni. Adesso l’autore anonimo del pezzo prova a fare la solta manfrina dicendo che ho pure una figlia 25enne, ma allora perché non ha detto “la figlia”?

Poi, per quanto grave, magari fosse un errore isolato, lo sbaglio di una volta.

Macché, questo schema si riproduce in ogni singolo articolo di Gayburg che mi riguarda. Stiamo parlando di oltre 500 articoli dedicati a me, senza contare quelli in cui sono citato. Hanno tutti le stesse caratteristiche: una titolazione violenta e completamente avulsa dalla realtà, quindi falsa, totalmente falsa, un immaginario che richiama sempre la pedopornografia e una chiamata in causa costante della mia famiglia, di mia moglie e delle mie bambine, spesso con espliciti riferimenti sessuali.

Mario Adinolfi: "Google non sia complice delle azioni criminali di Gayburg" | Rec News dir. Zaira Bartucca
In alto, la reazione di Gayburg dopo la pubblicazione di una foto di famiglia per gli auguri di Natale. Le bambine diventano titolari di “immagini segnaletiche” coinvolte in “fatti di cronaca giudiziaria”, la moglie di Adinolfi viene denigrata con termini sessisti

Deve essere davvero preoccupante per un padre che qualcuno esponga così le sue due bambine.

Mi attaccassero anche duramente sulle mie battaglie politiche e su quello che vogliono, ma senza inserire in ogni articolo riferimenti sessuali su mia moglie e sulle mie bambine. Di fronte a che grado di malattia ci troviamo? Qui stiamo parlando di malattia e di morbosità verso bambine. L’espressione “siano usate come vacche da monta” come può emergere senza un immaginario malato? Poi sulla falsità ci fa sopra un titolo, e questo titolo viene indicizzato da Google come fosse un articolo normale. Ma chi sta in Google Italia può accettare che Gayburg venga considerato un sito di informazione?

Quello che si nota facilmente è che il sito cerchi con morbosità il posizionamento. Sembra voglia posizionarsi a tutti i costi in cima ai contenuti relativi a determinate personalità, quasi volesse “oscurare” quello che c’è di positivo a suon di diffamazioni.

La finalità è di sicuro fare posizionamento. Google Italia, lo dico esplicitamente, vuole continuare a rendersi complice di questa operazione violenta che va avanti da anni senza intervenire? Riguarda me ma non solo me evidentemente, riguarda tutti coloro che diventano obiettivi di questo gruppo di pazzi.

Google deve essere compiacente se tutte le segnalazioni inviate al suo indirizzo rimangono lettera morta.

Voglio vedere se questa segnalazione diventa lettera morta. Qui poniamo un tema che intanto è politico. Si può prendere di mira il leader di un partito politico (“Il Popolo della Famiglia”, nda) assegnandogli titolazioni quotidianamente false? Adinolfi, lo ripeto, non chiederà mai per le sue figlie quello che ha avuto il coraggio di dire questo sito.

Ma scherziamo…

Sono falsità che servono a denigrare una persona, e sono figlie di un immaginario pedopornografico violento.

Sono perfettamente d’accordo.

E’ questo il punto che proviamo a porre, perché qui non siamo più nell’ambito “ignoro”, qui siamo in un ambito criminale. Qui siamo in un contesto in cui i signori che scrivono queste frasi da anni inpunemente sono imbevuti di cultura pedopornografica.

Mario Adinolfi: "Google non sia complice delle azioni criminali di Gayburg" | Rec News dir. Zaira Bartucca
L’immagine di una bimba incinta utilizzata da Gayburg

Nessuno vede? Nessuno vigila? Dov’è l’Ordine dei giornalisti che dovrebbe tutelare i suoi iscritti e per altre persone solidarizza per episodi molto meno gravi?

Ma io l’ho scritto che fossero stati i figli della Boldrini o di Vendola sarebbe stato diverso.

Probabilmente si sarebbe scatenato un putiferio. Che poi, qual è il problema? Si vuole forse tappare la bocca a chi non è d’accordo con quel mondo ipocritamente buonista?

Ma certo. Siamo dentro la questione del cosiddetto Ddl Zan. Quelli che usano questo tipo di metodo pretendono anche una legge sulla cosiddetta omofobia che mandi in galera noi: siamo al paradosso. La sintesi è “cornuti e mazziati” (ride). Vorrebbero mandare in galera noi come istigatori di odio, quando siamo vittime di questo trattamento quotidiano!

E’ una persecuzione vera e propria, per riassumere.

Sì è una vera e propria persecuzione. Se una persona non conosce Mario Adinolfi e lo cerca su Google, trova decine di articoli in cui sembro un pazzo che vuole che le sue figlie vengano usate. Ma ti rendi conto del danno che mi viene fatto?

Ne so qualcosa. Tu e la tua famiglia come state vivendo tutto questo?

Siamo in battaglia per le nostre idee e sappiamo che per questo si pagano dei prezzi e tra i prezzi purtroppo c’è anche questo orrore. Il bello è che oggi qualcuno è venuto su Facebook a spiegarmi che il problema sono le mie idee. Ma allora lo voglio dire chiaramente: se questo è il metodo con cui si tenta di intimidire qualcuno per le proprie idee dicendo che le deve cambiare altrimenti è giusto che sia scritto che le figlie devono essere usate come “vacche da monta”, allora siamo alla barbarie.

Su Twitter ti hanno domandato perché non hai denunciato. Ti rigiro la domanda.

Perché come sapete bene voi che avete fatto delle inchieste precise, loro si proteggono e si schermano l’uno con l’altro. Ma la cosa più schifosa di questa esperienza è la loro vigliaccheria: non firmare nemmeno un articolo e non assumersi la responsabilità di quanto si scrive è assolutamente odioso. La mia famiglia viene presa ogni giorno a badilate con il passamontagna calato sulla faccia, in maniera che non ci sia responsabilità per quello che si scrive. E’ una cosa insopportabile in uno stato di diritto. Se vuole attaccare, deve assumersene la responsabilità. Io la mia battaglia la faccio mettendo la mia faccia e ogni parola che scrivo viene passata ai raggi mille volte. Ricevo denunce settimanali per quello che scrivo ma sai che succede alla fine? Che viene tutto archiviato perché si tratta sempre di accuse intimidatorie, perché false.

Lo capisco.

Non ho mai offeso nessuno e quando fanno le denunce generiche, sbattono contro il muro.

Sono le tipiche querele temerarie.

Sono tutte querele temerarie. Se ci fosse la legge apposita finirebbero in galera immediatamente. E’ un mezzo con cui fare intimidazione, esattamente come questa presenza di Gayburg. Quello che mi spaventa è il silenzio. Ma non c’è un Alessandro Cecchi Paone, un Vladimir Luxuria o un Imma Battaglia che dice questa cosa fa schifo? Se tutto fosse a parti invertite insorgerebbero Repubblica, Saviano, Michela Murgia. Già lo immagino.

Ma perché la solidarietà è così intermittente e riguarda solo un determinato lato? Le donne: alcune non si possono neppure nominare e altre si possono offendere in tutti i modi?

Hai detto bene, oggi le femministe dove sono? Michela Murgia, Michela Marzano dove sono quando ci sono da difendere mia moglie e le mie bambine?

Le battaglie contro le discriminazioni e contro la violenza qui non valgono.

Sono battaglie a senso unico e di parte, che valgono solo quando interessano loro.

Prima parlavi del tuo partito. Pensi che questo sito sia espressione diretta di qualcuno o di qualcosa o credi che sia solo un fanatico che agisce in maniera isolata?

C’è un interesse che lo sostiene perché è assurda che questa cosa stia in piedi senza essere cancellata. Una volta è stato messo giù ma è risorto senza problemi. Evidentemente c’è un meccanismo che lo tutela e tutela la possibilità di fare tutto questo anonimamente, perché se questi articoli fossero oggetto di inchieste in Tribunale verrebbe sommerso da milioni euro di richieste di risarcimento. E’ la sua serialità che preoccupa.

Quindi si sentirebbe autorizzato ad agire perché forte dell’impunità che gli viene garantita da certa parte politica?

Più che parte politica lo chiamerei clima culturale e contesto culturale. Vorrei sapere Google Italia che ne pensa. Com’è possibile che questi testi siano indicizzati da Google come articoli? Com’è possibile che se cerchi informazioni su Mario Adinolfi emergono nelle prime posizioni articoli del genere? Ogni giorno nella rassegna stampa su di me leggo l’articolo di Gayburg rilevato da Google. Questo vuol dire che chi ha come parole chiave di ricerca “Mario Adinolfi” nella sua rassegna stampa si ritrova questa roba segnalata come se fosse un articolo. E’ un danno immenso alla persona e al personaggio pubblico.

Non ci troviamo in una situazione simile e abbiamo denunciato, ma l’impressione è che mediamente da parte della magistratura non ci sia la volontà di occuparsi di chi fa parte di una categoria ormai iper-garantita, nemmeno nel momento in cui sbaglia.

Dipende dal magistrato. Ci può essere anche quello che non ha il vizio ideologico e si occupa della vicenda. Se invece tutto va in mano a magistrati che pensano che uno se l’è cercata, è chiaro che la cosa viene lasciata andare. Il punto è: si può fare questo sulla rete? Si possono pubblicare sistematicamente contenuti falsi che riguardano la stessa persona utilizzando un immaginario violento e pedopornografico contro la sua famiglia e le sue bambine di due e dieci anni? Si può immaginare una cosa del genere in un Paese civile? Voi avete visto, avete trovato anche un nome. Poi quel nome te lo faccio sparire dal certificato SSL, cambio il certificato, ti faccio il gioco delle tre carte…e ogni volta si tenta di far diventare impossibile trovare una responsabilità certa.

Per l’appunto, cosa ne pensi giornalisticamente delle nostre inchieste e della persona che abbiamo individuato?

Ho seguito tutto quello che avete fatto e intanto è un lavoro coraggioso. Poi è un lavoro fatto molto bene, specifico, con dei riferimenti oggettivi, ma potrebbe non bastare. Per quello che mi riguarda, adesso chiedo esplicitamente a queste persone di uscire allo scoperto perché sono intollerabili la loro vigliaccheria e la loro violenza brutale. E’ una cosa che non può essere tollerata da chiunque abbia a cuore il confronto democratico del Paese.

Google Support e Gayburg – Assistenza per bypassare i limiti ai contenuti per adulti. Gayburg: “E’ divertente che nel 2016 e nel mese di febbraio, il blog è stato riaperto solo perché abbiamo scritto a un dipendente di Google Italia”
Travler

Tag: Gayburg – Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

ESTERI

Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale | Rec News dir. Zaira Bartucca
EPA-EFE/DUMITRU DORU

Il governo moldavo guidato dall’europeista di ferro Maia Sandu ha sospeso la licenza a un altro canale televisivo. Questa volta a fare le spese delle politiche repressive in fatto di libertà di stampa è stato il quinto canale. La decisione della sospensione è stata presa dal Consiglio per la promozione dei progetti di investimento di importanza nazionale il 21 di questo mese, ed è stata motivata con la necessità di esaminare la documentazione relativa alla concessione all’emittente. “Troppi file da consultare”, la scusa arrivata dal Palazzo di Chisinau, mentre fuori le proteste dei giornalisti imbavagliati si fanno sempre più accese.

“Questo caso dimostra ancora una volta che in Moldavia non ci sono più media liberi, poiché il governo teme che un canale televisivo possa compromettere la sicurezza dello Stato”, ha detto Ludmila Belcencova, presidente dell’organizzazione non governativa di giornalisti Stop Media Ban. “Il nostro governo tratta i giornalisti come criminali e questo dovrebbe preoccupare molto la comunità internazionale”, ha detto ancora Belcencova, che ha ricordato il ruolo usurpatore di alcuni organismi.

“Sono ormai due anni – ha detto l’attivista – che il giornalismo in Moldavia non è regolato dal Consiglio per l’audiovisivo, ma da organismi che non hanno nulla a che fare con i media, come la commissione temporanea creata per mitigare la crisi energetica o gli investimenti. Questo dimostra solo che il nostro governo ha troppa paura del pluralismo delle opinioni e delle voci della gente. Non c’è più libertà di parola in Moldavia”. Da qui la richiesta, conclusiva, rivolta alla comunità europea di “prendere posizione contro la repressione della libertà di stampa e di parola in Moldavia”.

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ESTERI

Canada, proposta
di legge di Trudeau
per silenziare il dissenso online

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Canada, proposta di legge di Trudeau per silenziare il dissenso online | Rec News dir. Zaira Bartucca

Che Justin Trudeau, il primo ministro canadese, non fosse un campione in fatto di libertà garantite lo si era capito nel periodo covid, quando aveva promosso lockdown, Green Pass e vaccinazioni di massa. Adesso a certificare quest’ansia di controllo è arrivata una proposta di legge sui social media che si chiama Online Harms Act, che dietro gli apparenti buoni propositi nasconderebbe la volontà di silenziare il dissenso online, sempre maggiore dopo le scelte impopolari assunte da Trudeau.

Secondo Fox News la proposta scaturita dal disegno di legge del ministro alla Giustizia Arif Virani, consentirebbe di punire una persona prima che abbia commesso un reato, sulla base di informazioni quali la recidività del soggetto e il suo comportamento. Un’applicazione di quella Giustizia predittiva di cui si sente parlare sempre più spesso. “Un giudice provinciale – hanno rimarcato dall’emittente statunitense – potrebbe imporre gli arresti domiciliari o una multa se ci fossero ragionevoli motivi per credere che un imputato commetterà un reato.”

Una proposta che non ha frenato il dissenso online in Canada ma, anzi, lo ha aumentato, come raccontano le esternazioni di alcuni utenti alla notizia del prosieguo dell’iter del disegno di legge C – 63, pubblicato a febbraio e dal cui testo si è giunti all’Online Harms Act. “Riposa in pace libertà di parola”, ha scritto un utente canadese, mentre un altro ha ipotizzato che il primo ministro voglia assumere “un ruolo da dittatore”.

La versione del governo canadese

Ovviamente – come dicevamo – non sono mancate le giustificazioni da parte del governo canadese, che non vorrebbe altro che “frenare l’incitamento all’odio online”. E, a questo fine, starebbe facendo scandagliare i contenuti che conterrebbero “estremismo” e “violenza” e quelli dannosi per i minori. Cosa Trudeau intenda per “estremismo” e “violenza” non è però chiaro, né cosa consideri dannoso per i minori, giacché nei fatti a eccezione di molti post di dissenso silenziati tutto è rimasto praticamente immutato. E se tanti sono stati i proclami del governo canadese per proteggere i bambini dallo sfruttamento online, nei fatti nulla è stato fatto per rendere più attiva la macchina della giustizia quando si tratta di punire molestatori, pedofili e altre categorie che inquinano la rete.

Un recente sondaggio dell’Istituto Leger, del resto, ha rilevato che meno della metà dei canadesi pensa che l’Online Harms Act si tradurrà in un’atmosfera più sicura online. Parte degli interpellati hanno infatti detto di essere “diffidenti” nei confronti della capacità del governo di proteggere la libertà di parola.

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FREE SPEECH

Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin

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Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Vandalizzato il murales dedicato a Shireen Abu Akleh e della libertà di stampa a via di Valco San Paolo, nel cuore di Roma Sud. Nelle scorse ore il volto stilizzato della giornalista palestinese di Al Jazeera, colpita a morte dall’esercito israeliano l’11 maggio 2022 durante uno dei suoi tanti servizi nei campi profughi di Jenin, in Cisgiordania, è stato imbrattato da una macchia di vernice rosso sangue mentre accanto alla figura della donna si legge la scritta “assassini”.

Il murales, opera dell’artista Erica Silvestri, nelle scorse settimane era stato realizzato per celebrare il sacrificio di una reporter che, come tanti inviati di guerra ogni anno, è morta mentre svolgeva la professione di raccontare gli orrori della guerra e, in questo caso, anche cosa succede nei campi profughi palestinesi: a promuovere l’iniziativa, che ha ottenuto il sostegno della Federazione Nazionale della Stampa, è stato l’VIII municipio della Capitale, l’associazione dei Giovani Palestinesi di Roma e “Join The Resistance” in collaborazione con Radio Roma che da sempre segue con particolare attenzione le vicende estere ma anche le dinamiche delle comunità straniere che vivono in città. Proprio per dare visibilità al messaggio, si era scelto di creare il murales in un punto di via di Valco San Paolo particolarmente trafficato e l’opera era diventata ben presto meta di molti cittadini incuriositi.

L’episodio di vandalismo, scoperto nelle scorse ore, viene facilmente messo in relazione con quanto sta accadendo in Medio Oriente e con la guerra di Israele contro i terroristi di Hamas: “I drammi degli ultimi giorni tra Israele e Palestina stanno esacerbando tutto ciò che ruota intorno alla questione israelo-palestinese” – spiega Andrea Candelaresi, giornalista di Radio Roma e promotore del murales: “Questo clima di tensione arriva fin qui, a Roma, dove l’odio non fa altro che creare inutili confusioni. Shireen Abu Akleh non c’entrava nulla con Hamas, né con la scia di morte e distruzione di questi giorni. Vandalizzare quel murales ha significato, per noi, infangare la memoria di un’abile giornalista morta per una nobile causa: raccontare la verità per formare coscienze. Ma è anche la spia, rossa, sul motore della qualità della stampa perché se il popolo è informato male si creano le tifoserie ed essere ultras porta alla radicalizzazione, la quale genera confusione e odio. Confusione e odio che hanno colpito un murales, ma anche una donna morta per il suo lavoro; hanno colpito chi ci portava la realtà dei fatti in casa e questo non possiamo né dobbiamo dimenticarlo”.

Dopo la segnalazione del vandalismo, il murales è stato restaurato la scorsa notte dalla sua autrice, Erica Silvestri, che ha deciso di “rispondere con l’arte all’odio”.

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ARTE & CULTURA

Bandire i forestierismi. “Ricorda il fascismo, lasciare libertà di espressione”

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Idiomi e Cancel culture, Belpoliti: "Ricorda il fascismo, bisogna lasciare libertà di espressione" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Sono rimasto sorpreso dalla scelta di questo tema nell’era del simultaneo”, ha affermato durante il programma radiofonico “Base Luna chiama Terra” su Radio Cusano Campus il professor Marco Belpoliti, autore della traccia selezionata per la prima prova scritta della Maturità 2023, scrittore, italianista e docente di Critica Letteraria e Letterature Comparate all’Università di Bergamo.

“C’è stata la pandemia che ci ha messo in attesa, come nelle telefonate: ‘La preghiamo di attendere’. Tutto ora è ricominciato accelerando, ma l’attesa è ancora lì e resta in attesa”. L’attesa, secondo Belpoliti, è ancora “una questione rilevante nelle nostre vite nonostante la velocità che ci circonda” ha sostenuto durante l’intervista.

Parlando dell’influenza della tecnologia sulla comunicazione, Belpoliti ha poi sottolineato che il senso dominante è diventato quello visivo. “C’è sempre stata più gente che guardava piuttosto che gente che leggeva. Parlare, parlano tutti, c’è il costante desiderio di parlare. Una volta un uomo nel corso della sua vita vedeva un centinaio di immagini. Ora ne vediamo migliaia ogni giorno, anche solo sui social”, ha proseguito Belpoliti.

Riguardo alla trasformazione delle modalità espressive, il professore ha poi evidenziato “il ritorno a un regime del flusso nella scrittura, simile alle scritture pubbliche dell’epoca romana che non conoscevano la punteggiatura. Ora usiamo i puntini sospensivi” ha ribadito. “L’emoticon crea l’elemento espressivo, disegnando le emozioni che non possono essere contenute nella scrittura, che dal canto suo non ha dei modi per dichiarare il tono con cui viene pronunciata una frase. C’è qualcosa di antico e contemporaneo allo stesso tempo. Qualcosa che è in evoluzione. Questa comunicazione non cancella l’altra. Una si sovrappone all’altra. Una predomina, l’altra regredisce” .

E sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana, Belpoliti ha concluso l’intervista dicendo “Non sono spaventato dalla presenza di parole inglesi. Cancellare le parole inglesi, ricorda il fascismo. La pulizia linguistica mi ricorda un altro tipo di pulizia meno nobile. Bisogna lasciare anche una libertà all’espressione”.

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