Il discorso di Mario Draghi al microscopio
Il futuro premier scopre le carte. Lo fa con un discorso programmatico – quello con cui questa mattina ha chiesto la fiducia al Senato che sarà votata questa sera dopo le 22 – che contiene un po’ il sunto dell’azione di governo in divenire
Draghi scopre le carte. Lo fa con un discorso programmatico – quello con cui questa mattina ha chiesto la fiducia al Senato che sarà votata questa sera dopo le 22 – che contiene un po’ il sunto dell’azione di governo in divenire. Il taglio netto rispetto al passato non c’è: all’ordine del giorno c’è ancora la gestione della presunta pandemia e – come abbiamo anticipato – si insinua ufficialmente nel dibattito il 5G. La differenza sta un po’ nel personaggio: Draghi non nasconde la dipendenza verso le dinamiche europee, come fece Conte all’inizio del primo mandato – ma reintroduce allo stesso tempo il concetto “Italia”. La tattica è un po’ quella di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: si può infatti dire che il futuro premier – messo di fronte allo scoglio fiducia – non abbia voluto scontentare nessuno: non gli europeisti e non i sovranisti, accarezzati da quel “italiani” ripetuto più volte. Vediamo punto per punto cosa ha detto di importante e cos ha lasciato trapelare.
La crisi dello stato di diritto e quello che si vuole fare a tutti i costi, sul solco di Cavour
Anche Draghi rispolvera le metafore belliche che sono state care a Conte: La “pandemia” torna ad essere “una trincea” dove si “combatte tutti insieme”. Il neo-premier non esprime preoccupazione per i metodi anti-democratici del suo predecessore: ringrazia “conscio del loro sacrificio, tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato” e “coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate” e passa oltre. Ammette la scomparsa dei diritti costituzionalmente garantiti, promettendo un loro ritorno “nel più breve tempo possibile”. “Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole”, ha detto. Dunque ancora largo ai Dpcm incostituzionali e simili: l’ex presidente della Bce è chiaro: il faro non è la Costituzione della Repubblica italiana, ma sono l’Ue e l’Onu. Quello che piove dall’alto va fatto, come fece Cavour con la distuzione programmatica di un Meridione depauperato e con il genocidio più censurato della storia. Proprio il controverso Conte della destra storica è stato citato nel corso del suo discorso: “Siamo consci dell’insegnamento di Cavour: le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”.
Il riferimento alla “fratellanza nazionale”
Come fece prima di lui Giuseppe Conte parlando di un “Nuovo Umanesimo”, anche Draghi non lesina le citazioni verso la sua fucina d’appartenenza: “L’Italia – ha detto – si risollevò dal disastro della Seconda Guerra Mondiale con orgoglio e determinazione (…), ma soprattutto grazie alla convinzione che il futuro delle generazioni successive sarebbe stato migliore per tutti. Nella fiducia reciproca, nella fratellanza nazionale, nel perseguimento di un riscatto civico e morale”. Draghi sarebbe inoltre iscritto a ben cinque Ur-Lodge: la Edmund Burke, la Three Eyes, la White Eagle, la Compass Star-Rose e la Pan-Europa. La sua “venuta” sarebbe stata chiesta addirittura dalle “P” numerate che contano (il che non lascia presagire nulla di buono) e decisa nel 1992 dallo storico Britannia della famiglia reale inglese, la stessa che qualche decennio prima era stata accusata di traffico di minori. Ovviamente, nel silenzio dei media di massa. Sul panfilo reale ci sarebbe stato anche quel Beppe Grillo che quasi venti anni dopo è riuscito a entrare nei palazzi istituzionali senza ricoprire alcun incarico elettivo. La presenza del comico è stata a più riprese confermata dall’allora giornalista del Tg5 Enrico Mentana, che si trovava a Civitavecchia con la sua troupe mentre Grillo era appena sbarcato dal panfilo. Draghi sarebbe inoltre un intimo di Comunione e Liberazione, sotto le cui insegne sarebbe avvenuta l’investitura di alcuni ministri e tecnici del suo governo.
Morire oggi per stare meglio domani
Draghi, da buon esecutore materiale delle Agende e di quella 2030 in particolare (non a caso ha citato il 2026, il 2030 e il 2050 come anni simbolo), si è appellato molte volte “al futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti”. Il disastro economico e sociale, messo in prospettiva può risultare più digeribile, almeno per alcuni. Per citare Elsa Fornero, ministro del governo Monti che rimase celebre per la vitalità dei suoi condotti lacrimali, “agli italiani non si deve parlare di crisi e di tasse, perché così è più difficile accettare il tutto. Bisogna fare capire loro quello che deve essere fatto”. Ecco allora che dare un motivo, (i figli e i nipoti”), può acuire quello “spirito di sacrificio” citato varie volte da Draghi. E’ tuttavia difficile che la locuzione basterà a far digerire le chiusure degli esercizi commerciali che sono di proprietà di chi “dovrà essere indirizzato verso il cambiamento”.
L’inedito concetto di “irreversibilità” dell’euro
Prevedibilmente, Draghi è risoluto a continuare l’operato avviato nell’ambito della presidenza della BCE, rimanendo uno strenuo difensore della moneta unica. Reputa la scelta dell’euro “irreversibile”, ma già gli fa eco Salvini con una dichiarazione a caldo: “Solo la morte è irreversibile”. Sul piatto c’è tuttavia molto di più, e cioè l’azione del distopico Colao. Come avevamo ampiamente previsto, il suo ministero sarà uno dei punti cardine dell’esecutivo Draghi. Il centro operativo sarà il MEF e qui – ha anticipato il fututo premier – si inserirà l’azione di un ministero all’Innovazione che se sarà fedele al piano concepito lo scorso giugno assieme al CTS guarderà con favore verso lo smantellamento della moneta fisica, dunque del contante.
La vera pandemia
Se ancora è presto per tracciare linee chiare sugli interventi che il nuovo esecutivo porrà in essere, una cosa è certa: la vera pandemia è quella economica. Draghi l’ha quantomeno delineata, parlando dei danni che la gestione del virus ha causato in Italia al “tessuto economico e sociale”. “Il fenomeno – avverte Draghi – è destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento. Si è anche aggravata la povertà. I dati dei centri di ascolto Caritas, che confrontano il periodo maggio-settembre del 2019 con lo stesso periodo del 2020, mostrano che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Tra i nuovi poveri aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani, che sono oggi la maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorati dall’indigenza. Il numero totale di ore di Cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1 aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444 mila unità ma il calo si è accentrato su contratti a termine (-393 mila) e lavoratori autonomi (-209). La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato”.
Il piano di vaccinazione
Non rincuora l’approccio ai vaccini, anche se Draghi non ha parlato della pericolosa somministrazione obbligatoria, delle vaccinazioni di massa e neppure del controverso passaporto sanitario. Ha però affermato che bisogna prevedere inoculazioni in “tutte le strutture disponibili, pubbliche e private, sul modello di quanto è accaduto con i tamponi”.
La telemedicina per i disturbi cronici, gli ospedali per quelli acuti. Draghi chiede anche più manicomi
L’ex presidente della BCE si è inoltre appellato a una riforma della sanità nazionale, che di sicuro nell’ultimo anno ha dimostrato tutti i suoi limiti. Complici diversi medici che si sono prestati a un gioco al massacro, che ha visto come vittime tutti i malati non covid. “Il punto centrale – ha detto Draghi – è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base: case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria. È questa la strada per rendere realmente esigibili i livelli essenziali di assistenza e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La casa come principale luogo di cura è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata”.
Il gesuita che prende il posto di un gesuita, cita un altro gesuita
Gli osservatori più attenti all’opera divulgativa e di monitoraggio della contro-informazione, affermano che ai vertici di tutte le operazioni portate avanti dal WEF, dall’Onu e dalla nuvola di realtà collegate al cosiddetto Great Reset, ci siano proprio i gesuiti. Uno – Giuseppe Conte – ha appena lasciato il suo incarico, ma solo per affidarlo a un collega: Mario Draghi. L’istituto vanta adepti anche all’interno della cosiddetta opposizione: è il caso di un senatore che si è formato proprio alla loro scuola, e che ha legami familiari con persone che hanno ricoperto incarichi ai vertici del Vaticano. A quest’ultimo ha fatto riferimento il futuro premier, citando Bergoglio e riassumendo un po’ quello che è il Greta-pensiero tipico delle varie sette ambientaliste, le quali interpretano l’Umanità come una forma di parassitaggio che infesta il pianeta: “Come ha detto papa Francesco, le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore”. Lo sostiene Draghi, senza citare le manipolazioni climatiche artificiali che sono documentate da decenni.
“Un errore proteggere tutte le attività economiche”
Una parte del discorso che sicuramente non piacerà alle PMI è quella in cui Draghi afferma che “sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Acune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. Ma chi deciderà chi dovrà soccombere e chi potrà vivere? Chi potrà stare aperto e chi sarà condannato a morte in base ai dettami delle Agende? La strada del governo Draghi, con l’aumentare della crisi e della rabbia sociale, non sarà in discesa.
POLITICA
Zuckerberg: “Su covid e vaccini costretti alla censura dagli uomini di Biden”
Dopo la decisione di sospendere i finanziamenti ai Fact Checker, il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha deciso di vuotare il sacco su alcune questioni controverse che avrebbero “costretto” il Social a fare piazza pulita di determinati contenuti. In particolare quelli riguardanti il covid e la campagna vaccinale, che negli Stati Uniti come altrove è stata caratterizzata dalla stigmatizzazione di chiunque osava avanzare dubbi e qualsivoglia critica rispetto al pensiero dominante.
Non un semplice caso – per quanto eclatante – di limitazione della libertà di espressione. Perché a sentire Zuckerberg dietro alla volontà di bannare i comunicatori indipendenti ci sarebbe stato un vero e proprio disegno politico messo in pratica per preservare gli interessi dei democratici. “Durante l’amministrazione Biden, quando cercavano di lanciare il programma di vaccinazione, mentre cercavano di promuovere quel programma, cercavano anche di censurare chiunque sostanzialmente si opponesse ad esso. E ci hanno pressati super forte per eliminare cose che, onestamente, erano vere… Fondamentalmente ci pressavano e dicevano “qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, in pratica dovete rimuoverla“. E’ quanto ha dichiarato il Ceo di Meta l’altro ieri, ospite di un podcast condotto da Joe Rogan.
“Queste persone dell’amministrazione Biden – ha proseguito Zuckerberg – chiamavano la nostra squadra e urlavano contro di loro e imprecavano… ci sono i documenti, è tutto pubblico”. E ancora: “Non penso che le pressioni affinché le società di social media censurassero i contenuti fosse legale. Il Primo Emendamento si applica al governo. Questo è il punto. Che al governo non è consentito censurare queste cose. Quindi, a un certo livello penso che, sì, avere persone nell’amministrazione che chiamano i ragazzi del nostro team e urlano contro di loro e imprecano e minacciano ripercussioni se non eliminiamo cose che sono vere, è piuttosto brutto”.
POLITICA
Maduro e la “grande alleanza mondiale contro i tiranni”
Nicolàs Maduro, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha giurato per il nuovo mandato nel corso della cerimonia che si è tenuta nei locali dell’Assemblea nazionale a Caracas. “Il Venezuela – ha detto il neo-eletto in occasione del discorso di insediamento – si prepara insieme a Cuba, al Nicaragua e ai nostri fratelli maggiori nel mondo, nel caso in cui un giorno dovessimo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria”. Concludendo il Festival internazionale antifascista mondiale, il successore di Hugo Chavez ha inoltre evocato una “grande alleanza globale” simile a quella che sconfisse il fascismo durante la Seconda guerra mondiale in grado di sfidare “la tirannia dei potentati occidentali”.
POLITICA
Vogliono aumentare (ancora) l’età pensionabile
Nel panorama economico e sociale attuale, il tema dell’età pensionabile è diventato particolarmente rilevante. L’aumento dell’età pensionabile che sarebbe previsto per il 2027 rappresenta una questione di grande interesse e preoccupazione per molti lavoratori. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa decisione, le sue implicazioni e cosa ci si può aspettare nel breve e nel lungo termine.
Le ragioni dietro l’aumento. La “sostenibilità” del sistema pensionistico
Uno dei motivi principali per cui il governo sta considerando l’aumento dell’età pensionabile è la cosiddetta “sostenibilità del sistema pensionistico”, che in realtà ha molto a che vedere con le casse sempre più asciutte dei sistemi di previdenza. Con l’allungamento della vita media e con produttività e turnover sempre più risicati, il numero di anni in cui le persone percepiscono la pensione è aumentato, mettendo sotto pressione i fondi pensionistici. Secondo i promotori dell’iniziativa, dunque, aumentare l’età pensionabile potrebbe tamponare la situazione bilanciando entrate e uscite. Non si sa per quanto, però, in mancanza di una riforma che possa dirsi tale e che tenga conto di necessità variegate.
Cambiamenti demografici
Un altro fattore cruciale è il cambiamento demografico. La diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione significano che ci sono meno giovani lavoratori per sostenere finanziariamente i pensionati. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe ridurre il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi, ma ha ripercussioni dirette su quei lavoratori costretti a rimandare la loro uscita dal mercato del lavoro.
Le implicazioni per i lavoratori: maggior tempo nel mercato del lavoro, più il problema dei lavori usuranti
Con l’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori dovranno necessariamente rimanere nel mercato del lavoro più a lungo. Questo può avere effetti sia positivi che negativi. Da un lato alcuni potrebbero trovare utile risparmiare di più per la pensione. D’altro canto, tuttavia, le nuove regole potrebbero essere sfidanti per coloro che svolgono lavori fisicamente usuranti o per chi desidera ritirarsi prima dal mercato del lavoro.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)