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Se c’è una cosa che contraddistingue la comunicazione del MAECI – il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale presieduto da Luigi Di Maio – è la poca pubblicità alle somme devolute per le sue attività. Un documento del 2019 della Cabina di Regia per l’internazionalizzazione (partecipata anche dal MISE), svela comunque le cifre stanziate (in tempo di crisi estrema) dal governo Conte e confermate dal governo Draghi per mantenere alcuni spettacoli ed eventi promozionali. Fanno parte del “Piano straordinario per il rafforzamento della promozione della cultura e della lingua italiana nel mondo” – conosciuto anche come Piano “Vivere all’italiana”. Non costano bruscolini.

Di cosa si tratta? Di rassegne periodiche organizzate nei Paesi esteri (prevalentemente in Africa e in Asia) che fanno conoscere l’italian style attraverso spettacoli teatrali, film, mostre, dimostrazioni di cucina. Nel 2020, per esempio, il ministero a trazione grillina (cambiano i premier ma non l’ascendente di Di Maio, l’unico della storia recente ad aver portato a casa tre mandati ministeriali consecutivi) bandisce due rassegne: “Vivere all’italiana sul palcoscenico” e “Vivere all’italiana in musica”. La cosa ironica è che i due progetti “mirano a sostenere la ripresa delle produzioni italiane nel settore dello spettacolo dal vivo”, in un momento in cui gli spettacoli dal vivo per decisione dello stesso governo non si possono fare. Infatti il tutto finora si è esaurito in una serie di performance online, in diretta streaming e da rivedere in differita in una piattaforma dedicata.

C’è poi la Settimana della lingua italiana, ciclo di eventi sparsi per il globo che hanno come comune denominatore il nostro idioma. Tutto entusiasmante, forse anche utile, ma quanto è costato, costa e costerà? Dal 2017 al 2020 la cifra stanziata è stata di ben 150 milioni (una dotazione di 20 milioni per il 2017, 30 milioni per il 2018 e 50 milioni sia per il 2019 che per il 2020). Per instaurare un termine di paragone, con il decreto Sostegni bis pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale è stato istituito un Fondo per il sostegno delle attività economiche chiuse nel 2021, che ha una dotazione di 100 milioni. Meno di quanto è costato finora foraggiare questo ciclo di eventi della Farnesina, senza contare i milioni confermati dal governo Draghi fino al 2024 (dotazione finanziaria da 50 milioni l’anno).

In tempi di crisi estrema, di disoccupazione, di disagi scolastici, di trasporti mal funzionanti e finanche di un virus che si può curare con farmaci che il governo del vaccino a tutti i costi non ha mai pensato di acquistare e di donare alla popolazione, gli show della Farnesina sono davvero la priorità? Certo non si vive di solo pane – avrebbe detto qualcuno – ci vogliono anche le rose. Ma che succede se oltre alle cifre già considerevoli si vanno ad aggiungere i milioni previsti per imbastire una “comunicazione strategica” sul Made in Italy da diramare in Cina, in Giappone e negli Stati Uniti? Che i milioni diventano duecento, mentre le risorse stanziate per attrarre gli investimenti esteri superano appena i dieci milioni (5 nel 2018 e 6.5 nel 2019).

I risultati ottenuti, secondo la Cabina di regia sull’internazionalizzazione sono pure degni di nota: “Le risorse stanziate – scrivono dall’organismo – hanno reso possibile un sensibile aumento delle attività organizzate dalla rete diplomatico-consolare e degli Istituti italiani di cultura (…). Il programma, che ha rappresentato un incisivo strumento non solo di diplomazia culturale ma anche di penetrazione commerciale e di valorizzazione del Made in Italy, ha consentito di potenziare le rassegne periodiche dedicate a design, ricerca, cinema, lingua, arte contemporanea e cucina (…). E meno male, così gli stanziamenti “all’italiana” potranno continuare: “considerati i positivi risultati conseguiti e il potenziale tutto da sviluppare, risulta prioritario assicurare la prosecuzione di questo programma almeno fino al 2024, confermandone la dotazione finanziaria per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024″.

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Sara

Siete gli ultimi rimasti a vigilare sulla politica bravi continuate cosi

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Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”

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Illeciti lungo le coste, i numeri del report "Mare Monstrum"

Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.

“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.

617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.

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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato

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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica

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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale

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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D'Alema con la Bicamerale del '97 | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.

Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D'Alema con la Bicamerale del '97 | Rec News dir. Zaira Bartucca

Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).

“L’Unità” del 05/06/1997

I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.

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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane | Rec News dir. Zaira Bartucca

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale

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