Cosa comporterà davvero il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia
Il documento firmato dal presidente della Repubblica francese e dal presidente del Consiglio è stato raccontato dal mainstream come un’occasione storica di cooperazione, omettendo però quanto comporterà in termini pratici
Il Trattato del Quirinale firmato questa mattina al Colle dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e dal presidente del Consiglio Mario Draghi è stato raccontato dal mainstream come un’occasione storica di cooperazione tra Italia e Francia, omettendo però quanto comporterà in termini pratici. Introdotto il concetto di “Europa sovrana” a discapito dell’auto-determinazione dei singoli Stati contraenti, il partenariato tocca infatti tutti i settori strategici e serve – ha detto Draghi questa mattina in conferenza stampa “a indirizzare il futuro come vogliamo noi”. Un “noi” in cui non sono comprese le rispettive popolazioni, ma le volontà della NATO e dell’ONU, la cui Agenda 2030 è nominata più volte nelle 13 pagine. Un documento totalizzante, che secondo la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni avrebbe richiesto una consultazione preliminare del Parlamento, pratica ormai caduta in disuso. Ai lati dei due estremi, insomma, si colloca chi – come alcuni analisti – non esita a parlare di colonizzazione francese, di “alto tradimento” e di istituzionalizzazione della Legion d’Onore (l’onoreficenza data a chi salvaguarda gli interessi francesi) e chi, come Gentiloni, accoglie con favore le novità introdotte, alcune delle quali piuttosto controverse. Vediamo quali sono.
- Articolo 1 – (Affari Esteri)
– Realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030;
– Cooperazione in tema di “salute globale”;
– “consultazione rafforzata” tra politici, funzionari e diplomatici;
– iniziative di formazione per diplomatici e scambio di risorse umane;
– Politiche di controllo del Mediterraneo, anche per quanto riguarda “lo sviluppo sostenibile” delle risorse energetiche.
2. Articolo 2 – (Sicurezza e Difesa)
– Scambio di personale delle Forze Armate, di materiale di Difesa e attrezzature;
– Assistenza in caso di aggressione armata;
– consultazioni regolari all’interno del Consiglio italo-francese di Difesa e Sicurezza;
– partnership industriali in specifici settori settori militari (non è indicato quali, nda);
– Operazioni congiunte nello Spazio “ai fini di Sicurezza e di Difesa”;
– Attività congiunte di addestramento e formazione;
– Vicendevole facilitazione del transito e dello stazionamento delle rispettive Forze Armate (non è chiarito a quale fine, nda).
3. Articolo 3 – (Affari europei)
– Introduzione del concetto di sovranità europea;
– Mercato unico generatore non di lavoro e produttività, ma di resilienza, cioè della sola capacità di resistere ai contraccolpi economici e agli shock generati;
– Coordinamento comune nei settori strategici (economia e bilancio, industria, lavoro, transizione verde e digitale, “completamento dell’Unione monetaria e rafforzamento della moneta unica”;
– Cambio della fiscalità per “rispondere alla sfida della digitalizzazione delle economie”;
– “Partecipazione dei cittadini al processo decisionale europeo” e non nazionale;
– “Ricorso al sistema della maggioranza qualificata per l’assunzione di decisioni nel Consiglio”.
4. Articolo 4 – (Politiche migratorie, giustizia e affari interni)
– “Concertazione rafforzata” tra i rispettivi ministeri degli Affari Esteri e dell’Interno con riunioni periodiche;
– Creazione di un’unità operativa italo-francese per la gestione dei grandi eventi;
– Creazione di un Foro di concertazione periodica in materia di sicurezza;
– Formazione e addestramento di Forze dell’Ordine e di Amministrazioni di Paesi terzi;
– Cooperazione in materia di Protezione Civile;
– Commistioni in materia giudiziaria tramite “Magistrati di collegamento”, anche per quanto riguarda i contenziosi penali e la “consegna delle persone” (non viene specificato in quale ambito. nda);
– Scambio di magistrati e funzionari e attività di formazione in comune;
– Scambio di informazioni;
– Ricorso a mezzi operativi comuni in materia di sequestro e confisca;
– Incontri periodici tra le rispettive Forze dell’Ordine.
5. Articolo 5 – (Cooperazione economica, industriale e digitale)
– Infiltrazioni vicendevoli in settori strategici quali “la cyber-sicurezza, il cloud, l’intelligenza artificiale, la condivisione di dati, la connettività, il 5G-6G, la digitalizzazione dei pagamenti e la quantistica”;
– Istituzione di un Forum di consultazione tra i Ministeri per l’Economia, le Finanze e lo Sviluppo economico;
– Scambio di funzionari.
6. Articolo 6 (Sviluppo sociale, sostenibile e inclusivo)
– Attuazione degli “strumenti multilaterali” dell’Agenda 2030;
“Neutralità climatica” entro il 2050;
– Consultazione di dossier in materia ambientale e climatica;
– Le parti di adoperano per agevolare la mobilitazione giovanile in fatto di clima, cioè di estendere le proteste organizzate in stile Friday for Future;
– “De-carbonizzazione in tutti i settori appropriati” (non viene indicato quali sono considerati “appropriati”, nda);
– “Riduzione delle emissioni prodotte dai trasporti” in Italia e Francia. Nessun impegno assunto sulle emissioni inquinanti e in alcuni casi tossiche di determinate fabbriche;
– Sostegno al “progetto che mira a designare una zona marittima particolarmente vulnerabile nel Mediterraneo nord-occidentale” (che comprende anche il Canale di Sicilia che funge da raccordo marittimo tra Sicilia e Africa);
– “Favorire la resilienza, la sostenibilità e la transizione del sistema agricolo e alimentare”;
– Gestione del “rischio alimentare”.
7. Articolo 7 – (Spazio)
– “Utilizzo coordinato, equilibrato e sostenibile dei lanciatori Ariane e Vega”;
– “Osservazione della terra e delle telecomunicazioni.
8. Articolo 8 – (Istruzione e formazione, ricerca e innovazione)
– Favorire la mobilità dei docenti, degli studenti e giovanile;
– “Stretta cooperazione tra i rispettivi sistemi di istruzione”;
– Istituzione di centri professionalizzanti italo-francesi;
– Commistioni nella gestione dei rispettivi esami di Stato;
– Costruzione dello “spazio europeo dell’istruzione superiore”;
– Collaborazione universitaria tramite i rettori dei rispettivi Paesi e i ministeri preposti;
– Scambio di studenti e di docenti “in ogni settore scientifico-disciplinare, favorendo i doppi titoli e i titoli congiunti”;
– Collaborazione nell’ambito delle grandi infrastrutture di ricerca e mobilità dei ricercatori.
9. Articolo 9 – (Cultura, giovani e società civile)
– Introduzione di un servizio civile italo-francese;
– Introduzione di un Consiglio franco-italiano della Gioventù;
– Iniziative congiunte in tema di Beni culturali;
– Creazione di una piattaforma culturale comune;
– Convocazione della “commissione mista” prevista da un accordo del 1949.
10. Articolo 10 – (Cooperazione transfrontaliera)
– “Cooperazione transfrontaliera in materia di Sanità e di interventi di soccorso alle persone”;
– Richiesta delle “modifiche legislative necessarie per la creazione di servizi pubblici in materia sociale, sanitaria, ambientale, di energia, di istruzione, culturale e di trasporti. Le parti incoraggiano il dialogo tra amministrazioni e Parlamenti (…) al fine di evitare conseguenze pratiche pregiudizievoli per gli scambi nei bacini di vita frontaliera legate a differenze significative nelle misure adottate a titolo nazionale;
– Cooperazione in materia di sicurezza;
– Sviluppo di una rete di trasporti transfrontaliera ferroviaria, stradale e marittima;
– “Formazione di parlanti bilingue in italiano e francese nelle regioni frontaliere”;
– “Le parti studiano congiuntamente le evoluzioni dello spazio frontaliero, mettendo in rete i loro organismi di osservazione territoriale”;
– Comitato di cooperazione frontaliera.
11. Articolo 11 – (Organizzazione)
– Vertice annuale intergovernativo;
– Stesura di un programma di lavoro oggetto di esame periodico;
– Istituzione di un Comitato strategico paritetico incaricato dell’attuazione del trattato;
– Scambio di funzionari “con cadenza regolare”;
12. Articolo 12 – (Disposizioni finali)
– Il trattato ha “durata indeterminabile”, ma si può recedere tramite “denuncia” proveniente da una delle due parti”, ma smetta di essere in vigore solo al trascorrere di sei mesi;
– Il trattato può essere emendato o integrato per iscritto con il consenso delle parti.
ESTERI
Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale
Il governo moldavo guidato dall’europeista di ferro Maia Sandu ha sospeso la licenza a un altro canale televisivo. Questa volta a fare le spese delle politiche repressive in fatto di libertà di stampa è stato il quinto canale. La decisione della sospensione è stata presa dal Consiglio per la promozione dei progetti di investimento di importanza nazionale il 21 di questo mese, ed è stata motivata con la necessità di esaminare la documentazione relativa alla concessione all’emittente. “Troppi file da consultare”, la scusa arrivata dal Palazzo di Chisinau, mentre fuori le proteste dei giornalisti imbavagliati si fanno sempre più accese.
“Questo caso dimostra ancora una volta che in Moldavia non ci sono più media liberi, poiché il governo teme che un canale televisivo possa compromettere la sicurezza dello Stato”, ha detto Ludmila Belcencova, presidente dell’organizzazione non governativa di giornalisti Stop Media Ban. “Il nostro governo tratta i giornalisti come criminali e questo dovrebbe preoccupare molto la comunità internazionale”, ha detto ancora Belcencova, che ha ricordato il ruolo usurpatore di alcuni organismi.
“Sono ormai due anni – ha detto l’attivista – che il giornalismo in Moldavia non è regolato dal Consiglio per l’audiovisivo, ma da organismi che non hanno nulla a che fare con i media, come la commissione temporanea creata per mitigare la crisi energetica o gli investimenti. Questo dimostra solo che il nostro governo ha troppa paura del pluralismo delle opinioni e delle voci della gente. Non c’è più libertà di parola in Moldavia”. Da qui la richiesta, conclusiva, rivolta alla comunità europea di “prendere posizione contro la repressione della libertà di stampa e di parola in Moldavia”.
ESTERI
Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna
E’ un brutto momento per la corona britannica. E, si direbbe, nulla è casuale. L’elezione di Carlo III ha dato il “la” – oltre che a un regno a guida maschile – alle mire di chi non vede di buon occhio la monarchia. E’ infatti con Carlo – sovrano flemmatico e poco carismatico – che si stanno di giorno in giorno moltiplicando le manifestazioni di chi chiede – a torto o a ragione – una nuova forma di governo per la Gran Bretagna.
Un modo per farle pagare l’uscita dall’Europa? O la conseguenza prevedibile della scomparsa di Elisabetta II? Non si sa ma quel che è certo è che anche a quelle latitudini i burattinai si stanno dando un gran da fare. Pianificando e diramando un comunicato clamoroso dietro l’altro, poi ripresi a ruota dai social: la malattia di Carlo, il ritorno a Corte dell’amico di Epstein Andrea e, adesso, perfino il decesso di Kate Middleton.
Quanto ci sia di vero è difficile saperlo. Quel che è certo è che l’obiettivo delle fughe di notizie – vere o presunte tali – è quello di restituire l’immagine di un regno debole, che si smantella ogni giorno di più a colpi di esternazioni tutt’altro che casuali.
ESTERI
Canada, proposta
di legge di Trudeau
per silenziare il dissenso online
Che Justin Trudeau, il primo ministro canadese, non fosse un campione in fatto di libertà garantite lo si era capito nel periodo covid, quando aveva promosso lockdown, Green Pass e vaccinazioni di massa. Adesso a certificare quest’ansia di controllo è arrivata una proposta di legge sui social media che si chiama Online Harms Act, che dietro gli apparenti buoni propositi nasconderebbe la volontà di silenziare il dissenso online, sempre maggiore dopo le scelte impopolari assunte da Trudeau.
Secondo Fox News la proposta scaturita dal disegno di legge del ministro alla Giustizia Arif Virani, consentirebbe di punire una persona prima che abbia commesso un reato, sulla base di informazioni quali la recidività del soggetto e il suo comportamento. Un’applicazione di quella Giustizia predittiva di cui si sente parlare sempre più spesso. “Un giudice provinciale – hanno rimarcato dall’emittente statunitense – potrebbe imporre gli arresti domiciliari o una multa se ci fossero ragionevoli motivi per credere che un imputato commetterà un reato.”
Una proposta che non ha frenato il dissenso online in Canada ma, anzi, lo ha aumentato, come raccontano le esternazioni di alcuni utenti alla notizia del prosieguo dell’iter del disegno di legge C – 63, pubblicato a febbraio e dal cui testo si è giunti all’Online Harms Act. “Riposa in pace libertà di parola”, ha scritto un utente canadese, mentre un altro ha ipotizzato che il primo ministro voglia assumere “un ruolo da dittatore”.
La versione del governo canadese
Ovviamente – come dicevamo – non sono mancate le giustificazioni da parte del governo canadese, che non vorrebbe altro che “frenare l’incitamento all’odio online”. E, a questo fine, starebbe facendo scandagliare i contenuti che conterrebbero “estremismo” e “violenza” e quelli dannosi per i minori. Cosa Trudeau intenda per “estremismo” e “violenza” non è però chiaro, né cosa consideri dannoso per i minori, giacché nei fatti a eccezione di molti post di dissenso silenziati tutto è rimasto praticamente immutato. E se tanti sono stati i proclami del governo canadese per proteggere i bambini dallo sfruttamento online, nei fatti nulla è stato fatto per rendere più attiva la macchina della giustizia quando si tratta di punire molestatori, pedofili e altre categorie che inquinano la rete.
Un recente sondaggio dell’Istituto Leger, del resto, ha rilevato che meno della metà dei canadesi pensa che l’Online Harms Act si tradurrà in un’atmosfera più sicura online. Parte degli interpellati hanno infatti detto di essere “diffidenti” nei confronti della capacità del governo di proteggere la libertà di parola.
ESTERI
Il record di Biden suggellato da un report. In una cosa ha superato Trump, Biden e Obama
Un rapporto di questo fine settimana pubblicato dal New York Post ha osservato che solo nel 2023 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha trascorso 138 giorni in vacanza in luoghi come Rehoboth Beach nel Delaware o a Camp David. Questo significa che Biden non solo si è dimostrato incurante degli scandali che stanno travolgendo la sua famiglia e il figlio Hunter in particolare, ma anzi ha speso più di un terzo dell’anno – il 37%, per la precisione — a non lavorare.
Questa tendenza non è nuova per Biden, anzi è un qualcosa che è iniziato nel 2021 ed è continuato nei due anni successivi. Nel corso della sua presidenza, secondo il Comitato nazionale repubblicano (RNC), Biden ha trascorso ben 417 giorni in vacanza. Attualmente si trova a St. Croix, nelle Isole Vergini, per festeggiare il Capodanno.
Un rapporto del New York Post ha osservato che ogni anno il presidente Biden ha preso più giorni di vacanza lontano dalla Casa Bianca rispetto ai suoi predecessori – Trump, Barack Obama e George W. Bush – durante le loro intere presidenze. Trump si è assentato dalla Casa Bianca 132 giorni in quattro anni. Bush ha trascorso 100 giorni del suo mandato nel suo ranch in Texas, mentre Obama, osserva il rapporto, ha passato 38 giorni lontano dagli impegni istituzionali.
L’ex presidente Donald Trump – in corsa per le presidenziali del 2024 – ha puntualizzato che il record mostra la lontananza di Biden dagli impegni assunti, e che lo stare continuamente in spiaggia impedisce al presidente in carica di compiere qualunque lavoro effettivo per il Paese. Anche se – è il commento ironico affidato ai giornalisti – la lontananza dai suoi uffici non è necessariamente negativa: “Se solo Biden fosse andato in quella spiaggia dove va così tanto e si fosse seduto lì cercando di sollevare la sedia, che pesa circa tre once, allora le cose sarebbero andate meglio per il Paese. Almeno non avrebbe distrutto il lavoro dei suoi predecessori”, ha detto Trump di recente.
I commenti sono arrivati durante l’ultima intervista di oltre due ore rilasciata a Breitbart News lo scorso giovedì dalla sua dimora di Mar-a-Lago, nel sud della Florida.