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Dopo la riconferma di ieri di Sergio Mattarella, il quadro è completo. Le mosse, gli inganni e le strategie sono stati finalmente svelati al termine di una settimana che ha restituito l’immagine di una politica spezzata, incapace di esprimere alternative. Trasversalmente desiderosa – è chiaro – di conservare il proprio status quo e, soprattutto, le poltrone a cui alcuni dovranno dire addio al termine della legislatura per effetto del taglio dei parlamentari. A uscirne con le ossa rotte – soddisfazione palesata o meno – sono praticamente tutti. Draghi, che ottiene una vittoria di Pirro che lo mette per il momento al riparo, proiettandolo in realtà verso un malcontento popolare prevedibilmente acuito. Salvini, che si è intestato e ha (volutamente?) bruciato la carta Casellati, manifestando l’incapacità di far quadrato attorno al presidente del Senato. Meloni, che incaponendosi su Nordio – divisivo candidato di bandiera – ha firmato l’ennesimo capitolo del gioco delle tre carte che ha come soliti protagonisti Lega, FI e FdI. Berlusconi e un partito che si fa franco tiratore per definizione, sottraendo il sostegno a una sua esponente. Il Pd di Letta, che con il no alla Casellati – figura femminile di rilievo – non ci ha fatto certo una bella figura. Mattarella, perfino, che si macchia del peccato originale che fu di Napolitano: quello di rimanere saldo al suo trono, Costituzione o meno, necessità di ricambio o no. Salvini lo chiama “sacrificio”, ma allo sforzo di salvare il Paese – manco fosse l’ultima persona in grado rimasta in Italia – il presidente della “Repubblica” si era già psicologicamente preparato. Prova ne sia il trasloco da Palermo a Roma, dove sarà stanziale per almeno un altro anno.

Volendo trarre un bilancio, il messaggio lanciato dai partiti e da chi è sotteso all’operazione di mancato ricambio è chiaro: Mattarella è l’unico che può trascinare lo Stivale digerendo tutto quello che si prospetta all’orizzonte. Dialogando – non a caso – con il neo-eletto presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, che orienterà il suo lavoro, fanno sapere i palazzi romani, verso un “bilanciamento tra Libertà e Sicurezza”. Con tutte le conseguenze (nefaste) del caso. Ma in ballo non c’è solo questo. La mossa della rielezione si tenta da sempre. E non è affatto una coincidenza che a promuoverla nel lontano ’98 – presidente Oscar Luigi Scalfaro – ci fosse proprio Mattarella, all’epoca capogruppo alla Camera dei popolari. Non è neppure questione da poco il fatto che il sempreterno presidente della “Repubblica” sia stato il relatore di una delle riforme elettorali più contestate, quel “Mattarellum” che introdusse il concetto di “scorporo” mischiando maggioritario e proporzionale.

E’ forse un caso che dopo neppure 24 ore dalla riconferma di Mattarella si parli di modifica della legge elettorale? Ovviamente no. Il tentativo è quello di far passare l’idea che cambi tutto, per non far cambiare – in realtà – nulla. Il 2023 si avvicina e per allora ognuno dovrà conservare il suo posto, ricoprendo un ruolo o l’altro e, soprattutto, tentando di scongiurare le elezioni. Quelle che non vuole nessuno, se non i partiti emergenti che per alcuni sono portatori di vecchi interessi. Meloni, già coccolata dal mainstream che la dipinge come l’unica ad essere uscita pulita dall’operazione Mattarella, per allora avrà conservato l’immagine dell’unica oppositrice, anche se oltre all’immagine ci sarà ben poco. Idealmente, tenendosi ben stretto il desiderio della premiership si porrà in contrapposizione a Draghi, che nel frattempo da palazzo Chigi potrebbe passare al Quirinale con le dimissioni anticipate di Mattarella. Colui – e qui il cerchio si chiude – che ne ha appositamente protetto il mandato. Intanto, si parlerà con sempre più insistenza di presidenzialismo, operazione che per questa volta non è riuscita in parte per la mancanza di tempi tecnici e in parte perché “spoilerata“. Anche di spoiler perisce il tentato rimpastone di inizio anno, negato dai leader di partito e per il momento messo da parte. L’obiettivo finale rimane comunque quello dell’uomo solo al comando che non deve rispondere al Parlamento, ma solo a sé stesso e ai diktat che piovono e pioveranno dall’alto. Ecco allora che le magre figure dei partiti diventano utili e strumentali: dove non riescono loro – è il sottotesto – riuscirà il monocrate che si prepara dietro le quinte.

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Roberto Esse

La Meloni con il suo partito è ben addentro alle porcherie di regime, non a caso è stata introdotta nell’Aspen Institute, e non certo per le sue grandi qualità dal passato di cameriera. Il partito già di per sé, ha il nome di uno slogan tanto caro ai massoni come Mameli: Fratelli d’Italia. In realtà non è mai stata nemmeno all’opposizione, dato che in regioni dove governa il centro destra, il suo partito è ampiamente compromesso nelle nefandezze dei governatori, come in Lombardia dove hanno condiviso e votato scelte da regime, come la nomina di Bertolaso. Il passato di costui si commenta da solo, evidentemente non lo conoscevano solo i politicanti lombardi di FI, mentre per il presente sono da ricordare due traguardi che lo entusiasmano: la Lombardia è la regione più vaccinata d’Europa, e i bambini lombardi devono essere vaccinati al 100%. Dunque sempre all’avanguardia anche FI, con la partecipazione reale e non teorica alla dittatura di stato. Quanto ad Amato, il grande statista, il roditore dei conti correnti degli italiani con il suo prelievo illegittimo e notturno a tradimento, è il servo adatto per tutte le stagioni, non per nulla fu uno dei pochi a salvarsi dalle inchieste sul Psi, ed ora non può certo esimersi dall’esecuzione di ordini superiori: controllare la Corte Costituzionale. Salvini invece non merita neppure un commento, è stato talmente abile, non solo nel concorrere a distruggere il paese, ma perfino ad auto annientare il suo partito, ma preferisce fingere di non capire, oppure non è in grado di capire e questo sarebbe ancora più grave.

marco

Tutto corretto, dalla prima all’ultima parola.
Detto da uno di destra che naturalmente non ha nulla da spartire con la spazzatura di lega e fratelli d’italia, nè tantomeno coi mafiosi sub umani di forza italia

POLITICA

Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe

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Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe | Rec News

Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.

In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.

Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).


 Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.

Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale.  (ANSA)

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Barolo Tabai Riserva Vintage 2019: Un tesoro enologico per il Mercato di Hong Kong

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Barolo Tabai Riserva Vintage 2019: Un tesoro enologico per il Mercato di Hong Kong
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Il Barolo Tabai Riserva Vintage edizione numerata del 2019 sta catturando l’attenzione degli intenditori e degli appassionati di vino di tutto il mondo. Questo vino d’eccezione non solo incarna la tradizione vitivinicola piemontese, ma si distingue anche per la sua qualità. L’edizione limitata lo rende particolarmente ambito nel mercato internazionale, con Hong Kong in testa.

Caratteristiche distintive del Barolo Tabai Riserva 2019

Il Barolo Tabai Riserva Vintage 2019 è frutto di una vendemmia eccezionale che si riflette nel suo carattere ricco e complesso. Al palato si presenta con una struttura solida e tannini eleganti, promettendo una longevità che lo rende perfetto per collezionisti ed estimatori.

Edizione numerata: un elemento di prestigio

Ogni bottiglia del Barolo Tabai Riserva 2019 è numerata, offrendo un’esperienza unica e irripetibile. Questa esclusività non solo accresce il suo valore, ma crea anche un senso di unicità e prestigio che è molto apprezzato dai connoisseur di Hong Kong, un mercato che valorizza i prodotti di lusso e di alta qualità.

Il Mercato di Hong Kong: il palcoscenico ideale

Hong Kong è rinomata per essere uno dei più importanti hub commerciali per il vino in Asia. La crescente domanda di vini di alta fascia fa del Barolo Tabai Riserva 2019 un protagonista indiscusso nelle migliori enoteche e ristoranti della città. I consumatori di Hong Kong, sempre alla ricerca di novità e prodotti esclusivi, trovano in questo Barolo un perfetto mix di tradizione e innovazione.

Come acquistare il Barolo Tabai Riserva 2019

Il Barolo Tabai Riserva Vintage 2019 è difficile da trovare, praticamente introvabile, perché il prezzo elevato che aumenta con il tempo e la rarità delle edizioni limitate numerate lo rendono un bene molto richiesto sia dai collezionisti che dagli intenditori.

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Opportunità di investimento per il 2024: il Gin del Cardinale Tabai

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Nel panorama degli investimenti alternativi, i vini e i distillati pregiati stanno emergendo come asset di grande valore. Tra le novità più intriganti per il 2024 spicca il Gin del Cardinale Tabai. Questo articolo esplora le ragioni per cui investire in un gin pregiato rappresenta un’opportunità interessante, e analizza i benefici più ampi di acquistare distillati pregiati.


Un Gin di Eccellenza

Il Gin del Cardinale Tabai si distingue per la sua produzione artigianale e l’attenzione ai dettagli. Realizzato con botaniche selezionate e distillato secondo metodi tradizionali, questo gin offre un profilo aromatico complesso e raffinato. Ogni bottiglia rappresenta un pezzo unico, frutto di un processo che rispetta i più alti standard di qualità.

Un mercato in forte crescita

Il mercato del gin sta vivendo una fase di espansione senza precedenti. La crescente popolarità dei cocktail a base di gin e l’interesse delle nuove generazioni stanno alimentando la domanda globale. Le previsioni indicano che questa tendenza continuerà nei prossimi anni, rendendo l’investimento in un gin di alta qualità come quello del Cardinale Tabai una mossa strategica, a fronte di una spesa di 300 euro (cassetta oro, confezione da due gin).

Investire in vini e distillati pregiati

Investire in vini e distillati pregiati offre diversi vantaggi rispetto agli investimenti tradizionali. Questi prodotti tendono a mantenere o aumentare il loro valore nel tempo grazie alla loro natura limitata e alla crescente domanda. Inoltre rappresentano un’ottima diversificazione per il portafoglio di un investitore, riducendo il rischio complessivo.

Protezione dall’Inflazione

I vini e i distillati pregiati sono considerati beni rifugio. Durante periodi di alta inflazione, questi prodotti mantengono meglio il loro valore rispetto ad altri asset, offrendo una protezione contro la perdita di potere d’acquisto.

Valorizzazione nel tempo

La scarsità di prodotti di alta qualità come il Gin del Cardinale Tabai ne favorisce l’aumento di valore nel tempo. Con un numero limitato di bottiglie prodotte annualmente, la domanda tende a superare l’offerta, portando a un apprezzamento del valore.

Diversificazione del portafoglio

Gli investimenti in vini e distillati pregiati offrono una diversificazione unica. A differenza delle azioni o delle obbligazioni, il valore di questi prodotti non è direttamente influenzato dalle fluttuazioni del mercato finanziario, offrendo una stabilità maggiore.

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Tradizione e innovazione: ecco il Barolo Tabai più ambito e desiderato dagli investitori 

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Tradizione e innovazione: ecco il Barolo Tabai più ambito e desiderato dagli investitori 
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Il Barolo Tabai Riserva 2019 in edizione limitata si presenta come una straordinaria opportunità per investire in vini nel 2024, attirando l’interesse degli appassionati di vino e degli investitori più lungimiranti. Prodotto nel cuore delle Langhe, questa riserva rappresenta l’apice dell’arte vinicola piemontese, combinando tradizione e innovazione per creare un vino di eccezionale qualità. La vendemmia del 2019 è stata particolarmente favorevole, caratterizzata da condizioni climatiche ideali che hanno permesso alle uve Nebbiolo di raggiungere una maturazione perfetta, conferendo al vino una struttura complessa e un equilibrio armonioso.

Come l’edizione 2018, ormai quasi introvabile, Il Barolo Tabai Riserva 2019 è limitato a poche migliaia di bottiglie, rendendolo un bene raro e prezioso. Questa scarsità contribuisce notevolmente al suo potenziale di apprezzamento nel tempo. I critici del vino hanno già elogiato questa annata per la sua eleganza e profondità, preannunciando un futuro brillante per chi sceglierà di investire in essa. Il vino si distingue per i suoi aromi intensi di frutti rossi, spezie e note terrose, che si evolvono ulteriormente con l’invecchiamento. Ogni bottiglia è numerata e certificata, garantendo autenticità e tracciabilità, elementi cruciali per gli investitori seri.

Dal punto di vista finanziario, il Barolo Tabai Riserva 2019 rappresenta un’opportunità di diversificazione del portafoglio, offrendo un’alternativa tangibile agli investimenti tradizionali. Storicamente, i vini pregiati hanno dimostrato una notevole capacità di conservare e aumentare il proprio valore nel tempo, rendendoli un rifugio sicuro contro l’inflazione e le fluttuazioni del mercato. Con l’incremento dell’interesse globale per i vini di alta qualità e l’attrattiva intrinseca delle edizioni limitate, il Barolo Tabai Riserva 2019 si prospetta come una scelta intelligente per gli investitori del 2024, combinando passione e profitto in un’unica, raffinata esperienza. Il suo prezzo può arrivare a 2000 euro a bottiglia.

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