“Liste uniche e nuove alleanze”, la previsione del senatore ben informato
Non nell’immediato, ma prima o poi si tornerà alle urne. Dove andrebbero Lega e Forza Italia e, sottotesto, cosa rimarrebbe delle velleità di Giorgia Meloni. Il Pd che dice “basta” a Letta e una nuova leadership che si affermerebbe in casa cinquestelle: lo spoiler di giornata di Matteo Renzi
Come ampiamente annunciato, dopo le dimissioni di Draghi congelate fino a dopodomani e la decisione di Mattarella di rinviare tutto alle Camere si è alzato il coro delle “responsabilità”. Era chiaro che la prevedibilissima mossa di una politica ormai a corto di argomenti fosse questa, ma certo non era facile immaginarsi che i partiti fossero talmente tanto con l’acqua alla gola da convincere sindaci, rettori e associazioni a fare da “uomo sandwich” all’ex presidente della Bce.
Non è comunque dagli appelli tutt’altro che spontanei della società civile che passa il destino politico del premier: i giochi sono già stati fatti, ma questa – ovviamente – è la fase in cui si tengono le carte coperte. Qualche scenario comunque trapela, non è chiaro se sia in senso di anticipazione o nel tentativo di sviare la stampa: se non dovesse essere confermata la permanenza di Draghi, sostengono i centristi, sarebbe già pronto un governo Amato popolato da figure di spicco del Sud, tra ministri riconfermati, sottosegretari, ex governatori, ex sindaci, assessori e consiglieri regionali, con una buona componente calabrese.
Un possibile esecutivo che riuscirebbe senza sforzo a far rimpiangere il “banchiere centrale senza cuore” (auto-cit.) visto che Amato è l’uomo dell’unico prelievo forzoso della storia italiana, avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992. Dalla padella alla brace, dunque: tolto di mezzo l’uomo della Troika, resterebbe quello che fece cassa mettendo le mani nei conti correnti degli italiani con la scusa dell’economia barcollante, in realtà per far fronte al crollo della lira ordito da Soros e dal suo fondo “Quantum”.
Quel che appare abbastanza certo, in ogni caso, è che si tratti di Draghi o di un altro si dovrebbe trattare di un governo provvisorio in grado di trascinare la baracca fino alle prossime elezioni: negli scorsi giorni abbiamo anche anticipato che fino al 24 settembre non si voterà, perché ai deputati urge prima di tutto raggiungere la tanta agognata pensione, che verrebbe meno in caso di una fine anticipata della legislatura. In loro supporto (hanno calcolato anche questo), viene inoltre l’articolo 61 della Costituzione, che prevede che dallo scioglimento delle Camere ci siano 70 giorni per le elezioni.
A quel punto, tuttavia, gli attuali assetti sarebbero talmente contorti e sbilanciati (anche per effetto del Taglio ai parlamentari) da fare in modo dall’appuntamento con le urne si uscisse senza vincitori e senza vinti. Tanto dicono le percentuali e le conte matematiche. E’ qui che ben si piazza lo spoiler del senatore Matteo Renzi, che nella mattinata di oggi ha parlato di possibili nuovi assetti politici, e in particolare di una “lista unica tra Salvini e Berlusconi” che lascerebbe – è il sottotesto – fuori Fratelli d’Italia. Fermenti a quel punto giungerebbero anche dal Pd, che direbbe “basta” al segretario Letta, in odore di larghissime intese con Meloni. Secondo Renzi novità ci sarebbero anche in casa M5S, dove Giuseppe Conte si vedrebbe insidiare la leadership da Raggi o Di Battista.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
POLITICA
Zuckerberg: “Su covid e vaccini costretti alla censura dagli uomini di Biden”
Dopo la decisione di sospendere i finanziamenti ai Fact Checker, il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha deciso di vuotare il sacco su alcune questioni controverse che avrebbero “costretto” il Social a fare piazza pulita di determinati contenuti. In particolare quelli riguardanti il covid e la campagna vaccinale, che negli Stati Uniti come altrove è stata caratterizzata dalla stigmatizzazione di chiunque osava avanzare dubbi e qualsivoglia critica rispetto al pensiero dominante.
Non un semplice caso – per quanto eclatante – di limitazione della libertà di espressione. Perché a sentire Zuckerberg dietro alla volontà di bannare i comunicatori indipendenti ci sarebbe stato un vero e proprio disegno politico messo in pratica per preservare gli interessi dei democratici. “Durante l’amministrazione Biden, quando cercavano di lanciare il programma di vaccinazione, mentre cercavano di promuovere quel programma, cercavano anche di censurare chiunque sostanzialmente si opponesse ad esso. E ci hanno pressati super forte per eliminare cose che, onestamente, erano vere… Fondamentalmente ci pressavano e dicevano “qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, in pratica dovete rimuoverla“. E’ quanto ha dichiarato il Ceo di Meta l’altro ieri, ospite di un podcast condotto da Joe Rogan.
“Queste persone dell’amministrazione Biden – ha proseguito Zuckerberg – chiamavano la nostra squadra e urlavano contro di loro e imprecavano… ci sono i documenti, è tutto pubblico”. E ancora: “Non penso che le pressioni affinché le società di social media censurassero i contenuti fosse legale. Il Primo Emendamento si applica al governo. Questo è il punto. Che al governo non è consentito censurare queste cose. Quindi, a un certo livello penso che, sì, avere persone nell’amministrazione che chiamano i ragazzi del nostro team e urlano contro di loro e imprecano e minacciano ripercussioni se non eliminiamo cose che sono vere, è piuttosto brutto”.
POLITICA
Maduro e la “grande alleanza mondiale contro i tiranni”
Nicolàs Maduro, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha giurato per il nuovo mandato nel corso della cerimonia che si è tenuta nei locali dell’Assemblea nazionale a Caracas. “Il Venezuela – ha detto il neo-eletto in occasione del discorso di insediamento – si prepara insieme a Cuba, al Nicaragua e ai nostri fratelli maggiori nel mondo, nel caso in cui un giorno dovessimo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria”. Concludendo il Festival internazionale antifascista mondiale, il successore di Hugo Chavez ha inoltre evocato una “grande alleanza globale” simile a quella che sconfisse il fascismo durante la Seconda guerra mondiale in grado di sfidare “la tirannia dei potentati occidentali”.
POLITICA
Vogliono aumentare (ancora) l’età pensionabile
Nel panorama economico e sociale attuale, il tema dell’età pensionabile è diventato particolarmente rilevante. L’aumento dell’età pensionabile che sarebbe previsto per il 2027 rappresenta una questione di grande interesse e preoccupazione per molti lavoratori. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa decisione, le sue implicazioni e cosa ci si può aspettare nel breve e nel lungo termine.
Le ragioni dietro l’aumento. La “sostenibilità” del sistema pensionistico
Uno dei motivi principali per cui il governo sta considerando l’aumento dell’età pensionabile è la cosiddetta “sostenibilità del sistema pensionistico”, che in realtà ha molto a che vedere con le casse sempre più asciutte dei sistemi di previdenza. Con l’allungamento della vita media e con produttività e turnover sempre più risicati, il numero di anni in cui le persone percepiscono la pensione è aumentato, mettendo sotto pressione i fondi pensionistici. Secondo i promotori dell’iniziativa, dunque, aumentare l’età pensionabile potrebbe tamponare la situazione bilanciando entrate e uscite. Non si sa per quanto, però, in mancanza di una riforma che possa dirsi tale e che tenga conto di necessità variegate.
Cambiamenti demografici
Un altro fattore cruciale è il cambiamento demografico. La diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione significano che ci sono meno giovani lavoratori per sostenere finanziariamente i pensionati. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe ridurre il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi, ma ha ripercussioni dirette su quei lavoratori costretti a rimandare la loro uscita dal mercato del lavoro.
Le implicazioni per i lavoratori: maggior tempo nel mercato del lavoro, più il problema dei lavori usuranti
Con l’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori dovranno necessariamente rimanere nel mercato del lavoro più a lungo. Questo può avere effetti sia positivi che negativi. Da un lato alcuni potrebbero trovare utile risparmiare di più per la pensione. D’altro canto, tuttavia, le nuove regole potrebbero essere sfidanti per coloro che svolgono lavori fisicamente usuranti o per chi desidera ritirarsi prima dal mercato del lavoro.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)