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Questa mattina il premier Mario Draghi si è presentato davanti alla Camera dei Deputati, dove ha manifestato la sua volontà di consegnare nelle mani di Mattarella le sue “determinazioni”, cioè le sue decisioni. E’ seguita la salita al Quirinale con la foto di rito e la prima comunicazione da parte della presidenza della Repubblica: Draghi ha “reiterato” le sue dimissioni – quindi le ha confermate – ma rimane “per il disbrigo degli affari correnti”. Rec News nella turbolenta giornata di ieri è stata l’unica testata a intravedere la possibilità di una permanenza di Draghi, mentre il mainstream era abbagliato dai fumogeni lanciati dai partiti.

Tecnicamente il governo Draghi non è “caduto” dopo il passaggio al Senato

Tecnicamente, infatti, ieri Draghi ha ottenuto la fiducia al Senato sulla risoluzione Casini con 95 voti favorevoli. In aula erano presenti in 192, 133 i votanti. La maggioranza era dunque fissata a 67 voti – raggiunti e superati – anche se non è stata ottenuta quella assoluta di 161 voti. Il governo Draghi, quindi, non è “caduto” ieri, anche se certamente la batosta politica c’è stata. “E’ un governo che ora è politicamente debole ma c’è”, osservavano nella serata di ieri fonti interne ai partiti.

Il M5S rimanendo in aula ha difatti consentito il raggiungimento del numero legale in Senato

Bisogna poi notare un altro particolare rilevante che non è stato messo in evidenza da nessuno, e cioè che la Fiducia è stata ottenuta proprio grazie al partito che formalmente ha innescato la crisi: il M5S ha infatti deciso di rimanere in aula come “presente non votante”, di fatto consentendo a Draghi di portarsi a casa l’assenso dell’emiciclo con il raggiungimento del numero legale. Al richiamo del presidente Casellati, infatti, è seguita la decisione di Conte, Castellone e compagni di non allontanarsi. Abbiamo parlato varie volte del gioco delle tre carte, che questa volta è stato fatto da grillini, forzisti e leghisti: nessuno aveva intenzione di intestarsi la fine di Draghi, che finora – limitandosi ai fatti e lasciando da parte le dichiarazioni – non c’è stata.

Il governo continuerà il suo lavoro fino a nuove elezioni

Il premier resta per “il disbrigo degli affari correnti”, dunque per portare avanti tutti quei provvedimenti e quelle contingenze che sono in scadenza da qui alle elezioni. In pratica il governo continuerà il suo lavoro, come se gli scossoni dell’ultima settimana non ci fossero mai stati, come se il “reality show” della politica – come lo ha definito Renzi – non si fosse mai verificato. L’unico cambiamento è che non potrà avviare nuovi iter legislativi.

Ma che succede se Mattarella scioglie le Camere?

Per questo pomeriggio alle 16.30 e alle 17 sono poi previsti i colloqui del Quirinale con i presidenti di Camera e Senato. Cosa potrebbe accadere se Mattarella decidesse di sciogliere le Camere? Che di fatto il Parlamento rimarrebbe congelato (si legga esautorato) per diversi mesi, il che eviterebbe a Draghi di dover apporre la fiducia su ogni singolo provvedimento. Diverse testate in questi giorni si richiamano al precedente del governo Ciampi, che nel 1994 tentò di consegnare le dimissioni ma si vide bloccare dal Quirinale. “In quell’occasione – scrive Il Riformista – in effetti il Presidente Scalfaro non procedette a giri di consultazioni, ma, sentiti i Presidenti delle Camere, come richiede l’art. 88 della Costituzione, procedette all’immediato scioglimento, inviando contestualmente ai Presidenti dei due rami del Parlamento una lettera per spiegare le ragioni di quella decisione. Un altro aspetto rende quell’episodio molto peculiare e, forse, interessante anche per l’oggi. Il Presidente della Repubblica non si limitò, come normalmente fa, a prendere atto delle dimissioni e a invitare il governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti, ma, espressamente, respinse le dimissioni di Ciampi, che non le aveva qualificate “irrevocabili”.

La favola delle elezioni “subito”

Limitandosi a guardare i fatti, insomma, da quando è stata dichiarata la “crisi di governo” (che a ragion veduta abbiamo definito farsa) è cambiato ben poco. Draghi ha finto di fare le valigie, i partiti e il mainstream hanno preso parte a un teatrino studiato nei minimi particolari, che nell’immediato deve restituire l’idea – niente altro – delle elezioni. Se solo lo volessero, infatti, potrebbero organizzare l’appuntamento con le urne in 20 giorni, perché l’articolo 61 della Costituzione dice che le elezioni hanno luogo entro 70 giorni dallo scioglimento delle Camere. L’idea di far slittare tutto a settembre-ottobre (bene che vada, a questo punto) è quindi motivata – come già scritto – da nient’altro che dal mantenimento dei privilegi economici che i deputati matureranno il 24 settembre, altro che la festa ebraica del 25 settembre.

“Scossoni” per far digerire i nuovi assetti politici

Negli ultimi giorni, inoltre, negli ambienti interni ai partiti la parola d’ordine era “scossoni” e non certo “elezioni”. Alcuni li stiamo già vedendo: Il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini nella giornata di ieri ha lasciato Forza Italia. Rimane vuoto un dicastero che – si immagina – verrebbe occupato volentieri dai leghisti, che intravedono nell’autonomia differenziata menzionata ieri da Draghi l’ultima battaglia in grado di restituirgli i favori di certo elettorato. Anche Brunetta ha fatto le valigie, e di sicuro non è che l’inizio di copiose fuoriuscite che potrebbero andare a rinfocolare le fila del nuovo Centro. Nelle nuove coalizioni che si stanno per delineare, inoltre, i concetti di “destra” e “sinistra” saranno piuttosto sfumati, e ci si potrebbe trovare dinanzi ad alleanze che fino a questo momento sembravano inaspettate motivate dai nuovi assetti conseguenti al Taglio dei parlamentari.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”

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Illeciti lungo le coste, i numeri del report "Mare Monstrum"

Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.

“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.

617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.

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POLITICA

DDL Semplificazioni e farmacia dei servizi, “risolvere le criticità”

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DDL Semplificazioni e farmacia dei servizi, "risolvere le criticità" | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

“In relazione al DDL Semplificazioni, recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri e non ancora formalizzato in Parlamento, la FNO TSRM e PSTRP desidera esprimere con spirito propositivo alcune considerazioni in merito agli annunciati contenuti dell’articolato atto a promuovere l’erogazione dei sevizi presso le farmacie”.

“In premessa, va sottolineato come siano del tutto condivisibili le finalità che il legislatore intende perseguire. Soprattutto nei piccoli centri abitati la possibilità per i cittadini di poter usufruire di tutta una serie di servizi, dalla telemedicina alla possibilità di effettuare la scelta del medico di famiglia o di eseguire test diagnostici per il contrasto all’antibiotico resistenza, sono alcuni degli aspetti certamente positivi della norma”.

“Di contro vanno evidenziate alcune possibili criticità nell’implementazione delle analisi in farmacia, rispetto ai laboratori clinici. In particolare nella fase pre-analitica dell’effettuazione del prelievo, che risulta essere fondamentale per garantire l’affidabilità e la sicurezza dei risultati, è necessario il rispetto degli standard universalmente riconosciuti, come del resto nella successiva fase analitica solo la conoscenza dei processi e la corretta gestione dei controlli di qualità da parte dei professionisti di laboratorio può garantire affidabilità e precisione dei dati acquisiti”.

“Da non sottovalutare neppure la fase di refertazione dei risultati dove è necessario garantire al cittadino una chiara e corretta comunicazione soprattutto nei casi in cui siano emersi valori critici”.

“L’articolo del DDL Semplificazioni circolato a mezzo stampa, sembra invece voler trasformare le farmacie in spazi multifunzionali del tipo “diagnostica di base in una casa di comunità” e autorizza la farmacia, a differenza di un laboratorio analisi. La consegna degli esami attraverso uno scontrino senza firma del clinico, saltando la fase di validazione tecnica che è la sintesi di competenze analitiche, conoscenze biochimiche, biologiche e di capacità comunicative (ISO 15189:2023) proprie del professionista Tecnico sanitario di laboratorio medico (TSLB) al quale spetta anche la verifica dell’attendibilità dei risultati oltre all’assunzione di responsabilità nei confronti della persona che riceve i risultati e o referto”.

“Allo stato attuale i test eseguiti nelle farmacie sono paragonabili agli esami eseguiti in autotest. Per ogni esame sarà invece necessario utilizzare specifica strumentazione nel rispetto degli standard e delle metodiche in grado di garantire la qualità del parametro analizzato. L’uso dei sistemi Point of care testing (PoCt) risulta infatti adeguato nella fase di autocontrollo e monitoraggio della malattia, mentre è inadeguato nella fase di diagnosi. Per questo motivo è necessaria la corretta gestione di questi dispositivi anche per evitare le potenziali conseguenze derivanti dall’uso di risultati non attendibili degli esami”.

“È necessario approfondire infine la portata della previsione, certamente innovativa, che consente l’erogazione di questa tipologia di analisi su prescrizione medica e rimborsate alla farmacia dal SSN anziché decisa e pagata “out of pocket” dal cittadino. Non va trascurato il tema dell’accreditamento della farmacia dei servizi in qualità di struttura convenzionata con il SSN, al pari di un laboratorio privato convenzionato, implicando specifici requisiti nei confronti dell’accreditamento istituzionale, ossia dal punto di vista dei locali e delle attrezzature, sia dal punto di vista delle competenze certificate che devono essere possedute dal personale che esegue i test analitici”.

“L’auspicio è che nel corso dell’iter parlamentare del DDL le succitate criticità possano essere spunto per un’attenta riflessione e contribuiscano a migliorare i contenuti della norma nell’esclusivo interesse della popolazione e a tutela della loro salute”. Così la Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

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POLITICA

Presentata alla Farnesina la Commissione Economica Mista Italia-Cina (CEM)

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Carenze energetiche, governo al lavoro, ma per l'Africa | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Si è tenuta oggi presso la Sala Aldo Moro della Farnesina la conferenza stampa di presentazione della Commissione Economica Mista Italia-Cina (CEM) e del Business and Dialogue Forum bilaterale che si terrà a Verona l’11 e il 12 aprile. All’evento oltre al ministro agli Affari Esteri Antonio Tajani ha preso parte il Ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

La Commissione Economica Mista Italia-Cina (CEM) è uno strumento di cooperazione con la Cina in materia economica e commerciale ed è inclusa tra i meccanismi di dialogo del Partenariato Strategico Globale istituito nel 2004. Dal 2019, la CEM è coordinata ed organizzata per parte italiana dalla Farnesina e si svolge a livello di Ministri.

Il Business and Dialogue Forum Italia-Cina si propone di offrire un foro di dialogo e di promozione della cooperazione economica in settori individuati come prioritari, oggetto anche dell’agenda dei lavori della CEM (agritech, e-commerce, investimenti, farmaceutico e biomedicale). Oltre al Ministro Tajani ed al Ministro Wentao sono intervenuti rappresentanti di ICE, Confindustria e delle relative controparti cinesi membri della Segreteria tecnica del Business Forum, oltre che esponenti del polo per l’internazionalizzazione (SACE, SIMEST, CDP) e una selezione di aziende italiane e cinesi.

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POLITICA

Alemanno (Indipendenza): “L’Europa va azzerata e ricostruita”

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Alemanno (Indipendenza): "L'Europa va azzerata e ricostruita" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“L’idea di Movimento Indipendenza è che l’Italia sia più indipendente rispetto ai vincoli dell’Unione Europea e rispetto alle guerre che facciamo grazie alla NATO e per una sudditanza nei confronti degli Stati Uniti da cui ci dobbiamo liberare. Allo stesso tempo, l’UE ci impone dei vincoli economici che ci impediscono di crescere e difendere i nostri diritti sociali e anche da questi vincoli bisogna liberarsi, questo significa indipendenza”.

A parlare è Gianni Alemanno, fondatore di Indipendenza, ospite a Radio Cusano Campus nel corso del programma ‘L’Italia s’è desta’ condotto dal direttore del giornale radio Gianluca Fabi e Roberta Feliziani.

“Siamo sovranisti – precisa l’ex sindaco di Roma – però siccome sovranismo è una parola che può creare confusione parliamo di indipendenza dell’Italia, un principio statuito nella Costituzione ma che purtroppo i nostri governanti hanno completamente tradito.  La globalizzazione è finita con la guerra in Ucraina e con il conflitto tra l’unipolarismo americano e i BRICS, l’alleanza fra Russia, Cina, India, Brasile, Iran, Sud Africa che, sostanzialmente, si sono uniti perché vogliono un mondo multipolare, in cui ogni popolo abbia la propria sovranità e possa esprimere il proprio orientamento. Ma non sarò eletto – precisa Alemanno – non sarò eletto perché un decreto voluto da Fratelli d’Italia, approvato anche dal Presidente della Repubblica, impedisce a noi movimenti di derogare alla raccolta di firme. Questa decisione è stata presa a un mese dal termine della raccolta delle firme, quindi in un tempo in cui non ci è consentito recuperare”.

Alemanno a tal proposito si appella alla Costituzione Italiana dicendo: “È assolutamente incostituzionale, lo abbiamo anche scritto al Presidente della Repubblica che ci ha ignorato. Detto questo, in Europa il passo fondamentale è quello di riuscire a recuperare un’autonomia rispetto a quelli che sono i parametri rigoristi di Bruxelles”. E guardando al nostro Paese, “Il problema più grave è il patto di stabilità firmato da Giorgetti che obbligherà l’Italia nei prossimi 10 anni a fare manovre correttive di 14miliardi di euro l’anno senza quindi poter crescere”.

Riguardo invece all’Unione Europea: “Continuiamo a dire che vogliamo cambiare l’Europa , peccato che la Germania e i paesi del nord non abbiano nessuna voglia di cambiare l’Europa. Questa Europa va azzerata e ricostruita da capo, perché così non si va da nessuna parte”, ha sottolineato l’esponente di Indipendenza. E continuando sui recenti conflitti internazionali, Alemanno ha poi aggiunto: “Manca percezione della realtà, continuiamo a dire che l’Ucraina può vincere contro la Russia quando in realtà tutti gli analisti militari dicono che questo è assolutamente impossibile. Continuiamo a dire che Netanyahu sta sbagliando, che nella striscia di Gaza è in atto un eccidio, ma non si fa nulla per fermare Israele. La storia ci insegna che tutti i conflitti mondiali sono nati in base alla mancanza di percezione della realtà”, ha detto ancora Alemanno.

Riguardo invece all’accordo saltato con Cateno De Luca: “Da un certo momento in poi De Luca ha voluto imporre una propria leadership molto netta su questa aggregazione, praticamente andando ad aggregare tutto il contrario di tutto, ma non si può andare alle elezioni a tutti i costi e rischiare di confondere il proprio messaggio”.

Infine Alemanno ha voluto spiegare le differenze tra la sua concezione di destra e quella di Giorgia Meloni. “Quella della Meloni è la classica destra liberista e neoconservatrice di stampo americano, mentre la mia è una destra sociale, una destra critica nei confronti dell’americanismo. Sostanzialmente c’è una critica antiamericana che ha origini dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Ma il fatto che esistano due destre così diverse, torna quello che ho detto prima, forse i vecchi schemi di destra e sinistra sono un po’ superati”, ha concluso. 

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