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Non è un mistero per nessuno il fatto che tutti i partiti vecchi e nuovi in corsa alle Politiche – nessuno escluso – abbiano una comunione di intenti superiore a quella dei componenti di una squadra sportiva. A tenerli coesi, uniti come le dita di una mano – per dirla alla Verga – non sono solo i propositi, ma le consorterie che li accomunano. Appartenenza a organismi e a gruppi di pressione, vicinanze con multinazionali e con governi stranieri, provenienze “familiari”: tutto è già stato equamente diviso per avere la certezza matematica che nulla cambi e anzi degeneri, e che tutti i 600 che siederanno tra Camera e Senato rimangano meri esecutori delle agende sovra-nazionali.

In questa orchestra sgangherata ognuno suona il suo strumento e ognuno si premura di non accavallarsi al “collega”, preoccupandosi di presentare sempre e solo programmi di bandiera che strizzano l’occhio a determinate macro-aree. Ci sono quelli che fanno promesse esorbitanti che esulano dalle logiche di partito e che dunque sanno di non poter mantenere (Uscita dall’Europa, dall’Oms e dalla NATO), chi cavalca l’emergenza sanitaria che ha permesso la proliferazione di più di una scatola di facciata svuotata di contenuti e chi strizza l’occhio ai temi sociali, come se tutto il resto non esistesse. C’è chi promette sostegno all’estero anziché guardare ai guai di casa propria e chi rispolvera i suoi cavalli di battaglia giusto per la campagna elettorale.

Tutto per restituire l’idea – niente al di là di quella – che ancora esista un brandello di democrazia e che andare a votare abbia ancora un senso, anche se tutto (dalla spartizione dei collegi ai cambi di casacca, dalle porte girevoli ai brogli elettorali) suggerisce il contrario. In questo marasma che fa desiderare un 25 settembre trascorso al mare o in montagna, il centrodestra ha reso nota la bozza del suo programma in 15 punti “Italia Domani”, che abbiamo visionato. Bene, si dirà: almeno c’è. E’ un progresso. Ma quello che stona delle 7 pagine fatte pervenire alla stampa – oltre all’approssimazione e ai fiumi demagogia – è la quasi totale assenza dei temi cari al centrodestra e, di contro, la riproposizione supina dei temi tipici degli ultimi governi a trazione sinistra che si sono succeduti.

“Più Europa nel mondo e un piano straordinario per lo sviluppo del Continente Africano (!)

Definitivamente accantonato l’anti-europeismo e il sovranismo di facciata che ha caratterizzato l’ascesa della Lega e di Fratelli d’Italia, la prima parte del programma di centrodestra è completamente adagiata sulla predominanza dell’Unione Europea. Al punto 1.2 di un elenco che si rivolge ad italiani di cui non si deve avere una grande considerazione, spunta così “il sostegno all’Ucraina” tanto caro alla Meloni, al punto 1.3 la “Piena adesione al processo di integrazione europea”. Non manca neppure la “transizione ecologica” di Agenda 2030 e di Cingolani, il ministro – si spera – uscente convinto che le persone siano “parassiti” che infestano il Pianeta che però ha già avuto la benedizione di Salvini per un possibile ingresso nel nuovo esecutivo.

C’è poi il “Piano straordinario europeo per lo sviluppo del continente africano, anche attraverso politiche di cooperazione internazionale finalizzate a crescita socio-economica e stabilità politica”. Ma perché uno Stato economicamente depresso come l’Italia con il tasso di disoccupazione più alto in Europa dovrebbe prevedere risorse per un’Africa già lanciata dalle politiche europee, dalla creazione del Patto per il libero mercato e il libero scambio (Afcfta) e dall’Agenda 2063 dell’ONU? Perché dovrebbe posizionare su una pista di decollo Stati che sono ormai rivali commerciali, soprattutto per quello che riguarda l’agricoltura? Perché gli italiani dovrebbero arrendersi al tracollo demografico e sovvenzionare di tasca propria la proliferazione della middle class africana?

Perché si dovrebbero “aiutare a casa loro” (in realtà finanziare) nigeriani, tunisini ghanesi – cedendo alla minaccia che altrimenti vengono a vivere gratis in Italia? Per la serie “o ti mangi stà minestra”, ecc. ecc. La risposta è ovvia: la classe politica italiana è al lavoro sul tramonto definitivo delle grandezze del Belpaese e su un’idea di Mediterraneo completamente diversa, dove l’Italia conterà come il due di briscola. La chiusa del punto 1 la dice lunga a questo proposito, richiamando la “Difesa e la promozione delle radici e le identità storiche e culturali classiche e giudaico-cristiane dell’Europa”.

L’Agenda Colao

Ai punti 2 e 3 troviamo invece i temi che sono stati cari al ministro all’Innovazione Vittorio Colao: “Banda ultralarga in tutta Italia” (essenziale per lo sviluppo definitivo del 5G) , “Delegificazione e deregolamentazione per razionalizzare il funzionamento della Pubblica amministrazione”, “Digitalizzazione della pubblica amministrazione”. Al punto 10 si parla della “digitalizzazione dell’intera filiera del settore turistico”, che ha il suo lato positivo ma anche un rovescio della medaglia negativo: con la digitalizzazione completa di opere e monumenti (che un domani potrebbe essere acuita da contesti come il metaverso) le ricadute sul settore ricettivo, sulla ristorazione e sul commercio potrebbero essere drammatiche, perché i turisti sarebbero disincentivati a visitare di persona i luoghi di interesse. Un Colao è comunque per sempre se si pensa che anche in caso di sostituzione il centrodestra al governo porterebbe avanti i suoi mantra con un “incremento della videosorveglianza” e con il “controllo capillare del territorio”, tutte cose che dal Green Pass in poi assumono contorni più che inquietanti.

Tornano i vecchi pallini dell’Autonomia e del presidenzialismo

Qualcosa di centrodestra comunque c’è: torna il pallino di Fratelli d’Italia per il presidenzialismo ad personam voluto dalla Meloni e quello della Lega per l’Autonomia. C’è il “no” secco alla patrimoniale (perché le tasse in Italia devono continuare a spolpare solo il ceto medio e medio-basso), e c’è l’idea dello “sgombero immediato delle case occupate”. Torna la Flat Tax – senza che si sia ancora capito dove verranno presi i soldi per estenderla alle Partite IVA fino a 100mila euro – e si afferma lo slogan irrealistico e anzi dannoso del “chi più assume, meno paga”, che come unico effetto reale potrebbe avere un’abbassamento vertiginoso degli stipendi: senza garanzie sul salario minimo non si fa altro che fare il gioco di chi si fa carico del lavoratore per qualche mese e poi lo licenzia, oltre che delle multinazionali estere esentate dai controlli che possono permettersi grandi campagne di assunzioni squisitamente sottopagate.

“Rafforzamento della medicina predittiva”

Al punto 7 ci sono poi i temi sanitari su cui sono stati innestati i governi Conte bis e Draghi. A inizio capitolo si legge dello “Sviluppo della sanità di prossimità e della medicina territoriale, rafforzamento della medicina predittiva e incremento dell’organico di medici e operatori sanitari”. Che cos’è la medicina predittiva? Quel ramo del settore interamente basato sulla genetica e sui dati ricavati dal paziente che sfrutta le nuove tecnologie e dispositivi digitali esterni (es. pacemaker, rilevatori) o interni (chip sottocutanei, batteri ingegnerizzati, ecc.). Si tratta in pratica dello sviluppo di quella telemedicina su cui continua a essere assente un dibattito pubblico e democratico in grado di informare le persone delle possibilità ma, anche, dei possibili rischi rispetto all’erogazione di cure non tradizionali. Al punto 7 del programma di centrodestra tornano il covid e i vaccini e si palesa il “principio del convincere per non costringere” che fu caro a Speranza. E già nominare la possibilità della costrizione, anche solo per negarla, è un tutto dire.

I voucher di Renzi

Nel capitolo dedicato al lavoro e alla “economia reale” vengono di nuovo riproposti i voucher lavoro, i buoni creati dal Jobs Act di Renzi che secondo alcuni hanno normalizzato il precariato e il lavoro occasionale. Aboliti nel 2017, nel 2020 sono tornati grazie alla crisi indotta dal covid, e secondo il centrodestra sono qui per restare.

Il reddito universale

Fa poi riflettere il fatto che il centrodestra che si batte “contro questo reddito di cittadinanza” e promuove campagne televisive contro i percettori, parli dell’introduzione di “sussidi universali” che hanno ideologicamente permesso lo sviluppo – in area cinquestelle – dell’Rdc per come lo conosciamo oggi. Il reddito universale viene già erogato in molti Stati europei. Si tratta, com’è noto, di un salvadanaio di base che sostiene tutti – indistintamente – con una erogazione mensile che si aggira intorno ai 1500-2000 euro. I problemi di fondo risiedono però nell’agevolazione di dinamiche legate all’assistenzialismo puro, pericoloso in tempi in cui non esistono alternative. Quanto può durare? Che futuro ha uno Stato che ha dimenticato la produttività, si svuota di aziende e lavoratori costretti a migrazioni di massa e si pone in condizioni di netto svantaggio rispetto ai concorrenti europei? E che succede se il reddito universale diventa la leva per far accettare misure che restringono la libertà personale e aumentano il regime di controllo? L’esempio pratico è quello di un possibile reddito universale ancorato al proprio ID digitale, senza il quale un governo può decidere arbitrariamente di escludere dal beneficio intere fette di popolazione che poi, in tempi di crisi estrema, non avranno nessun lavoro ad attenderli.

Demagogia a palate

In ogni campagna elettorale per le Politiche che si rispetti, inoltre, è quasi obbligatorio nominare “il Sud e le aree svantaggiate”, la riduzione delle tasse, i disabili, la “tutela del lavoro”, le periferie, la “riqualificazione dei quartieri”, la “meritocrazia”, la “lotta alle mafie”, il “contrasto allo spaccio di droghe”. Però da decenni la questione meridionale sta tutta lì, la pressione fiscale aumenta nonostante i proclami che giungono da più parti, non si fa nulla per abbattere le barriere architettoniche nel trasporto pubblico (per esempio multando le aziende che non si adeguano alle normative vigenti) e la mafia è tutta lì, con il suo carico di degrado sociale e la colonizzazione di interi quartieri prestati ai più svariati commerci illeciti. Si può fare qualcosa? Certo, ma nessuno se ne farà carico per non andare contro i piani europei di smantellamento dell’Italia e perché nelle stanze dei partiti gira già la voce – certo, da confermare – dell’ intenzione di promuovere l’ennesimo governo lampo accomodato sulle posizioni che sono state di tutti gli esecutivi che l’hanno preceduto.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

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Illeciti lungo le coste, i numeri del report “Mare Monstrum”

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Illeciti lungo le coste, i numeri del report "Mare Monstrum"

Legambiente ha presentato il nuovo report “Mare Monstrum 2024” con i numeri degli illeciti ambientali lungo le coste italiane. Il Lazio si posiziona al quinto posto tra le peggiori regioni per numero di illeciti, con 1.529 reati in un anno: 1.626 sono state le persone denunciate, 7 quelle arrestate, 334 i sequestri effettuati, 2.450 gli illeciti amministrativi, 2.470 le sanzioni amministrative e 18.035.897. Sono complessivamente 11 ogni km di costa le infrazioni nella Regione.

“I crimini ambientali lungo le coste del Lazio mettono a dura prova la qualità del nostro mare – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio –, l’attenzione va tenuta altissima contro ogni abuso edilizio che continua ad essere il reato principale, ma anche per contrastare i reflui non depurati, la pesca illegale e tutte le violazioni del codice della navigazione nel settore nautico. Con i nostri volontari e grazie alle nostre campagne, continuiamo come sempre a generare centinaia di momenti di pulizia, individuare criticità nei sistemi di depurazione, analizzare con la citizen science gli elementi di maggior impatto tra i rifiuti abbandonati; c’è però bisogno che le amministrazioni alzino l’attenzione contro gli ecoreati sul mare, senza giustificazioni o condoni come quelli che invece sta continuando a proporre il consiglio regionale e che continuiamo a ritenere un percorso devastante per l’ambiente e per la qualità della vita nei nostri territori: gli abusi vanno abbattuti e non sanati”.

617 sono infatti i reati di abusivismo edilizio, 518 sono i reati di mare inquinato da smaltimento illecito di rifiuti, scarichi illegali e maladepurazione. Sono poi 262 i reati legati alla pesca illegale con 12.596 kg di prodotti ittici sequestrati, e infine 132 sono le violazioni del Codice della navigazione e nautica da diporto. I numeri del rapporto sono elaborati da Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto per il 2023.

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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato

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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica

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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale

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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D'Alema con la Bicamerale del '97 | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.

Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D'Alema con la Bicamerale del '97 | Rec News dir. Zaira Bartucca

Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).

“L’Unità” del 05/06/1997

I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.

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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane | Rec News dir. Zaira Bartucca

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale

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