Tra continuità e rottura, il governo Meloni è in carica
I pretoriani e le “quote diritti”, gli esperti di istituzionese e gli interventisti. Cosa c’è di nuovo (e di vecchio) nel governo che sarà guidato da Giorgia Meloni
Due parole potrebbero riassumere il governo Meloni che questa mattina ha giurato davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: continuità e rottura. La prima è incarnata soprattutto dalla presenza di Giancarlo Giorgetti, il tessitore leghista che dal 2013 – quando viene inserito tra il gruppo dei “Grandi Saggi” da Giorgio Napolitano – aleggia nelle istituzioni. A lui spetterà il compito più ostico: traghettare l’economia del Paese in un momento che l’uscente premier Mario Draghi ieri a Bruxelles ha definito – ottimisticamente – “difficile”.
L’anima atlantista e interventista propria del governo appena formato è invece incarnata da Adolfo Urso, che guiderà il ministero delle Imprese e del Made in Italy (prima MISE). Ex presidente del Copasir, negli anni ’80 è missino, nei ’90 contribuisce alla fondazione di Alleanza Nazionale. Presidente della Fondazione Fare Futuro, è sposato con Olga Sokhnenko, ucraina proveniente dalla Repubblica di Lugansk. Fa parte dei cosiddetti “pretoriani” di Giorgia Meloni assieme a Ignazio Larussa (presidente del Senato), Guido Crosetto (Difesa), Daniela Santanché (Turismo), Luca Ciriani (Rapporti con il Parlamento) e Francesco Lollobrigida, il cognato di Giorgia Meloni che presiederà il ministero dell’Agricoltura.
Il filo (azzurro, più che rosso) tra i governi Conte, Draghi e Meloni è rappresentato invece da Elisabetta Alberti Casellati, presidente uscente del Senato, berlusconiana che il Cav avrebbe voluto alla Giustizia che però dovrà accontentarsi di un ministero senza portafoglio alle Riforme. Il Guardasigilli sarà invece Carlo Nordio, che avrà il compito di riformare il sistema dei tribunali e anche quello di lasciarsi alle spalle – e di sotterrare definitivamente – qualche uscita come minimo ambigua.
Si parla, ancora, “istituzionese” con le rassicuranti nomine a vicepremier di Antonio Tajani (alla Farnesina) e Matteo Salvini. Il segretario della Lega ottiene il dicastero alle Infrastrutture e alla Mobilità sostenibile da dove potrebbe portare a casa l’agognato Ponte sullo Stretto e un punto di vista privilegiato sugli snodi portuali. Sempre in quota Carroccio la nomina strategica di Roberto Calderoli (Affari regionali) e quelle di Alessandra Locatelli (Disabilità), Matteo Piantedosi (Interno) e Giuseppe Valditara (Istruzione).
Le quote “diritti”
Un punto di rottura rispetto ai precedenti esecutivi progressisti è invece rappresentato dalle nomine di Eugenia Maria Roccella (ministro della Famiglia e della Natalità) e di Alfredo Mantovano (sottosegretario). La prima – ex radicale redenta – dovrebbe essere la garante dei diritti delle madri e dei nascituri, cui il governo Meloni promette di dare sostegno economico per scongiurare la pratica dell’aborto come scorciatoia rispetto alla crisi economica delle famiglie. Mantovano – giurista e co-fondatore del Centro Studi Livatino – è l’anima cattolica dell governo, quasi in rappresentanza di quella quota di elettori che con i precedenti governi ha patito, tra le altre cose, il colpo inferto ai luoghi di culto. Co-adiuverà il lavoro di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, da dove ha scalzato – per il momento – Fazzolari, dato per certa dai media mainstream. Una triade che si completa idealmente con la nomina di Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera, tre volte laureato, identitario e fervente sostenitore dei diritti delle famiglie naturali e del Diritto alla Nascita.
Il centroavanti dell’ISS e il premio al governatore che impose il Green Pass
Finite nel nulla le teorie su Licia Ronzulli ministro della Salute. L’incarico sarà ricoperto da Orazio Schillaci, già componente del comitato tecnico-scientifico che tutti ormai ricordano per la gestione del periodo covid. Premiato con un ministero delle Politiche del Mare e del Sud (altro dicastero strategico per quanto riguarda il Ponte sullo Stretto) è Nello Musumesi, il governatore siciliano uscente che impose per primo il Green Pass negli uffici pubblici. Parentesi istituzionali tristi che, si spera, il governo Meloni vorrà archiviare.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
POLITICA
Zuckerberg: “Su covid e vaccini costretti alla censura dagli uomini di Biden”
Dopo la decisione di sospendere i finanziamenti ai Fact Checker, il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha deciso di vuotare il sacco su alcune questioni controverse che avrebbero “costretto” il Social a fare piazza pulita di determinati contenuti. In particolare quelli riguardanti il covid e la campagna vaccinale, che negli Stati Uniti come altrove è stata caratterizzata dalla stigmatizzazione di chiunque osava avanzare dubbi e qualsivoglia critica rispetto al pensiero dominante.
Non un semplice caso – per quanto eclatante – di limitazione della libertà di espressione. Perché a sentire Zuckerberg dietro alla volontà di bannare i comunicatori indipendenti ci sarebbe stato un vero e proprio disegno politico messo in pratica per preservare gli interessi dei democratici. “Durante l’amministrazione Biden, quando cercavano di lanciare il programma di vaccinazione, mentre cercavano di promuovere quel programma, cercavano anche di censurare chiunque sostanzialmente si opponesse ad esso. E ci hanno pressati super forte per eliminare cose che, onestamente, erano vere… Fondamentalmente ci pressavano e dicevano “qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, in pratica dovete rimuoverla“. E’ quanto ha dichiarato il Ceo di Meta l’altro ieri, ospite di un podcast condotto da Joe Rogan.
“Queste persone dell’amministrazione Biden – ha proseguito Zuckerberg – chiamavano la nostra squadra e urlavano contro di loro e imprecavano… ci sono i documenti, è tutto pubblico”. E ancora: “Non penso che le pressioni affinché le società di social media censurassero i contenuti fosse legale. Il Primo Emendamento si applica al governo. Questo è il punto. Che al governo non è consentito censurare queste cose. Quindi, a un certo livello penso che, sì, avere persone nell’amministrazione che chiamano i ragazzi del nostro team e urlano contro di loro e imprecano e minacciano ripercussioni se non eliminiamo cose che sono vere, è piuttosto brutto”.
POLITICA
Maduro e la “grande alleanza mondiale contro i tiranni”
Nicolàs Maduro, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha giurato per il nuovo mandato nel corso della cerimonia che si è tenuta nei locali dell’Assemblea nazionale a Caracas. “Il Venezuela – ha detto il neo-eletto in occasione del discorso di insediamento – si prepara insieme a Cuba, al Nicaragua e ai nostri fratelli maggiori nel mondo, nel caso in cui un giorno dovessimo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria”. Concludendo il Festival internazionale antifascista mondiale, il successore di Hugo Chavez ha inoltre evocato una “grande alleanza globale” simile a quella che sconfisse il fascismo durante la Seconda guerra mondiale in grado di sfidare “la tirannia dei potentati occidentali”.
POLITICA
Vogliono aumentare (ancora) l’età pensionabile
Nel panorama economico e sociale attuale, il tema dell’età pensionabile è diventato particolarmente rilevante. L’aumento dell’età pensionabile che sarebbe previsto per il 2027 rappresenta una questione di grande interesse e preoccupazione per molti lavoratori. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa decisione, le sue implicazioni e cosa ci si può aspettare nel breve e nel lungo termine.
Le ragioni dietro l’aumento. La “sostenibilità” del sistema pensionistico
Uno dei motivi principali per cui il governo sta considerando l’aumento dell’età pensionabile è la cosiddetta “sostenibilità del sistema pensionistico”, che in realtà ha molto a che vedere con le casse sempre più asciutte dei sistemi di previdenza. Con l’allungamento della vita media e con produttività e turnover sempre più risicati, il numero di anni in cui le persone percepiscono la pensione è aumentato, mettendo sotto pressione i fondi pensionistici. Secondo i promotori dell’iniziativa, dunque, aumentare l’età pensionabile potrebbe tamponare la situazione bilanciando entrate e uscite. Non si sa per quanto, però, in mancanza di una riforma che possa dirsi tale e che tenga conto di necessità variegate.
Cambiamenti demografici
Un altro fattore cruciale è il cambiamento demografico. La diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione significano che ci sono meno giovani lavoratori per sostenere finanziariamente i pensionati. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe ridurre il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi, ma ha ripercussioni dirette su quei lavoratori costretti a rimandare la loro uscita dal mercato del lavoro.
Le implicazioni per i lavoratori: maggior tempo nel mercato del lavoro, più il problema dei lavori usuranti
Con l’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori dovranno necessariamente rimanere nel mercato del lavoro più a lungo. Questo può avere effetti sia positivi che negativi. Da un lato alcuni potrebbero trovare utile risparmiare di più per la pensione. D’altro canto, tuttavia, le nuove regole potrebbero essere sfidanti per coloro che svolgono lavori fisicamente usuranti o per chi desidera ritirarsi prima dal mercato del lavoro.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)