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La vicenda di Julian Assange approda alla Camera dei Deputati | Rec News dir. Zaira Bartucca La vicenda di Julian Assange approda alla Camera dei Deputati | Rec News dir. Zaira Bartucca

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La vicenda di Julian Assange approda alla Camera dei Deputati

La moglie Stella Morris: “Perseguitato perché ha fatto il suo dovere”

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“Le persone non comprendono cosa significhi realmente la vicenda di Julian, la cui principale colpa è stata quella di fare luce su cosa accadeva realmente in Afghanistan e svelare la verità su crimini e corruzione da parte di esponenti dell’establishment degli Stati Uniti. E’ una vicenda che riguarda la libertà, non solo negli USA ma anche in Europa”. Così Stella Morris Assange, moglie di Julian, ha iniziato il suo intervento all’iniziativa  “Il caso Assange e il diritto alla verità” che si è svolto ieri presso la Camera dei Deputati.

Oltre ai promotori, presente anche il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli. “Assange – è quanto ha ricordato – non è né una spia, come molti erroneamente hanno detto, né uno che ha comprato o trafugato documenti riservati mettendo a rischio, come sostengono gli americani, la vita di molte persone. Tutto questo è falso – ha spiegato Bartoli – perché Assange è solo un editore che ha divulgato dei documenti che era nell’interesse di tutti conoscere e che nel farlo ha messo al riparo tutte le persone coinvolte”.

Con l’ingiusta detenzione del fondatore di Wikileaks, ha proseguito il presidente dell’Odg, “si sta mettendo in discussione anche lo stesso Primo emendamento della Costituzione americana che difende la libertà di parola e di pensiero e questo è già di per sé paradossale. E l’ulteriore anomalia è che tutto questo avvenga negli Usa che è il Paese definito delle libertà”. Nel corso dell’intervento, il ringraziamento ai media – pochi – che “hanno accettato la sfida di non tacere. E’ una vera battaglia perché la democrazia non può né deve aver paura della Verità. Continueremo a chiedere che Assange venga liberato in nome della libertà di parola e di espressione e perché si tratta di una persona, un giornalista e un editore rinchiuso ingiustamente in un carcere di massima sicurezza senza processo”.

La moglie di Julian Assange, Stella Morris

Stella Moris, consorte di Assange: “Punito perché ha fatto bene il suo lavoro”

“Quello in cui un uomo che si è battuto per difendere le regole e i principi è in prigione, è un mondo alla rovescia”. Lo dice con rammarico la moglie di Julian Assange, Stella Morris, che nel corso del convegno che si è svolto a Montecitorio ha puntato il dito contro chi tiene recluso il marito infrangendo i diritti umani e contro chi ha tentato di far calare una cappa di silenzio sul suo caso. “C’è stato un abuso del processo legale per fare di lui un caso e mandare un segnale a chi vorrebbe fare le stesse cose: ossia denunciare i crimini di guerra più terribili e l’impunità di chi li ha commessi”.

“Julian – ha proseguito Stella Morris Assange – ha pubblicato solo la verità sui crimini commessi dagli Stati e sugli insabbiamenti che ne sono seguiti. Ora è un uomo tenuto in un carcere di massima sicurezza insieme ai peggiori criminali. Quelli che vogliono Julian in carcere non credono nella democrazia né nei diritti umani. Il dovere dell’Europa è mobilitarsi in sua difesa perché questo ha ripercussioni su ognuno di voi”.

“Tutti sono d’accordo – ha detto ancora la moglie di Assange – nel ritenere che Julian viene accusato solo di aver fatto il giornalista. Il Regno Unito sta dicendo che i giornalisti devono tenere segreti i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti, ma Julian aveva il dovere come giornalista e l’obbligo come persona di rendere tutto di pubblico dominio. Il caso di Julian è di così alto profilo che crea una nuova realtà, una realtà in cui si possono perseguitare le persone solo perché fanno il loro dovere”.

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale | Rec News dir. Zaira Bartucca
EPA-EFE/DUMITRU DORU

Il governo moldavo guidato dall’europeista di ferro Maia Sandu ha sospeso la licenza a un altro canale televisivo. Questa volta a fare le spese delle politiche repressive in fatto di libertà di stampa è stato il quinto canale. La decisione della sospensione è stata presa dal Consiglio per la promozione dei progetti di investimento di importanza nazionale il 21 di questo mese, ed è stata motivata con la necessità di esaminare la documentazione relativa alla concessione all’emittente. “Troppi file da consultare”, la scusa arrivata dal Palazzo di Chisinau, mentre fuori le proteste dei giornalisti imbavagliati si fanno sempre più accese.

“Questo caso dimostra ancora una volta che in Moldavia non ci sono più media liberi, poiché il governo teme che un canale televisivo possa compromettere la sicurezza dello Stato”, ha detto Ludmila Belcencova, presidente dell’organizzazione non governativa di giornalisti Stop Media Ban. “Il nostro governo tratta i giornalisti come criminali e questo dovrebbe preoccupare molto la comunità internazionale”, ha detto ancora Belcencova, che ha ricordato il ruolo usurpatore di alcuni organismi.

“Sono ormai due anni – ha detto l’attivista – che il giornalismo in Moldavia non è regolato dal Consiglio per l’audiovisivo, ma da organismi che non hanno nulla a che fare con i media, come la commissione temporanea creata per mitigare la crisi energetica o gli investimenti. Questo dimostra solo che il nostro governo ha troppa paura del pluralismo delle opinioni e delle voci della gente. Non c’è più libertà di parola in Moldavia”. Da qui la richiesta, conclusiva, rivolta alla comunità europea di “prendere posizione contro la repressione della libertà di stampa e di parola in Moldavia”.

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ESTERI

Canada, proposta
di legge di Trudeau
per silenziare il dissenso online

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Canada, proposta di legge di Trudeau per silenziare il dissenso online | Rec News dir. Zaira Bartucca

Che Justin Trudeau, il primo ministro canadese, non fosse un campione in fatto di libertà garantite lo si era capito nel periodo covid, quando aveva promosso lockdown, Green Pass e vaccinazioni di massa. Adesso a certificare quest’ansia di controllo è arrivata una proposta di legge sui social media che si chiama Online Harms Act, che dietro gli apparenti buoni propositi nasconderebbe la volontà di silenziare il dissenso online, sempre maggiore dopo le scelte impopolari assunte da Trudeau.

Secondo Fox News la proposta scaturita dal disegno di legge del ministro alla Giustizia Arif Virani, consentirebbe di punire una persona prima che abbia commesso un reato, sulla base di informazioni quali la recidività del soggetto e il suo comportamento. Un’applicazione di quella Giustizia predittiva di cui si sente parlare sempre più spesso. “Un giudice provinciale – hanno rimarcato dall’emittente statunitense – potrebbe imporre gli arresti domiciliari o una multa se ci fossero ragionevoli motivi per credere che un imputato commetterà un reato.”

Una proposta che non ha frenato il dissenso online in Canada ma, anzi, lo ha aumentato, come raccontano le esternazioni di alcuni utenti alla notizia del prosieguo dell’iter del disegno di legge C – 63, pubblicato a febbraio e dal cui testo si è giunti all’Online Harms Act. “Riposa in pace libertà di parola”, ha scritto un utente canadese, mentre un altro ha ipotizzato che il primo ministro voglia assumere “un ruolo da dittatore”.

La versione del governo canadese

Ovviamente – come dicevamo – non sono mancate le giustificazioni da parte del governo canadese, che non vorrebbe altro che “frenare l’incitamento all’odio online”. E, a questo fine, starebbe facendo scandagliare i contenuti che conterrebbero “estremismo” e “violenza” e quelli dannosi per i minori. Cosa Trudeau intenda per “estremismo” e “violenza” non è però chiaro, né cosa consideri dannoso per i minori, giacché nei fatti a eccezione di molti post di dissenso silenziati tutto è rimasto praticamente immutato. E se tanti sono stati i proclami del governo canadese per proteggere i bambini dallo sfruttamento online, nei fatti nulla è stato fatto per rendere più attiva la macchina della giustizia quando si tratta di punire molestatori, pedofili e altre categorie che inquinano la rete.

Un recente sondaggio dell’Istituto Leger, del resto, ha rilevato che meno della metà dei canadesi pensa che l’Online Harms Act si tradurrà in un’atmosfera più sicura online. Parte degli interpellati hanno infatti detto di essere “diffidenti” nei confronti della capacità del governo di proteggere la libertà di parola.

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Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin

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Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Vandalizzato il murales dedicato a Shireen Abu Akleh e della libertà di stampa a via di Valco San Paolo, nel cuore di Roma Sud. Nelle scorse ore il volto stilizzato della giornalista palestinese di Al Jazeera, colpita a morte dall’esercito israeliano l’11 maggio 2022 durante uno dei suoi tanti servizi nei campi profughi di Jenin, in Cisgiordania, è stato imbrattato da una macchia di vernice rosso sangue mentre accanto alla figura della donna si legge la scritta “assassini”.

Il murales, opera dell’artista Erica Silvestri, nelle scorse settimane era stato realizzato per celebrare il sacrificio di una reporter che, come tanti inviati di guerra ogni anno, è morta mentre svolgeva la professione di raccontare gli orrori della guerra e, in questo caso, anche cosa succede nei campi profughi palestinesi: a promuovere l’iniziativa, che ha ottenuto il sostegno della Federazione Nazionale della Stampa, è stato l’VIII municipio della Capitale, l’associazione dei Giovani Palestinesi di Roma e “Join The Resistance” in collaborazione con Radio Roma che da sempre segue con particolare attenzione le vicende estere ma anche le dinamiche delle comunità straniere che vivono in città. Proprio per dare visibilità al messaggio, si era scelto di creare il murales in un punto di via di Valco San Paolo particolarmente trafficato e l’opera era diventata ben presto meta di molti cittadini incuriositi.

L’episodio di vandalismo, scoperto nelle scorse ore, viene facilmente messo in relazione con quanto sta accadendo in Medio Oriente e con la guerra di Israele contro i terroristi di Hamas: “I drammi degli ultimi giorni tra Israele e Palestina stanno esacerbando tutto ciò che ruota intorno alla questione israelo-palestinese” – spiega Andrea Candelaresi, giornalista di Radio Roma e promotore del murales: “Questo clima di tensione arriva fin qui, a Roma, dove l’odio non fa altro che creare inutili confusioni. Shireen Abu Akleh non c’entrava nulla con Hamas, né con la scia di morte e distruzione di questi giorni. Vandalizzare quel murales ha significato, per noi, infangare la memoria di un’abile giornalista morta per una nobile causa: raccontare la verità per formare coscienze. Ma è anche la spia, rossa, sul motore della qualità della stampa perché se il popolo è informato male si creano le tifoserie ed essere ultras porta alla radicalizzazione, la quale genera confusione e odio. Confusione e odio che hanno colpito un murales, ma anche una donna morta per il suo lavoro; hanno colpito chi ci portava la realtà dei fatti in casa e questo non possiamo né dobbiamo dimenticarlo”.

Dopo la segnalazione del vandalismo, il murales è stato restaurato la scorsa notte dalla sua autrice, Erica Silvestri, che ha deciso di “rispondere con l’arte all’odio”.

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ARTE & CULTURA

Bandire i forestierismi. “Ricorda il fascismo, lasciare libertà di espressione”

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Idiomi e Cancel culture, Belpoliti: "Ricorda il fascismo, bisogna lasciare libertà di espressione" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Sono rimasto sorpreso dalla scelta di questo tema nell’era del simultaneo”, ha affermato durante il programma radiofonico “Base Luna chiama Terra” su Radio Cusano Campus il professor Marco Belpoliti, autore della traccia selezionata per la prima prova scritta della Maturità 2023, scrittore, italianista e docente di Critica Letteraria e Letterature Comparate all’Università di Bergamo.

“C’è stata la pandemia che ci ha messo in attesa, come nelle telefonate: ‘La preghiamo di attendere’. Tutto ora è ricominciato accelerando, ma l’attesa è ancora lì e resta in attesa”. L’attesa, secondo Belpoliti, è ancora “una questione rilevante nelle nostre vite nonostante la velocità che ci circonda” ha sostenuto durante l’intervista.

Parlando dell’influenza della tecnologia sulla comunicazione, Belpoliti ha poi sottolineato che il senso dominante è diventato quello visivo. “C’è sempre stata più gente che guardava piuttosto che gente che leggeva. Parlare, parlano tutti, c’è il costante desiderio di parlare. Una volta un uomo nel corso della sua vita vedeva un centinaio di immagini. Ora ne vediamo migliaia ogni giorno, anche solo sui social”, ha proseguito Belpoliti.

Riguardo alla trasformazione delle modalità espressive, il professore ha poi evidenziato “il ritorno a un regime del flusso nella scrittura, simile alle scritture pubbliche dell’epoca romana che non conoscevano la punteggiatura. Ora usiamo i puntini sospensivi” ha ribadito. “L’emoticon crea l’elemento espressivo, disegnando le emozioni che non possono essere contenute nella scrittura, che dal canto suo non ha dei modi per dichiarare il tono con cui viene pronunciata una frase. C’è qualcosa di antico e contemporaneo allo stesso tempo. Qualcosa che è in evoluzione. Questa comunicazione non cancella l’altra. Una si sovrappone all’altra. Una predomina, l’altra regredisce” .

E sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana, Belpoliti ha concluso l’intervista dicendo “Non sono spaventato dalla presenza di parole inglesi. Cancellare le parole inglesi, ricorda il fascismo. La pulizia linguistica mi ricorda un altro tipo di pulizia meno nobile. Bisogna lasciare anche una libertà all’espressione”.

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