PRIMO PIANO
Anche il governo Meloni va avanti a suon di stati di emergenza
Ci voleva un partito al governo che ha cavalcato la questione migranti per un decennio per far sbarcare più stranieri in assoluto. Il paradosso del governo Meloni è tutto qui, in un assioma che racconta le politiche fallimentari che riguardano il contenimento dei flussi migratori. I flussi, sì. Quelli che Meloni, Piantedosi e il resto della squadra hanno deciso di incentivare in nome della fantomatica “immigrazione legale”. Un costo per lo Stato (perché i corridoi umanitari non sono certo gratuiti) e un’occasione ulteriore per individuare l’Italia come unica meta possibile, mentre gli altri Stati europei disattendono sistematicamente ai loro doveri di cooperazione.
Una deriva – letteralmente – che in questi ultimi giorni è diventata una tsunami, con tremila arrivi in appena tre giorni. All’elettore medio, distratto, che crede ancora alle favole raccontate dai partiti, verrebbe facile domandarsi: qual è la differenza tra FdI e il Pd? Tra Meloni e la Schlein? Tra Mario e Giorgia? Nessuna, se si pensa che anche l’aspeniana ha deciso di far suo il mantra “Ce lo chiede l’Europa” – anche per quanto riguarda i migranti – e di scomodare i facili stati di emergenza, quelli che permettono di ripianare i buchi in bilancio con soldi facili e con sensazioni di allerta continua per la popolazione.
La gestione fallimentare del periodo covid da parte di Conte e Draghi avrebbe dovuto quantomeno insegnare qualcosa, invece le (ghiotte) scorciatoie sono sempre lì belle pronte a ricordare a chiunque sieda a Palazzo Chigi che si può mettere in moto una macchina di comodo magna magna. Un concetto che in un’occasione è stato chiarito egregiamente da Conte: “Lo stato di emergenza – aveva dichiarato candidamente l’ex premier – ci consente di mantenere poteri e prorogare incarichi”.
Una scelta sposata anche dalla Meloni, che ha deciso di devolvere un obolo che sembra quasi obbligatorio a Protezione Civile e Croce Rossa, organismi che teoricamente dovrebbero fare volontariato e contribuire, per quello che riguarda la seconda, a ripianare buchi e tagli alla sanità pubblica. Invece no. Stavolta, pur non essendoci un virus da agitare che permette di aprire hotspot (Rampelli direbbe “luoghi caldi”) e montare tende, ci sono comunque flotte di migranti pronti ad arrivare in Italia, a ciclo continuo e ininterrotto. Una manna dal cielo per dirigenti, braccia operative e perfino per il governo, che ha trovato un alibi perenne con cui giustificare i propri fallimenti.
A cosa è servito, infatti, irrorare di finanziamenti Libia e Tunisia se i fondi non servono – come promesso e affermato – a frenare gli arrivi di massa? Si è tanto parlato delle ONG e del loro sfruttamento degli arrivi – in molti caso acclarato – ma che direbbe il solito italiano medio e distratto se si rendesse conto che c’è stato semplicemente un cambio di guardia, e che quello che facevano le organizzazioni non governative oggi lo fanno Protezione Civile e Croce Rossa? E se realizzasse che il governo Meloni ha permesso e incentivato più arrivi di un qualunque governo Pd preso a caso? Ai posteri, anzi agli elettori, l’ardua sentenza.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)
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Barolo Tabai Riserva Vintage 2019: Un tesoro enologico per il Mercato di Hong Kong
Il Barolo Tabai Riserva Vintage edizione numerata del 2019 sta catturando l’attenzione degli intenditori e degli appassionati di vino di tutto il mondo. Questo vino d’eccezione non solo incarna la tradizione vitivinicola piemontese, ma si distingue anche per la sua qualità. L’edizione limitata lo rende particolarmente ambito nel mercato internazionale, con Hong Kong in testa.
Caratteristiche distintive del Barolo Tabai Riserva 2019
Il Barolo Tabai Riserva Vintage 2019 è frutto di una vendemmia eccezionale che si riflette nel suo carattere ricco e complesso. Al palato si presenta con una struttura solida e tannini eleganti, promettendo una longevità che lo rende perfetto per collezionisti ed estimatori.
Edizione numerata: un elemento di prestigio
Ogni bottiglia del Barolo Tabai Riserva 2019 è numerata, offrendo un’esperienza unica e irripetibile. Questa esclusività non solo accresce il suo valore, ma crea anche un senso di unicità e prestigio che è molto apprezzato dai connoisseur di Hong Kong, un mercato che valorizza i prodotti di lusso e di alta qualità.
Il Mercato di Hong Kong: il palcoscenico ideale
Hong Kong è rinomata per essere uno dei più importanti hub commerciali per il vino in Asia. La crescente domanda di vini di alta fascia fa del Barolo Tabai Riserva 2019 un protagonista indiscusso nelle migliori enoteche e ristoranti della città. I consumatori di Hong Kong, sempre alla ricerca di novità e prodotti esclusivi, trovano in questo Barolo un perfetto mix di tradizione e innovazione.
Come acquistare il Barolo Tabai Riserva 2019
Il Barolo Tabai Riserva Vintage 2019 è difficile da trovare, praticamente introvabile, perché il prezzo elevato che aumenta con il tempo e la rarità delle edizioni limitate numerate lo rendono un bene molto richiesto sia dai collezionisti che dagli intenditori.
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Opportunità di investimento per il 2024: il Gin del Cardinale Tabai
Nel panorama degli investimenti alternativi, i vini e i distillati pregiati stanno emergendo come asset di grande valore. Tra le novità più intriganti per il 2024 spicca il Gin del Cardinale Tabai. Questo articolo esplora le ragioni per cui investire in un gin pregiato rappresenta un’opportunità interessante, e analizza i benefici più ampi di acquistare distillati pregiati.
Un Gin di Eccellenza
Il Gin del Cardinale Tabai si distingue per la sua produzione artigianale e l’attenzione ai dettagli. Realizzato con botaniche selezionate e distillato secondo metodi tradizionali, questo gin offre un profilo aromatico complesso e raffinato. Ogni bottiglia rappresenta un pezzo unico, frutto di un processo che rispetta i più alti standard di qualità.
Un mercato in forte crescita
Il mercato del gin sta vivendo una fase di espansione senza precedenti. La crescente popolarità dei cocktail a base di gin e l’interesse delle nuove generazioni stanno alimentando la domanda globale. Le previsioni indicano che questa tendenza continuerà nei prossimi anni, rendendo l’investimento in un gin di alta qualità come quello del Cardinale Tabai una mossa strategica, a fronte di una spesa di 300 euro (cassetta oro, confezione da due gin).
Investire in vini e distillati pregiati
Investire in vini e distillati pregiati offre diversi vantaggi rispetto agli investimenti tradizionali. Questi prodotti tendono a mantenere o aumentare il loro valore nel tempo grazie alla loro natura limitata e alla crescente domanda. Inoltre rappresentano un’ottima diversificazione per il portafoglio di un investitore, riducendo il rischio complessivo.
Protezione dall’Inflazione
I vini e i distillati pregiati sono considerati beni rifugio. Durante periodi di alta inflazione, questi prodotti mantengono meglio il loro valore rispetto ad altri asset, offrendo una protezione contro la perdita di potere d’acquisto.
Valorizzazione nel tempo
La scarsità di prodotti di alta qualità come il Gin del Cardinale Tabai ne favorisce l’aumento di valore nel tempo. Con un numero limitato di bottiglie prodotte annualmente, la domanda tende a superare l’offerta, portando a un apprezzamento del valore.
Diversificazione del portafoglio
Gli investimenti in vini e distillati pregiati offrono una diversificazione unica. A differenza delle azioni o delle obbligazioni, il valore di questi prodotti non è direttamente influenzato dalle fluttuazioni del mercato finanziario, offrendo una stabilità maggiore.
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Tradizione e innovazione: ecco il Barolo Tabai più ambito e desiderato dagli investitori
Il Barolo Tabai Riserva 2019 in edizione limitata si presenta come una straordinaria opportunità per investire in vini nel 2024, attirando l’interesse degli appassionati di vino e degli investitori più lungimiranti. Prodotto nel cuore delle Langhe, questa riserva rappresenta l’apice dell’arte vinicola piemontese, combinando tradizione e innovazione per creare un vino di eccezionale qualità. La vendemmia del 2019 è stata particolarmente favorevole, caratterizzata da condizioni climatiche ideali che hanno permesso alle uve Nebbiolo di raggiungere una maturazione perfetta, conferendo al vino una struttura complessa e un equilibrio armonioso.
Come l’edizione 2018, ormai quasi introvabile, Il Barolo Tabai Riserva 2019 è limitato a poche migliaia di bottiglie, rendendolo un bene raro e prezioso. Questa scarsità contribuisce notevolmente al suo potenziale di apprezzamento nel tempo. I critici del vino hanno già elogiato questa annata per la sua eleganza e profondità, preannunciando un futuro brillante per chi sceglierà di investire in essa. Il vino si distingue per i suoi aromi intensi di frutti rossi, spezie e note terrose, che si evolvono ulteriormente con l’invecchiamento. Ogni bottiglia è numerata e certificata, garantendo autenticità e tracciabilità, elementi cruciali per gli investitori seri.
Dal punto di vista finanziario, il Barolo Tabai Riserva 2019 rappresenta un’opportunità di diversificazione del portafoglio, offrendo un’alternativa tangibile agli investimenti tradizionali. Storicamente, i vini pregiati hanno dimostrato una notevole capacità di conservare e aumentare il proprio valore nel tempo, rendendoli un rifugio sicuro contro l’inflazione e le fluttuazioni del mercato. Con l’incremento dell’interesse globale per i vini di alta qualità e l’attrattiva intrinseca delle edizioni limitate, il Barolo Tabai Riserva 2019 si prospetta come una scelta intelligente per gli investitori del 2024, combinando passione e profitto in un’unica, raffinata esperienza. Il suo prezzo può arrivare a 2000 euro a bottiglia.