POLITICA
Agli Stati generali della Natalità l’impatto del crollo delle nascite su diversi settori
“Il calo delle nascite è un fenomeno che in questi anni sta purtroppo emergendo in tutta la sua gravità e che coinvolge direttamente il futuro della nostra comunità e dei suoi valori di riferimento. Abbiamo oggi un’occasione importante di riflessione e di confronto perché la denatalità avrà conseguenze nell’immediato e impegna tutti noi che siamo chiamati ad occuparci delle nuove generazioni a cercare soluzioni su una questione sociale di grande rilevanza, le cui cause non possono essere attribuite ai soli comportamenti individuali. Trovare soluzioni è possibile avendo ben chiari gli obiettivi e attraverso il dialogo tra i rappresentanti delle istituzioni, del mondo delle associazioni, della cultura, della scuola, del giornalismo, dello spettacolo e dello sport”.
“Sappiamo bene che le conseguenze di questo fenomeno si ripercuoteranno drammaticamente sull’equilibrio demografico del Paese, con riflessi diretti sul piano economico e sociale. Cruciale è il progressivo invecchiamento della popolazione. L’incremento della popolazione anziana determinerà una costante diminuzione del numero di lavoratori attivi in grado di garantire l’equilibrio dell’economia del Paese e di mantenere costante il livello del Pil andando così a minacciare la sostenibilità del debito pubblico. L’aumentata aspettativa di vita condurrà ad un rapporto sempre più sfavorevole tra popolazione attiva e non attiva con un notevole onere socio-economico correlato alla cura, all’assistenza e alle spese previdenziali destinate agli anziani, causando il cosiddetto longevity shock”.
“L’Italia, tra i Paesi maggiormente sviluppati, ha avuto negli ultimi 50 anni un invecchiamento tra i più rapidi. Il nostro Paese rischia di non riuscire più a garantire una serie fondamentale di servizi ai propri cittadini anziani. Al tempo stesso compromettendo le prospettive di sviluppo sociale e culturale per le giovani generazioni. Da qualche tempo la demografia nazionale ci ha abituato a continui record negativi. Per fare un esempio il 2021 è stato il primo anno della nostra storia con meno di 400mila nascite, mentre da 7 anni siamo sotto la soglia delle 500mila. Questo calo ha subito un’accelerazione dal 2009, dopo che tra la metà degli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso si era parzialmente fermato. Tra il 1995 e il 2009 le nascite avevano addirittura ripreso a salire”.
“Dati alla mano, vediamo quale impatto il futuro demografico avrà sulla scuola e sull’istruzione per il prossimo decennio. Il quadro è effettivamente allarmante. Fra 10 anni, dagli odierni 7,4 milioni di studenti, dato 2021, nell’anno scolastico 2033/34 si scenderà a poco più di 6 milioni, a ondate di 110/120mila ragazzi in meno ogni anno. Se a ciò aggiungiamo il fenomeno cosiddetto della fuga dei cervelli, risulta purtroppo piuttosto credibile che se l’andamento demografico rimanesse quello attuale, fra 30 anni saremo 5 milioni in meno e fra questi avremo perso 2 milioni di giovani. Di conseguenza, l’organico docente, che è una variabile dipendente degli studenti, rischierebbe di passare dalle attuali oltre 684mila cattedre a circa 558mila nel 2033/34. Con una riduzione di 10/12mila posti di lavoro ogni anno, ma dobbiamo dare risposte su questo tema”.
“In particolare, la stima dell’impatto demografico sulla scuola per il prossimo anno scolastico 2023/24 è di 130mila studenti in meno. Un fattore ancora più preoccupante è che questo è il dato più recente di calo progressivo degli ultimi anni. L’effetto dell’andamento demografico nei prossimi 10 anni si sentirà di più nella Scuola secondaria di secondo grado, dove potremmo perdere circa 500mila studenti; nella Scuola secondaria di primo grado il calo sarà di quasi 300mila alunni; nella Scuola primaria di circa 400mila scolari; nella Scuola dell’infanzia, se si mantiene questa tendenza, il calo previsto è di oltre 156mila bambini”.
“E tuttavia questa situazione dovrà condurre a nuovi criteri di formazione delle classi, dovrà condurre ad una revisione dei criteri di formazione degli organici. Non si tratta di ragionare soltanto su un mero salvataggio delle cattedre a rischio, ma si tratta di proporre vedute più ampie e lungimiranti che il mio dicastero ha particolarmente a cuore e che vanno all’insegna della lotta alla dispersione scolastica, all’insegna di una sempre maggiore efficacia della formazione. Questa è la vera sfida che ci attende per proseguire sempre di più verso la personalizzazione della formazione”.
“Dobbiamo cioè realizzare una riforma che ci consenta di utilizzare le risorse dei docenti che andranno in eccesso per migliorare la formazione dei nostri ragazzi all’insegna, ripeto, della personalizzazione dell’educazione. Ed è proprio mettendo al centro la persona e proprio ridando valore alla persona che noi traiamo la linfa per riaffermare la cultura della vita.
La nascita di un bambino è un segnale di speranza che è il tema di questa manifestazione, per cui io veramente rivolgo i miei migliori auguri a tutte le ragazze e a tutti i ragazzi che hanno partecipato a questo evento congratulandomi con coloro che si distingueranno per i loro lavori”. Cos’ il ministro dell’Istruzione Valditara, intervenuto oggi agli Stati Generali della Natalità.
POLITICA
Zuckerberg: “Su covid e vaccini costretti alla censura dagli uomini di Biden”
Dopo la decisione di sospendere i finanziamenti ai Fact Checker, il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha deciso di vuotare il sacco su alcune questioni controverse che avrebbero “costretto” il Social a fare piazza pulita di determinati contenuti. In particolare quelli riguardanti il covid e la campagna vaccinale, che negli Stati Uniti come altrove è stata caratterizzata dalla stigmatizzazione di chiunque osava avanzare dubbi e qualsivoglia critica rispetto al pensiero dominante.
Non un semplice caso – per quanto eclatante – di limitazione della libertà di espressione. Perché a sentire Zuckerberg dietro alla volontà di bannare i comunicatori indipendenti ci sarebbe stato un vero e proprio disegno politico messo in pratica per preservare gli interessi dei democratici. “Durante l’amministrazione Biden, quando cercavano di lanciare il programma di vaccinazione, mentre cercavano di promuovere quel programma, cercavano anche di censurare chiunque sostanzialmente si opponesse ad esso. E ci hanno pressati super forte per eliminare cose che, onestamente, erano vere… Fondamentalmente ci pressavano e dicevano “qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, in pratica dovete rimuoverla“. E’ quanto ha dichiarato il Ceo di Meta l’altro ieri, ospite di un podcast condotto da Joe Rogan.
“Queste persone dell’amministrazione Biden – ha proseguito Zuckerberg – chiamavano la nostra squadra e urlavano contro di loro e imprecavano… ci sono i documenti, è tutto pubblico”. E ancora: “Non penso che le pressioni affinché le società di social media censurassero i contenuti fosse legale. Il Primo Emendamento si applica al governo. Questo è il punto. Che al governo non è consentito censurare queste cose. Quindi, a un certo livello penso che, sì, avere persone nell’amministrazione che chiamano i ragazzi del nostro team e urlano contro di loro e imprecano e minacciano ripercussioni se non eliminiamo cose che sono vere, è piuttosto brutto”.
POLITICA
Maduro e la “grande alleanza mondiale contro i tiranni”
Nicolàs Maduro, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha giurato per il nuovo mandato nel corso della cerimonia che si è tenuta nei locali dell’Assemblea nazionale a Caracas. “Il Venezuela – ha detto il neo-eletto in occasione del discorso di insediamento – si prepara insieme a Cuba, al Nicaragua e ai nostri fratelli maggiori nel mondo, nel caso in cui un giorno dovessimo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria”. Concludendo il Festival internazionale antifascista mondiale, il successore di Hugo Chavez ha inoltre evocato una “grande alleanza globale” simile a quella che sconfisse il fascismo durante la Seconda guerra mondiale in grado di sfidare “la tirannia dei potentati occidentali”.
POLITICA
Vogliono aumentare (ancora) l’età pensionabile
Nel panorama economico e sociale attuale, il tema dell’età pensionabile è diventato particolarmente rilevante. L’aumento dell’età pensionabile che sarebbe previsto per il 2027 rappresenta una questione di grande interesse e preoccupazione per molti lavoratori. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa decisione, le sue implicazioni e cosa ci si può aspettare nel breve e nel lungo termine.
Le ragioni dietro l’aumento. La “sostenibilità” del sistema pensionistico
Uno dei motivi principali per cui il governo sta considerando l’aumento dell’età pensionabile è la cosiddetta “sostenibilità del sistema pensionistico”, che in realtà ha molto a che vedere con le casse sempre più asciutte dei sistemi di previdenza. Con l’allungamento della vita media e con produttività e turnover sempre più risicati, il numero di anni in cui le persone percepiscono la pensione è aumentato, mettendo sotto pressione i fondi pensionistici. Secondo i promotori dell’iniziativa, dunque, aumentare l’età pensionabile potrebbe tamponare la situazione bilanciando entrate e uscite. Non si sa per quanto, però, in mancanza di una riforma che possa dirsi tale e che tenga conto di necessità variegate.
Cambiamenti demografici
Un altro fattore cruciale è il cambiamento demografico. La diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione significano che ci sono meno giovani lavoratori per sostenere finanziariamente i pensionati. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe ridurre il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi, ma ha ripercussioni dirette su quei lavoratori costretti a rimandare la loro uscita dal mercato del lavoro.
Le implicazioni per i lavoratori: maggior tempo nel mercato del lavoro, più il problema dei lavori usuranti
Con l’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori dovranno necessariamente rimanere nel mercato del lavoro più a lungo. Questo può avere effetti sia positivi che negativi. Da un lato alcuni potrebbero trovare utile risparmiare di più per la pensione. D’altro canto, tuttavia, le nuove regole potrebbero essere sfidanti per coloro che svolgono lavori fisicamente usuranti o per chi desidera ritirarsi prima dal mercato del lavoro.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)