Cinque cose significative che ha detto Donald Trump ai piedi del Monte Rushmore
Il luogo simbolo per un momento politico molto significativo. Nei fatti, il repubblicano inaugura la sua lotta dura e pura contro quel Deep State che affonda i suoi tentacoli ovunque, Italia compresa
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump lo scorso venerdì ha tenuto un discorso ai piedi del Monte Rushmore, il monumento ricavato in una montagna che ritrae le effigi di quattro famosi predecessori. Un luogo simbolo per un momento politico molto significativo: nei fatti, il repubblicano inaugura la sua lotta dura e pura contro quel Deep State che affonda i suoi tentacoli ovunque, Italia compresa. Un discorso misurato ma deciso, che secondo il comitato editoriale del Wall Street Journal ha rappresentato “uno dei migliori discorsi della sua presidenza”.
L’appello alle nuove generazioni
Il tesoro da tutelare per il presidente degli Stati Uniti sono anzitutto i giovanissimi, spesso vittime di episodi di cronaca deplorevoli dove si rintracciano facilmente connivenze politiche e pratiche anti-cristiane. In America nell’occhio del ciclone è finito l’entourage dei Clinton (Hillary, dopo infiniti rimandi, dovrebbe andare a processo a settembre, mentre negli scorsi giorni è stata arrestata la complice di Jeffrey Epstein, Ghislain Maxwell), in Italia Bibbiano non è un caso isolato. “Solleveremo la prossima generazione di patrioti americani. Insegneremo ai nostri figli che vivono in una terra di leggende, che nulla può fermarli e che nessuno può trattenerli”, ha detto Trump in un punto emblematico del suo discorso.
Preservare la storia contro il revisionismo strumentale
“La visione radicale della storia americana – ha detto ancora Trump – è una rete di bugie. Tutta la prospettiva viene rimossa, ogni virtù è oscurata, ogni motivo è contorto, ogni fatto è distorto. Ogni difetto è ingrandito, fino a quando la storia è purgata e il fatto è sfigurato a tal punto da non essere più riconosciuto. Ma – è quanto ha riferito il presidente degli Stati Uniti – la storia dell’America non sarà cancellata. Il popolo americano è forte e orgoglioso, e non permetterà che il nostro Paese e tutti i suoi valori, la storia e la cultura, siano presi d’assalto dagli estremisti”. Il riferimento è ai vandali che si sono uniti alle proteste dei Black Live Matters, provocando il danneggiamento di centinaia da monumenti, Chiese, negozi e abitazioni private.
Trump chiama i patrioti a raccolta
Di fronte all’avanzare di dinamiche liberticide e anti-democratiche che tentano di reprimere anche la libertà di espressione e le manifestazioni artistiche con la scusa del razzismo, il monito di Trump è chiaro: “Non saremo messi a tacere. Nessuna persona che rimane tranquilla alla distruzione di questo patrimonio, può portarci a un futuro migliore”, ha detto il repubblicano. Il messaggio è chiaro ed è lanciato in direzione di una cittadinanza – quella americana – che ora riannoda e fili e si trova sempre più consapevole delle dinamiche politiche degli ultimi anni. Ma non basta: la chiamata di Trump va nella direzione di un coinvolgimento maggiore della popolazione civile: “nessuno che ami questo Paese deve permettere che la sua eredità venga demolita”.
La presa di posizione contro gli aborti e “l’immagine di Dio”
Parole toccanti sono state espresse da Trump nel momento in cui ha richiamato la Fede in Dio. Frasi che si possono ancora sentire nella Russia di Putin – a vocazione fortemente Ortodossa – ma estinte in Italia grazie a una politica quantomai distante dalla Cristianità e grazie allo stesso Pontificato a trazione gesuita. “Siamo fatti – ha detto Trump – a Santa immagine di Dio. Gli americani credono nella pari opportunità, nella pari giustizia e nella parità di trattamento per ogni persona. Ogni bambino di ogni colore, nato e non nato – è fatto a immagine Santa di Dio”. E “non nato” è un chiaro riferimento alla pratica degli aborti, che per il solo 2019 negli Stati Uniti ha provocato l’uccisione di 350mila bambini, spesso coinvolti nel traffico di parti anatomiche umane.
Un nuovo monumento nazionale
Trump ha inoltre fatto un annuncio a sorpresa, che si inserisce nella falsariga del contrasto agli atti vandalici contro i monumenti nazionali. Si tratta della creazione di un nuovo agglomerato artistico, il Giardino Nazionale degli eroi americani. Secondo quanto affermato durante il discorso fatto ai piedi del Monte Rushmore, sarà “un vasto parco all’aperto con statue dei più grandi americani che abbiano mai vissuto”.
ESTERI
Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale
Il governo moldavo guidato dall’europeista di ferro Maia Sandu ha sospeso la licenza a un altro canale televisivo. Questa volta a fare le spese delle politiche repressive in fatto di libertà di stampa è stato il quinto canale. La decisione della sospensione è stata presa dal Consiglio per la promozione dei progetti di investimento di importanza nazionale il 21 di questo mese, ed è stata motivata con la necessità di esaminare la documentazione relativa alla concessione all’emittente. “Troppi file da consultare”, la scusa arrivata dal Palazzo di Chisinau, mentre fuori le proteste dei giornalisti imbavagliati si fanno sempre più accese.
“Questo caso dimostra ancora una volta che in Moldavia non ci sono più media liberi, poiché il governo teme che un canale televisivo possa compromettere la sicurezza dello Stato”, ha detto Ludmila Belcencova, presidente dell’organizzazione non governativa di giornalisti Stop Media Ban. “Il nostro governo tratta i giornalisti come criminali e questo dovrebbe preoccupare molto la comunità internazionale”, ha detto ancora Belcencova, che ha ricordato il ruolo usurpatore di alcuni organismi.
“Sono ormai due anni – ha detto l’attivista – che il giornalismo in Moldavia non è regolato dal Consiglio per l’audiovisivo, ma da organismi che non hanno nulla a che fare con i media, come la commissione temporanea creata per mitigare la crisi energetica o gli investimenti. Questo dimostra solo che il nostro governo ha troppa paura del pluralismo delle opinioni e delle voci della gente. Non c’è più libertà di parola in Moldavia”. Da qui la richiesta, conclusiva, rivolta alla comunità europea di “prendere posizione contro la repressione della libertà di stampa e di parola in Moldavia”.
ESTERI
Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna
E’ un brutto momento per la corona britannica. E, si direbbe, nulla è casuale. L’elezione di Carlo III ha dato il “la” – oltre che a un regno a guida maschile – alle mire di chi non vede di buon occhio la monarchia. E’ infatti con Carlo – sovrano flemmatico e poco carismatico – che si stanno di giorno in giorno moltiplicando le manifestazioni di chi chiede – a torto o a ragione – una nuova forma di governo per la Gran Bretagna.
Un modo per farle pagare l’uscita dall’Europa? O la conseguenza prevedibile della scomparsa di Elisabetta II? Non si sa ma quel che è certo è che anche a quelle latitudini i burattinai si stanno dando un gran da fare. Pianificando e diramando un comunicato clamoroso dietro l’altro, poi ripresi a ruota dai social: la malattia di Carlo, il ritorno a Corte dell’amico di Epstein Andrea e, adesso, perfino il decesso di Kate Middleton.
Quanto ci sia di vero è difficile saperlo. Quel che è certo è che l’obiettivo delle fughe di notizie – vere o presunte tali – è quello di restituire l’immagine di un regno debole, che si smantella ogni giorno di più a colpi di esternazioni tutt’altro che casuali.
ESTERI
Canada, proposta
di legge di Trudeau
per silenziare il dissenso online
Che Justin Trudeau, il primo ministro canadese, non fosse un campione in fatto di libertà garantite lo si era capito nel periodo covid, quando aveva promosso lockdown, Green Pass e vaccinazioni di massa. Adesso a certificare quest’ansia di controllo è arrivata una proposta di legge sui social media che si chiama Online Harms Act, che dietro gli apparenti buoni propositi nasconderebbe la volontà di silenziare il dissenso online, sempre maggiore dopo le scelte impopolari assunte da Trudeau.
Secondo Fox News la proposta scaturita dal disegno di legge del ministro alla Giustizia Arif Virani, consentirebbe di punire una persona prima che abbia commesso un reato, sulla base di informazioni quali la recidività del soggetto e il suo comportamento. Un’applicazione di quella Giustizia predittiva di cui si sente parlare sempre più spesso. “Un giudice provinciale – hanno rimarcato dall’emittente statunitense – potrebbe imporre gli arresti domiciliari o una multa se ci fossero ragionevoli motivi per credere che un imputato commetterà un reato.”
Una proposta che non ha frenato il dissenso online in Canada ma, anzi, lo ha aumentato, come raccontano le esternazioni di alcuni utenti alla notizia del prosieguo dell’iter del disegno di legge C – 63, pubblicato a febbraio e dal cui testo si è giunti all’Online Harms Act. “Riposa in pace libertà di parola”, ha scritto un utente canadese, mentre un altro ha ipotizzato che il primo ministro voglia assumere “un ruolo da dittatore”.
La versione del governo canadese
Ovviamente – come dicevamo – non sono mancate le giustificazioni da parte del governo canadese, che non vorrebbe altro che “frenare l’incitamento all’odio online”. E, a questo fine, starebbe facendo scandagliare i contenuti che conterrebbero “estremismo” e “violenza” e quelli dannosi per i minori. Cosa Trudeau intenda per “estremismo” e “violenza” non è però chiaro, né cosa consideri dannoso per i minori, giacché nei fatti a eccezione di molti post di dissenso silenziati tutto è rimasto praticamente immutato. E se tanti sono stati i proclami del governo canadese per proteggere i bambini dallo sfruttamento online, nei fatti nulla è stato fatto per rendere più attiva la macchina della giustizia quando si tratta di punire molestatori, pedofili e altre categorie che inquinano la rete.
Un recente sondaggio dell’Istituto Leger, del resto, ha rilevato che meno della metà dei canadesi pensa che l’Online Harms Act si tradurrà in un’atmosfera più sicura online. Parte degli interpellati hanno infatti detto di essere “diffidenti” nei confronti della capacità del governo di proteggere la libertà di parola.
ESTERI
Il record di Biden suggellato da un report. In una cosa ha superato Trump, Biden e Obama
Un rapporto di questo fine settimana pubblicato dal New York Post ha osservato che solo nel 2023 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha trascorso 138 giorni in vacanza in luoghi come Rehoboth Beach nel Delaware o a Camp David. Questo significa che Biden non solo si è dimostrato incurante degli scandali che stanno travolgendo la sua famiglia e il figlio Hunter in particolare, ma anzi ha speso più di un terzo dell’anno – il 37%, per la precisione — a non lavorare.
Questa tendenza non è nuova per Biden, anzi è un qualcosa che è iniziato nel 2021 ed è continuato nei due anni successivi. Nel corso della sua presidenza, secondo il Comitato nazionale repubblicano (RNC), Biden ha trascorso ben 417 giorni in vacanza. Attualmente si trova a St. Croix, nelle Isole Vergini, per festeggiare il Capodanno.
Un rapporto del New York Post ha osservato che ogni anno il presidente Biden ha preso più giorni di vacanza lontano dalla Casa Bianca rispetto ai suoi predecessori – Trump, Barack Obama e George W. Bush – durante le loro intere presidenze. Trump si è assentato dalla Casa Bianca 132 giorni in quattro anni. Bush ha trascorso 100 giorni del suo mandato nel suo ranch in Texas, mentre Obama, osserva il rapporto, ha passato 38 giorni lontano dagli impegni istituzionali.
L’ex presidente Donald Trump – in corsa per le presidenziali del 2024 – ha puntualizzato che il record mostra la lontananza di Biden dagli impegni assunti, e che lo stare continuamente in spiaggia impedisce al presidente in carica di compiere qualunque lavoro effettivo per il Paese. Anche se – è il commento ironico affidato ai giornalisti – la lontananza dai suoi uffici non è necessariamente negativa: “Se solo Biden fosse andato in quella spiaggia dove va così tanto e si fosse seduto lì cercando di sollevare la sedia, che pesa circa tre once, allora le cose sarebbero andate meglio per il Paese. Almeno non avrebbe distrutto il lavoro dei suoi predecessori”, ha detto Trump di recente.
I commenti sono arrivati durante l’ultima intervista di oltre due ore rilasciata a Breitbart News lo scorso giovedì dalla sua dimora di Mar-a-Lago, nel sud della Florida.
Auguriamoci che il popolo americano voti repubblicano anche alle prossime presidenziali, gli Italiani guardino all’ America repubblicana, non al governo di Pechino…