Irene Jalenti, jazzista e nipote d’arte alla conquista degli USA
Dal sound di Baltimora ai riff di Jones e Wolf, cosa c’è nell’album uscito il 18 febbraio
Esce anche in Italia, dopo l’anteprima negli Stati Uniti, il disco della jazzista Irene Jalenti. Dal 18 febbraio esce “Dawn” – alba – l’album interpretato dalla cantante e compositrice umbra da oltre un decennio residente a Baltimora. Irene Jalenti – nipote del cantautore Sergio Endrigo – rivendica un posto di rilievo nel mondo del jazz per il suo talento musicale, apprezzato negli States ma coltivato nella città di Terni, dove è nata e cresciuta. L’album raccoglie quattro brani originali e sei cover, il tutto interpretato insieme a strumentisti di Baltimora, al trombettista Sean Jones e al vibrafonista Warren Wolf. Sebbene “Dawn” sia la sua prima registrazione da solista, Jalenti è stimata da oltre un decennio dalla comunità jazz nelle aree combinate di Baltimora e Washington DC, conosciute localmente come il distretto “DMV”, comprendente Maryland e Virginia.
ARTE & CULTURA
Caccia ai talenti. Attesa per il verdetto del “Je so pazzo” Music Festival
Radio Roma, la prima radio televisione di Roma e del Lazio, sempre presente nei grandi show edeventi musicali dell’estate. Il prossimo sabato 9 settembre alle ore 20 su “Radio Roma Television” (LCN 14 DTT) e in contemporanea sul canale nazionale “Radio Roma Network” (LCN 222 DTT) sarà trasmessa la Finalissima dell’ultima edizione di JE SO PAZZO Music Festival, organizzata dallo staff di Dreaming the Future Srl e svoltasi domenica 23 luglio a Grottaferrata con il patrocinio del Comune: una programmazione intensa di esibizioni e spettacoli che si sono alternati nel corso della settimana dal 17 al 23 luglio, lungo 7 giorni di divertimento, passione e talento che hanno tenuto catalizzato un caloroso pubblico di oltre 4mila persone, in trepidante attesa del verdetto finale.
Giunta alla sua ottava edizione, la Manifestazione si pregia della Direzione Artistica del Maestro Adriano Pennino, noto produttore e direttore d’orchestra che vanta numerose presenze sul palco del Festival di Sanremo. A decretare i vincitori una giuria di altissima qualità formata, oltre al Maestro Pennino, dal carismatico rapper Clementino che ha coinvolto i presenti scendendo tra la folla, dal cantautore Nello Daniele (fratello dell’amatissimo Pino), dal Producer multiplatino Fausto Cogliati e dalla soprano Sabrina Messina.
Tanti gli artisti presenti sul palco, oltre alla pregevole giuria: i cantautori Nakay, Lorenz Simonetti, Namida, Asia del Prete, Francesca Russo, Benedetta Catenacci, e il Duo Polo/Perrone. Ad aprire la serata, la coreografia di ballo realizzata dalle danzatrici dell’Ateneo Arte e Danza di Grottaferrata di Francesca Raponi.
JE SO PAZZO Music Festival si conferma dunque come una grande occasione di divertimento per grandi e piccini, ed inoltre per tutti i telespettatori di Radio Roma, Radio ufficiale Media Partner dell’evento, grazie al contributo irrinunciabile di tutta la squadra tecnica e alla preziosa partecipazione della speaker in prima linea Eleonora Pezzella.
Nel corso della Finalissima si sono esibiti i vincitori delle varie categorie e dei premi speciali, che si sono contesi il titolo del vincitore assoluto. E poi, molti altri riconoscimenti, tra cui: il Premio Social, il Premio Internazionale, il Premio Presenza Scenica, il Premio Main Sponsor, il Premio Miglior Testo Inedito, il Premio della Critica, il Premio Interpretazione e il Premio Je So Pazzo. Un’ulteriore giuria di professionisti del settore musicale, composta da Rosa Bulfaro, Benedetto d’Aguanno, Mariangela Rizza, Johanna Pezone, MariaTotaro e Cristian Gallana, ha decretato il Premio Onda di JE SO PAZZO Music Festival, mentre sabato 22 luglio è stata la volta delle Finali Nazionali del Premio Musicale Milleculture, dedicato proprio a Pino Daniele e che ha visto la commissione artistica impegnata in una selezione difficilissima, data l’eccezionale qualità delle proposte in sfida.
Ma per rivivere sul piccolo schermo le emozioni della finale e ripercorrere le imperdibili performance dei protagonisti, non mancate all’appuntamento su Radio Roma: un’esperienza e un’opportunità unica per entrare nel vivo dell’atmosfera di una serata magica fatta di voci e di note, di spettacolo, sogni e talenti, grazie ai tanti speciali interpreti – ospiti big e cantanti emergenti – che hanno trasformato il palco in una cornice di puro intrattenimento e passione musicale.
Radio Roma è la prima radio tv di Roma e del Lazio: la serata finale sarà trasmessa sabato 9 settembre alle 20 sul canale 14 di Radio Roma Television e in tutta Italia su Radio Roma Network, canale 222 del Digitale Terrestre. Dopo la messa in onda, la versione integrale dello spettacolo sarà inoltre disponibile su www.radioroma.it.
VISIONI UNDERGROUND
Che fine hanno fatto i P.O.D. dopo la damnatio memoriae a cui il mainstream ha tentato di relegarli
C’è chi li ricorda per i singoli pluripremiati Youth of the Nation e Alive e chi non ha mai dimenticato il ritornello energetico di Boom. Correva l’anno 2011 e per i P.O.D. era il momento d’oro di Satellite, l’album che era riuscito nell’impresa di mettere d’accordo la critica di massa e il panorama indipendente più esigente. Un frangente prima della damnatio mamoriae a cui tenterà di relegarli subito dopo il mainstream, complice forse il fatto di essersi dichiarati liberamente, anche a successo raggiunto, una band “Christian Metal”.
Un qualcosa che, prevedibilmente, non ha mancato di attirare le critiche degli intolleranti, in Italia come all’estero. Perché se è vero che per molti artisti o cosiddetti tali è facile far parlare di sé con atti dissacratori e blasfemi per poter avere a tutti i costi quegli effimeri quindici minuti di fama di cui parlava Andy Warhol, lo è altrettanto che l’esternare la propria adesione alla religione cristiana continua a scatenare le ire di chi non tollera qualcosa di diverso dalla sua personale, soggettiva e limitata visione delle cose.
Ma la “missione” dei P.O.D. è continuata comunque, incurante e tenace, anche lontano dai riflettori più in vista: anzi da allora sono seguiti dieci album: “Payable on Death” (2003), il secondo volume di “The Warriors” (2005), “Testify” (2006), “The Atlantic Years” (sempre del 2006, raccolta dei maggiori successi sfornati fino a quel momento), “Rhapsody Originals” (2008), “When Angels and Serpents dance” (2008), “Murdered Love” (2012), “SoCal Sessions” (2014), l’album concettuale “The Awakening” (2015) e infine “Circles” (2018).
La band di Sonny Sandoval – frontman di origini italiane – dopo tanti punti fermi e traguardi raggiunti oggi si racconta così: “Dal 1992 i P. O. D. hanno radunato il pubblico mondiale attorno a un ibrido ipnotico composto da hard rock, hip-hop, reggae e alternative, punteggiato da un messaggio di unificazione e da un potente impegno a perseverare. Attraverso tutte le nostre lotte, trionfi, momenti buoni e momenti cattivi, credo ancora che questa band abbia uno scopo. Abbiamo iniziato che eravamo degli adolescenti, e ci incontriamo ancora come fratelli che vogliono lasciare un segno positivo e duraturo nel mondo”.
“Per quanto la musica sia cambiata – dice ancora Sonny – continuiamo a farla, perché sappiamo che qualcuno sta ascoltando. È una cosa che abbiamo deciso come band. Vogliamo farti sorridere, dirti che vali e che devi avere la forza di superare questo momento. Sappiamo di avere la capacità di scrivere una canzone che possa parlare a una persona per il resto della sua vita. Tutti e quattro siamo grati di contribuire.”
Sembra facile, ma la tenacia del frontman dei P.O.D. e degli altri componenti della band è frutto di un percorso accidentato e personalmente tribolato, che alla fine li ha avvicinati al messaggio cristiano e avvinghiati in maniera indissolubile ai generi più disparati della musica. La droga, la vita di strada, la situazione familiare non facile. Poi, la “svolta”. “Ho voluto fermare quello che mi stava causando danni”, racconta Sonny. “E’ stata la mia sveglia. Non siamo cresciuti in una casa religiosa, ma nei suoi ultimi giorni mia madre stava leggendo la sua Bibbia. Ho percepito le cose in maniera diversa, come se un nuovo stato mentale avesse guarito la mia famiglia. Questa band e le sue contaminazioni metal, punk, rap e raggae, mi hanno tenuto fuori dai guai. Poi, abbiamo iniziato anche col jamming” (genere musicale caratterizzato da sessioni di improvvisazione con altri musicisti).
” Se ascolti davvero i nostri dischi, ci trovi un sacco di anima”, dice invece Marcos. “Siamo una band laboriosa, e siamo qui per la gente. Vogliamo ispirare senza un’agenda. Vogliamo mostrare amore e luce. L’onore e l’integrità – chiude, ancora, Sonny – sono più importanti di qualunque altra cosa. Sto bene perché sono vivo, e finché faccio un po’ di musica”. Per sentirla, però, i fan italiani dovranno aspettare, visto che dopo gli ultimi due live romani del 2019 non si intravede nulla in programma per il nostro Paese. Intanto il primo settembre i P.O.D. saranno al Rocklahoma, il festival americano che nel corso di tre giorni ospiterà diversi artisti rock e alternative, sia noti che emergenti.
ARTE & CULTURA
I cocci, le rose e il deserto. Il mondo di Luca Cassano
“Due note soltanto” è una delle dieci canzoni che compongono “Cocci sparsi”, viaggio dal piccolo, personale e domestico al grande e universale. Si guarda alla vita partendo, per forza di cose, da quella che si conosce meglio, la propria, per allargare gradualmente l’inquadratura canzone dopo canzone. Il disco è un viaggio fra i generi e le sonorità, nato dall’incontro/scontro fra i mondi musicali di Luca Cassano (voce, penna e anima de Le rose e il deserto) e Martino Cuman (Non voglio che Clara) che ha prodotto il disco, oltre a suonare il basso e cantare i cori su tutti i brani. Il disco è ispirato dalle sonorità acustiche e dall’elettronica rarefatta delle ultime produzioni di Niccolò Fabi e Piercortese, mantenendo al tempo stesso la profondissima impronta cantautorale di dieci canzoni nate sul taccuino e sulla chitarra.
Le rose e il deserto è il progetto artistico di Luca Cassano, che si definisce “un po’ calabrese e un po’ pisano, attualmente milanese”. Il testo è al centro della ricerca del cantautore cosentino: l’interesse è verso il potere evocativo di suoni, immagini e parole. “Le rose e il deserto – ha fatto sapere l’artista – è un progetto con due anime. Da un lato l’esigenza di esternare le proprie inquietudini, le paure e le passioni, la malinconia. Dall’altro la voglia di gridare contro le ingiustizie che quotidianamente osserviamo”. Nato a Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, nel 1985, studia sin da ragazzino chitarra e pianoforte. Il suo periodo milanese è quello dei Citofonare Colombo. Dopo lo scioglimento del duo, lavora al progetto live propedeutico al lancio de Le rose e il deserto, che lo porterà a suonare nelle realtà indipendenti di tutta Italia.
ARTE & CULTURA
Peja Jazz Festival, attesa per Vinicio Capossela
Altra tappa del “Balkangiro” dell’artista poliedrico, che il nove sarà in Macedonia
A Peja, nella regione occidentale del Kosovo, si esibisce martedì 8 novembre il cantautore polistrumentista Vinicio Capossela, nella giornata di chiusura del “Peja Jazz Festival”. Il concerto, realizzato col sostegno dell’Ambasciata d’Italia a Pristina e dell’Istituto Italiano di Cultura di Tirana nell’ambito del piano di promozione integrata “Vivere all’Italiana”, è in programma alle 20 al Cinema Jusuf Gervalla. Il “Balkangiro” dell’artista è iniziato a Belgrado con la tappa del 2 novembre e proseguito con Scutari e Tirana. Il 9 novembre sarà la volta di Skopje, in Macedonia.