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Deflagrano le tensioni tra Russia e Ucraina dopo le interferenze della NATO e la politica tutt’altro che distensiva portata avanti dall’Ue. A conflitto esploso e a risultati ottenuti – si registrano decine di migliaia di sfollati e la volontà di escludere la Russia dai tavoli economici – Bruxelles e gli USA si tirano fuori e palesano la linea prevedibilmente non interventista. Ma ormai il danno è fatto. E’ un conflitto pompato mediaticamente, attraversato da ambiguità e strettamente connesso con i piani geo-politici dei due blocchi contrapposti. Non tanto la Russia e l’Ucraina – che altro non è che il grimaldello per piani più ampi – ma la sfera di influenza della NATO e quella del CSOT, l’omologo che ingloba gli Stati dell’ex Unione Sovietica.

La danza macabra sull’Unione europea

E’ la notte tra il 23 – a Est Festa dei difensori della Patria – e il 24 la data spartiacque. Nelle prime ore del mattino Putin annuncia la fine della distensione e delle trattative diplomatiche e la volontà di “denazificare” e “demilitarizzare” i presidi militari ucraini, nella convinzione che la pressione della NATO e le pretese di avanzamento stiano mettendo “in pericolo la sicurezza nazionale della Russia”. Quella del Cremlino è una marcia che in meno di 24 ore – senza resistenze che possano dirsi tali – riesce a raggiungere tutti i punti strategici cruciali. Dalle aree portuali a quelle dell’entroterra, dai territori consolidati delle Repubbliche riconosciute verso cui il 21 è stato firmato un documento di mutuo sostegno alle strade che portano ai palazzi istituzionali. La reazione altrettanto mediatica del presidente ucraino Zelensky non si fa attendere: maglietta verde militare e toni perentori, a ridosso del lungo discorso di Putin annuncia alla Nazione la volontà di “difendere la Patria”.

Le ripercussioni in territorio ucraino

Secondo le fonti istituzionali ucraine, la marcia russa non avrebbe risparmiato “obiettivi civili”, mentre la Russia rivendica “azioni chirurgiche” in basi militari che sarebbero diretta emanazione di poteri extra-ucraini sovranazionali. Quel che è certo e confermato che i toni bellici generalizzati hanno provocato la corsa alle derrate alimentari, quella ai rifornimenti e lo svuotamento di uffici, asili e scuole. Se il fronte più caldo rimane quello dei confini già caratterizzato dal 2014 in poi dai colpi continui di mortaio, a Kiev, nel cuore dell’Ucraina, suonano le sirene di guerra e si cerca rifugio alla buona, ma non si registrano piani strutturati a vantaggio dell’evacuazione ordinata dei civili. La vista sulle città principali è di una calma piatta, quasi surreale se messa a confronto con i toni dei media mainstream. Si schierano testimonial e associazioni “umanitarie” che ripetono i mantra istituzionali, ma continuano a mancare conferme incrociate. Dal 24 febbraio, Palazzo Mariinskij continua a essere l’unico a fornire dati sulle perdite civili e militari. Sull’argomento il Cremlino rimane in silenzio, limitandosi a chiamare a sé – ieri – gli industriali per le rassicurazioni di rito. I mercati, intanto, sobbalzano.

Dove ha fallito il covid potrebbe riuscire il meta-conflitto

A voler scandagliare le reazioni sul conflitto russo-ucraino, quello che si nota con facilità è che l’accostamento ai rincari energetici e allo stallo economico non può che rivelarsi comodo per i governi che altrimenti sarebbero richiamati alle loro responsabilità dopo i disastri che hanno causato sotto il mantello del covid. Italia compresa. La narrazione sul virus doveva servire a inaugurare quella “nuova normalità” tecno-ambientalista che nonostante i tentativi e le forzature non è arrivata, ma che potrebbe essere raggiunta per via secondaria. Togliendo voce in capitolo a una Russia che si oppone ai tagli selvaggi e alla disoccupazione che sarà inflitta in nome dell’Ambiente, e che continua a portare avanti politiche di natalità e non di depopolamento.

Il futuro politico di Zelensky

La precarietà di un Putin orfano del trumpismo è tuttavia speculare a quella di Zelensky, l’attore diventato presidente che a detta di Mosca è colpevole di non aver saputo resistere alle pressioni della NATO e dell’Ue e ai legami opachi con la vecchia oligarchia che ha “affamato i cittadini ucraini”. Il giovane presidente raccoglie la solidarietà internazionale e di parte della popolazione ma rimane – nonostante la numerose e trasversali concessioni – ormai isolato, solo con gli scandali miliardari rispolverati per l’occasione. Mentre l’Occidente gli volta le spalle, si parla di una possibile fuga verso Bruxelles, supportata dalla Francia di Macròn che in questo contesto si sta guadagnando il ruolo di mediatore.

Il risiko di Putin

Il risiko di Putin, tuttavia, non è esente da rischi. La condanna internazionale è unanime, sbandierato il pericolo di colpire – nel corso della composita operazione militare speciale – obiettivi civili. Il presidente della Federazione Russa nel corso dell’incontro con i principali attori economici di ieri pomeriggio è apparso stanco e preoccupato, ma ha affermato che la reazione da parte russa era “necessaria e inevitabile”, continuando a rivendicarla. Se la Gran Bretagna di Boris Johnson chiude a ogni possibile partenariato dopo “i missili russi”, il Cremlino consolida il rapporto con il resto degli Stati BRICS, Cina e India su tutti, e si appresta a scrivere un nuovo capitolo economico per far fronte alle sanzioni e mettere da parte ogni legame con l’Unione europea. L’Ucraina, dunque, nell’intenzione del leader russo potrebbe essere il grimaldello in grado di riscrivere una geo-politica attualmente avvelenata dalle pretese di Bruxelles e degli Stati Uniti che sotto Biden ritornano all’imperialismo di stampo squisitamente democratico. La mazzata economica e l’isolamento, tuttavia, non colpiranno – osservano gli analisti – tanto la Russia, ma Stati europei come l’Italia, attualmente non in grado di reggere i contraccolpi delle sanzioni di ritorno.

La NATO si defila assieme alle sue pretese

Quel che è certo, nel quadro in continuo fermento ed ebollizione, è che la NATO dopo le azioni di ieri ha ridimensionato le ingerenze sull’Ucraina, quelle che inizialmente hanno provocato le ire del Cremlino che ha più volte richiamato i documenti internazionali che obbligano l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico a non rivendicare pretese nei territori dell’ex Unione Sovietica. Ma da Stoltenberg – segretario generale – nella mattinata di ieri sono giunte le ennesime provocazioni sintattiche, criticate dagli stessi vertici militari italiani che si sono richiamati all’utilità di un “silenzio responsabile” perché – ha rimarcato il generale Leonardo Tricarico – “L’Ucraina in realtà non ha nulla a che vedere con la NATO”.

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Lonewolf

La UE ha già ordinato a draghi di affamare pure gli italiani bisogna uscirne fuori

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale

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Moldavia, il governo europeista di Sandu fa chiudere il quinto canale | Rec News dir. Zaira Bartucca
EPA-EFE/DUMITRU DORU

Il governo moldavo guidato dall’europeista di ferro Maia Sandu ha sospeso la licenza a un altro canale televisivo. Questa volta a fare le spese delle politiche repressive in fatto di libertà di stampa è stato il quinto canale. La decisione della sospensione è stata presa dal Consiglio per la promozione dei progetti di investimento di importanza nazionale il 21 di questo mese, ed è stata motivata con la necessità di esaminare la documentazione relativa alla concessione all’emittente. “Troppi file da consultare”, la scusa arrivata dal Palazzo di Chisinau, mentre fuori le proteste dei giornalisti imbavagliati si fanno sempre più accese.

“Questo caso dimostra ancora una volta che in Moldavia non ci sono più media liberi, poiché il governo teme che un canale televisivo possa compromettere la sicurezza dello Stato”, ha detto Ludmila Belcencova, presidente dell’organizzazione non governativa di giornalisti Stop Media Ban. “Il nostro governo tratta i giornalisti come criminali e questo dovrebbe preoccupare molto la comunità internazionale”, ha detto ancora Belcencova, che ha ricordato il ruolo usurpatore di alcuni organismi.

“Sono ormai due anni – ha detto l’attivista – che il giornalismo in Moldavia non è regolato dal Consiglio per l’audiovisivo, ma da organismi che non hanno nulla a che fare con i media, come la commissione temporanea creata per mitigare la crisi energetica o gli investimenti. Questo dimostra solo che il nostro governo ha troppa paura del pluralismo delle opinioni e delle voci della gente. Non c’è più libertà di parola in Moldavia”. Da qui la richiesta, conclusiva, rivolta alla comunità europea di “prendere posizione contro la repressione della libertà di stampa e di parola in Moldavia”.

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Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna

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Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna | Rec News dir. Zaira Bartucca

E’ un brutto momento per la corona britannica. E, si direbbe, nulla è casuale. L’elezione di Carlo III ha dato il “la” – oltre che a un regno a guida maschile – alle mire di chi non vede di buon occhio la monarchia. E’ infatti con Carlo – sovrano flemmatico e poco carismatico – che si stanno di giorno in giorno moltiplicando le manifestazioni di chi chiede – a torto o a ragione – una nuova forma di governo per la Gran Bretagna.

Un modo per farle pagare l’uscita dall’Europa? O la conseguenza prevedibile della scomparsa di Elisabetta II? Non si sa ma quel che è certo è che anche a quelle latitudini i burattinai si stanno dando un gran da fare. Pianificando e diramando un comunicato clamoroso dietro l’altro, poi ripresi a ruota dai social: la malattia di Carlo, il ritorno a Corte dell’amico di Epstein Andrea e, adesso, perfino il decesso di Kate Middleton.

Quanto ci sia di vero è difficile saperlo. Quel che è certo è che l’obiettivo delle fughe di notizie – vere o presunte tali – è quello di restituire l’immagine di un regno debole, che si smantella ogni giorno di più a colpi di esternazioni tutt’altro che casuali.

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Canada, proposta
di legge di Trudeau
per silenziare il dissenso online

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Canada, proposta di legge di Trudeau per silenziare il dissenso online | Rec News dir. Zaira Bartucca

Che Justin Trudeau, il primo ministro canadese, non fosse un campione in fatto di libertà garantite lo si era capito nel periodo covid, quando aveva promosso lockdown, Green Pass e vaccinazioni di massa. Adesso a certificare quest’ansia di controllo è arrivata una proposta di legge sui social media che si chiama Online Harms Act, che dietro gli apparenti buoni propositi nasconderebbe la volontà di silenziare il dissenso online, sempre maggiore dopo le scelte impopolari assunte da Trudeau.

Secondo Fox News la proposta scaturita dal disegno di legge del ministro alla Giustizia Arif Virani, consentirebbe di punire una persona prima che abbia commesso un reato, sulla base di informazioni quali la recidività del soggetto e il suo comportamento. Un’applicazione di quella Giustizia predittiva di cui si sente parlare sempre più spesso. “Un giudice provinciale – hanno rimarcato dall’emittente statunitense – potrebbe imporre gli arresti domiciliari o una multa se ci fossero ragionevoli motivi per credere che un imputato commetterà un reato.”

Una proposta che non ha frenato il dissenso online in Canada ma, anzi, lo ha aumentato, come raccontano le esternazioni di alcuni utenti alla notizia del prosieguo dell’iter del disegno di legge C – 63, pubblicato a febbraio e dal cui testo si è giunti all’Online Harms Act. “Riposa in pace libertà di parola”, ha scritto un utente canadese, mentre un altro ha ipotizzato che il primo ministro voglia assumere “un ruolo da dittatore”.

La versione del governo canadese

Ovviamente – come dicevamo – non sono mancate le giustificazioni da parte del governo canadese, che non vorrebbe altro che “frenare l’incitamento all’odio online”. E, a questo fine, starebbe facendo scandagliare i contenuti che conterrebbero “estremismo” e “violenza” e quelli dannosi per i minori. Cosa Trudeau intenda per “estremismo” e “violenza” non è però chiaro, né cosa consideri dannoso per i minori, giacché nei fatti a eccezione di molti post di dissenso silenziati tutto è rimasto praticamente immutato. E se tanti sono stati i proclami del governo canadese per proteggere i bambini dallo sfruttamento online, nei fatti nulla è stato fatto per rendere più attiva la macchina della giustizia quando si tratta di punire molestatori, pedofili e altre categorie che inquinano la rete.

Un recente sondaggio dell’Istituto Leger, del resto, ha rilevato che meno della metà dei canadesi pensa che l’Online Harms Act si tradurrà in un’atmosfera più sicura online. Parte degli interpellati hanno infatti detto di essere “diffidenti” nei confronti della capacità del governo di proteggere la libertà di parola.

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Il record di Biden suggellato da un report. In una cosa ha superato Trump, Biden e Obama

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Il record di Biden suggellato da un report. In una cosa ha superato Trump, Biden e Obama | Rec News dir. Zaira Bartucca
JIM WATSON/AFP via Getty Images

Un rapporto di questo fine settimana pubblicato dal New York Post ha osservato che solo nel 2023 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha trascorso 138 giorni in vacanza in luoghi come Rehoboth Beach nel Delaware o a Camp David. Questo significa che Biden non solo si è dimostrato incurante degli scandali che stanno travolgendo la sua famiglia e il figlio Hunter in particolare, ma anzi ha speso più di un terzo dell’anno – il 37%, per la precisione — a non lavorare.

Questa tendenza non è nuova per Biden, anzi è un qualcosa che è iniziato nel 2021 ed è continuato nei due anni successivi. Nel corso della sua presidenza, secondo il Comitato nazionale repubblicano (RNC), Biden ha trascorso ben 417 giorni in vacanza. Attualmente si trova a St. Croix, nelle Isole Vergini, per festeggiare il Capodanno.

Un rapporto del New York Post ha osservato che ogni anno il presidente Biden ha preso più giorni di vacanza lontano dalla Casa Bianca rispetto ai suoi predecessori – Trump, Barack Obama e George W. Bush – durante le loro intere presidenze. Trump si è assentato dalla Casa Bianca 132 giorni in quattro anni. Bush ha trascorso 100 giorni del suo mandato nel suo ranch in Texas, mentre Obama, osserva il rapporto, ha passato 38 giorni lontano dagli impegni istituzionali.

L’ex presidente Donald Trump – in corsa per le presidenziali del 2024 – ha puntualizzato che il record mostra la lontananza di Biden dagli impegni assunti, e che lo stare continuamente in spiaggia impedisce al presidente in carica di compiere qualunque lavoro effettivo per il Paese. Anche se – è il commento ironico affidato ai giornalisti – la lontananza dai suoi uffici non è necessariamente negativa: “Se solo Biden fosse andato in quella spiaggia dove va così tanto e si fosse seduto lì cercando di sollevare la sedia, che pesa circa tre once, allora le cose sarebbero andate meglio per il Paese. Almeno non avrebbe distrutto il lavoro dei suoi predecessori”, ha detto Trump di recente.

I commenti sono arrivati durante l’ultima intervista di oltre due ore rilasciata a Breitbart News lo scorso giovedì dalla sua dimora di Mar-a-Lago, nel sud della Florida.

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