METAVERSO
Tredici settori che potrebbero collassare con il Metaverso
Un report pubblicato da CB Insight parla chiaro: almeno tredici settori uscirebbero sconvolti da una possibile affermazione del metaverso. Si tratta della “creatura” di Mark Zuckerberg che, dopo il declino di Facebook generato dallo scandalo Cambridge Analytica sulla vendita di dati personali degli utenti, ha deciso di puntare tutto su una sorta di universo parallelo che combina realtà virtuale e realtà aumentata, dove si possono fare acquisti e attività tramite il proprio avatar. Gli strumenti utilizzati sono cuffie per la realtà virtuale, feedback tattili avanzati, strumenti di modellazione 3D e altre chincaglierie digitali per alimentare gli ambienti digitali “immersivi”. Che, cioè, restituiscono l’illusione di camminare in una stanza, di prendere parte a un evento e via discorrendo. La moneta sonante qui sono gli NFT, i “token” non fungibili che servirebbero ad acquistare beni digitali ora gratuiti o vendibili in abbonamento, come immagini, video e canzoni.
Un commercio immateriale molto interessante per le Big Tech, che hanno fiutato l’opportunità di vendita o prevendita. “Dalla vendita al dettaglio al settore bancario alla pubblicità, sono molte le industrie pronte a essere rimodellate dal metaverso. Tante società prospereranno all’interno di vasti mondi virtuali, che potrebbero essere la prossima opportunità da miliardi di dollari della tecnologia”, scrivono da CB Insight.
“Un numero crescente di aziende scommette che i consumatori presto spenderanno e investiranno i loro soldi in spazi virtuali condivisi e altamente immersivi che imitano e vanno oltre ciò che è possibile fare nella vita reale”, è la considerazione rassicurante. Si ma quali sarebbero le ripercussioni e come cambierebbe la vita per chi decidesse di fare parte di questi contesti digitali e immateriali? Secondo 8 italiani sui 10 interpellati dalla società Sensemakers, un uso intensivo del metaverso potrebbe causare conseguenze piuttosto serie sul benessere psico-fisico.
I giovanissimi non temono le ripercussioni lavorative
Ad abbracciare volentieri questo tipo di tecnologia, tuttavia, informa ancora il report in esame, sarebbero le generazioni più giovani come la “Z” e la “Alpha” (quella dei nati dopo il 2010), che non a caso sono le più precarizzate della società moderna, crescono a pane e videogiochi e imparano agli Erasmus e alle Università che il posto fisso non serve ed è noioso. E’ chiaro quindi che le possibili ripercussioni negative sul lavoro in presenza non li preoccupino granché. Ma l’affermazione definitiva del metaverso – avverte lo studio pubblicato da CB Insight – avrebbe conseguenze su quasi ogni attività e occupazione della vita reale, per la sua capacità di stravolgere lo stile di vita e la maniera di fruire le cose. In particolare i settori più interessati dai cambiamenti secondo lo studio sarebbero i seguenti:
Moda: si affermano le sfilate online e l’uso di avatar. Categorie coinvolte: modelle/i, visagisti, fotografi, truccatori, tecnici;
Vendita al dettaglio: aumentano gli ordini online e quindi il settore delle consegne a domicilio. Conseguenze per negozianti, commercianti, ristoratori;
Gaming: chiudono negozi come i game-stop;
Fitness: L’attività fisica diventa domestica, online, svolta con l’ausilio di sensori e di assistenti digitali. Chiudono le palestre, falliscono i personal trainer e gli istruttori di discipline sportive o di danza che non riusciranno ad affermarsi nel metaverso;
Immobiliare: cambierebbe il modo di interfacciarsi con il bene che si vuole acquistare o affittare.
Istruzione: La DAD ha tentato di abituare all’idea che si possa fare formazione semplicemente guardando un video su Youtube e chiamando l’insegnante su Skype. Col metaverso i giovani potrebbero diventare più asociali, mentre crescerebbe il bacino di insegnanti in presenza che diventerebbero superflui: l’intelligenza artificiale combinata con la “realtà” parallela di Zuckerberg, permetterebbe per esempio di creare il docente digitale “perfetto”, magari gestito da un ministero o da una multinazionale come Amazon che vende e-book.
Consulenze e ordini professionali: Avvocati, commercialisti, architetti, copy-writer. Nel metaverso un algoritmo potrebbe sostituire agevolmente un sacco di professionalità che non sono in grado di tenere il passo con le nuove tecnologie.
Eventi e concerti: Gli eventi in presenza potrebbero diventare sempre meno considerati: la figura dell’organizzatore in presenza non servirebbe più. I musei e le piazze musicali potrebbero essere condannati all’estinzione: per ascoltare una band o esaminare un quadro, basterebbe acquistare un’esperienza con degli NFT.
Luoghi di lavoro: L’ufficio non esiste, si incontrano gli altri “avatar” in una “room” in video-conferenza, mentre in realtà si rimane a casa;
Altri settori interessati da cambiamenti sarebbero, infine, quello dei servizi finanziari, della cybersecurity e della pubblicità, soprattutto per quelle realtà medie e piccole che non saranno in grado di reggere l’impatto della concorrenza.
Cambierebbe anche il modo di vivere il denaro. Un’opportunità da un trilione di dollari, ma per pochi
Il metaverso aiuterebbe inoltre l’affermazione definitiva della moneta digitale e delle criptovalute, con la possibile scomparsa del denaro contante. Potrebbe mai accadere in un Paese che fatica a digitalizzarsi come l’Italia? Non si sa, quel che è certo è che in pentola bollono strumenti come ID Pay, e che negli scorsi mesi a Palazzo Chigi il premier Draghi e il ministro all’Innovazione e alla Transizione digitale Colao hanno ricevuto il Ceo di Meta Zuzkerberg, ma i motivi della visita non sono stati resi noti.
“Il modo in cui il metaverso emergerà è incerto: l’eccitazione potrebbe svanire se gli ostacoli tecnici si rivelassero troppo ingombranti o se i consumatori mainstream non volessero investire in beni ed esperienze che sono solo digitali. Se decollasse, potrebbe essere un’opportunità di mercato da un trilione di dollari entro la fine del decennio”, concludono comunque gli analisti di CB Insights.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
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Primi esperimenti nel Metaverso (ma il web è impietoso)
Gli investimenti di fior fior di aziende riposte in un universo parallelo che non solo si può rivelare straniante, ma non ha dalla sua nemmeno le caratteristiche tanto sbandierate. Cosa hanno lamentato gli utenti
Cronaca digitale delle ultime ore: Mark Zuckerberg si fa un “selfie” con il suo avatar nel metaverso con la brutta copia della Torre Eiffel e della Sagrada Familia sullo sfondo. A parte l’incongruenza geografica, a catturare l’attenzione degli utenti è subito un aspetto: la grafica arretrata con pixel grandi come arance, per un servizio quotato 10 miliardi di dollari. In pratica gli investimenti di fior fior di aziende sono riposte in un universo parallelo che non solo si può rivelare straniante, ma non ha dalla sua nemmeno le caratteristiche tanto sbandierate.
“E’ peggio di un gioco Wii del 2008”, commenta un utente su Twitter. Seguono altre reazioni non proprio positive e una pioggia di meme sarcastici. Zuckerberg tenta di contenere le reazioni, ma il danno seguito alla pubblicazione dell’immagine (in basso) è fatto. “So – scrive scusandosi – che la foto che ho pubblicato all’inizio di questa settimana era piuttosto semplice, ma è stata scattata molto rapidamente per celebrare un lancio”. Le preoccupazioni legate all’utilizzo di Meta, tuttavia, sono ben altre, e sono stati evidenziati in un sondaggio della società di consulenza Sensemakers e da uno studio di CB Insight.
Immagine Meta
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
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Metaverso, 8 italiani su 10 sono preoccupati: “estranea dalla realtà”
Il sondaggio promosso dalla società di consulenza Sensemakers. L’80% degli interpellati pensa che il metaverso possa avere un effetto straniante e creare distaccamento dalla realtà, sottraendo tempo alle occupazioni e alle passioni della vita reale
La società di consulenza Sensemakers ha promosso un sondaggio per comprendere quanto gli italiani conoscano il metaverso. Il campione di riferimento è stato diversificato per età, sesso e livello di istruzione. Prevedibilmente, i dati cambiano molto in base al target di riferimento. Più informati sulle caratteristiche di questa sorta di universo parallelo e straniante risultano i giovani tra i 18 e i 24 anni, mentre gli over 65 si dimostrano disinteressati alla tematica.
Tutti d’accordo, però, quando si tratta di evidenziare i rischi: l’80% degli interpellati ritiene infatti che possa avere un effetto straniante e creare distaccamento dalla realtà, sottraendo tempo alle occupazioni e alle passioni della vita reale. Il 30% degli italiani intervistati, inoltre, è convinto che il metaverso aumenterà i divari sociali, consegnando ulteriore potere nelle Big Tech. Una percentuale significativa del campione si è detta dunque maggiormente entusiasta degli investimenti in “cose reali”.
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Il videoclip che otto anni fa prospettava l’uso del metaverso come fuga da una realtà catastrofica
Si può quasi dire che “Human Sadness” di Julian Casablancas e dei The Voidz abbia quasi anticipato i piani commerciali di Mark Zuckerberg. Un viaggio lungo tredici minuti, un vero e proprio cortometraggio dove realtà vera e artefatta si mischiano inducendo alla riflessione
Un mondo piegato dai bombardamenti e dalla guerra climatica, deserto, disabitato e senza vita. Nessuna compagnia, se non quella dei propri ricordi e del proprio vissuto con i suoi pregi e i suoi difetti, cui si “accede” – illusoriamente, è chiaro – tramite un visore digitale, qui rappresentato con degli occhiali bianchi che impediscono di vedere la realtà circostante. E’ lo scenario distopico e catastrofico raccontato nel video di “Human Sadness” di Julian Casablancas (oggi di nuovo in quota The Strokes) e dei The Voidz. Il singolo fa parte dell’album dal titolo emblematico Tiranny (2014). Un viaggio a tratti angosciante lungo 13 minuti, un vero e proprio cortometraggio dove gli attori sono gli stessi componenti della band americana. Di scena c’è il metaverso che oggi – dopo più di un lustro – prende forma con il disvelamento dei piani commerciali di Mark Zuckerberg.
Lo scorso ottobre il fondatore di Facebook annunciava la nascita di un luogo di negazione della realtà circostante dove i soggetti propensi a costruirsi un alterego (avatar) si possono rifugiare per fare acquisti utilizzando monete digitali (le cosiddette crypto valute) per fare tele-conferenze immersive e per fare tutta una serie di esperienze che Zuckerberg paragona per qualità a quelle fatte nel mondo reale. Visori, sensori e impulsi artefatti, secondo il Ceo di Facebook-Meta nel futuro dovrebbero sostituire il contatto umano, quello con la natura e l’aria aperta e la possibilità concreta di recarsi di persona in un luogo. Certo la “pandemia” con la sue chiusure, i suoi divieti e i suoi lockdown ha tentato di indirizzare l’opinione comune verso il fatto che questa possa essere una “realtà” possibile e tutto sommato accettabile: nel metaverso non esiste il problema di “contagiarsi” e a detta dei promotori si può fare praticamente tutto.
Premesse altisonanti che nascondono in realtà la commercializzazione massiva dei dati personali e dell’identità digitale, quell’ID su cui i governi stanno concentrando i loro sforzi con sempre più insistenza: il Green Pass o certificato covid ne è l’esempio più lampante. Tuttavia, la risposta generale non è buona, e neppure quella degli investitori: in questi giorni Facebook ha bruciato 250 miliardi in borsa – pari a un quarto del suo valore – sconfitto dall’omologo orientale Tik Tok. Ovviamente, la prospettiva futura di chiudersi in casa, di esiliarsi in un lockdown perenne facendo tutto online tramite Meta, non entusiasma praticamente nessuno, se non chi ha deciso – criticato – di celebrare addirittura un “matrimonio” nei meandri messi a disposizione dal controverso colosso digitale.
Per il resto, nonostante i tentativi rimane roba buona per film di fantascienza e, appunto, per videoclip: in quello di Human Sadness si vede, certo, la “tristezza umana” di un lavoro ripetitivo, di rapporti non sempre cristallini e dei propri limiti personali, ma il tutto viene preferito a un mondo circostante ormai cancellato nella sua essenza. I protagonisti tornano lì, agli abbracci, alle lattine da inserire nel distributore e a vecchie passioni e difetti non per il piacere di indossare un visore, ma per quello di ritrovare se stessi e la propria vita. Casablancas e gli altri vorrebbero quasi convincersi del contrario con il conclusivo “Essere non è essere, essere non è il modo in cui essere” che scompagina il dubbio amletico e, forse, finalmente gli restituisce una risposta plausibile.