POLITICA
Alemanno (Indipendenza): “L’Europa va azzerata e ricostruita”
“L’idea di Movimento Indipendenza è che l’Italia sia più indipendente rispetto ai vincoli dell’Unione Europea e rispetto alle guerre che facciamo grazie alla NATO e per una sudditanza nei confronti degli Stati Uniti da cui ci dobbiamo liberare. Allo stesso tempo, l’UE ci impone dei vincoli economici che ci impediscono di crescere e difendere i nostri diritti sociali e anche da questi vincoli bisogna liberarsi, questo significa indipendenza”.
A parlare è Gianni Alemanno, fondatore di Indipendenza, ospite a Radio Cusano Campus nel corso del programma ‘L’Italia s’è desta’ condotto dal direttore del giornale radio Gianluca Fabi e Roberta Feliziani.
“Siamo sovranisti – precisa l’ex sindaco di Roma – però siccome sovranismo è una parola che può creare confusione parliamo di indipendenza dell’Italia, un principio statuito nella Costituzione ma che purtroppo i nostri governanti hanno completamente tradito. La globalizzazione è finita con la guerra in Ucraina e con il conflitto tra l’unipolarismo americano e i BRICS, l’alleanza fra Russia, Cina, India, Brasile, Iran, Sud Africa che, sostanzialmente, si sono uniti perché vogliono un mondo multipolare, in cui ogni popolo abbia la propria sovranità e possa esprimere il proprio orientamento. Ma non sarò eletto – precisa Alemanno – non sarò eletto perché un decreto voluto da Fratelli d’Italia, approvato anche dal Presidente della Repubblica, impedisce a noi movimenti di derogare alla raccolta di firme. Questa decisione è stata presa a un mese dal termine della raccolta delle firme, quindi in un tempo in cui non ci è consentito recuperare”.
Alemanno a tal proposito si appella alla Costituzione Italiana dicendo: “È assolutamente incostituzionale, lo abbiamo anche scritto al Presidente della Repubblica che ci ha ignorato. Detto questo, in Europa il passo fondamentale è quello di riuscire a recuperare un’autonomia rispetto a quelli che sono i parametri rigoristi di Bruxelles”. E guardando al nostro Paese, “Il problema più grave è il patto di stabilità firmato da Giorgetti che obbligherà l’Italia nei prossimi 10 anni a fare manovre correttive di 14miliardi di euro l’anno senza quindi poter crescere”.
Riguardo invece all’Unione Europea: “Continuiamo a dire che vogliamo cambiare l’Europa , peccato che la Germania e i paesi del nord non abbiano nessuna voglia di cambiare l’Europa. Questa Europa va azzerata e ricostruita da capo, perché così non si va da nessuna parte”, ha sottolineato l’esponente di Indipendenza. E continuando sui recenti conflitti internazionali, Alemanno ha poi aggiunto: “Manca percezione della realtà, continuiamo a dire che l’Ucraina può vincere contro la Russia quando in realtà tutti gli analisti militari dicono che questo è assolutamente impossibile. Continuiamo a dire che Netanyahu sta sbagliando, che nella striscia di Gaza è in atto un eccidio, ma non si fa nulla per fermare Israele. La storia ci insegna che tutti i conflitti mondiali sono nati in base alla mancanza di percezione della realtà”, ha detto ancora Alemanno.
Riguardo invece all’accordo saltato con Cateno De Luca: “Da un certo momento in poi De Luca ha voluto imporre una propria leadership molto netta su questa aggregazione, praticamente andando ad aggregare tutto il contrario di tutto, ma non si può andare alle elezioni a tutti i costi e rischiare di confondere il proprio messaggio”.
Infine Alemanno ha voluto spiegare le differenze tra la sua concezione di destra e quella di Giorgia Meloni. “Quella della Meloni è la classica destra liberista e neoconservatrice di stampo americano, mentre la mia è una destra sociale, una destra critica nei confronti dell’americanismo. Sostanzialmente c’è una critica antiamericana che ha origini dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Ma il fatto che esistano due destre così diverse, torna quello che ho detto prima, forse i vecchi schemi di destra e sinistra sono un po’ superati”, ha concluso.
POLITICA
Zuckerberg: “Su covid e vaccini costretti alla censura dagli uomini di Biden”
Dopo la decisione di sospendere i finanziamenti ai Fact Checker, il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha deciso di vuotare il sacco su alcune questioni controverse che avrebbero “costretto” il Social a fare piazza pulita di determinati contenuti. In particolare quelli riguardanti il covid e la campagna vaccinale, che negli Stati Uniti come altrove è stata caratterizzata dalla stigmatizzazione di chiunque osava avanzare dubbi e qualsivoglia critica rispetto al pensiero dominante.
Non un semplice caso – per quanto eclatante – di limitazione della libertà di espressione. Perché a sentire Zuckerberg dietro alla volontà di bannare i comunicatori indipendenti ci sarebbe stato un vero e proprio disegno politico messo in pratica per preservare gli interessi dei democratici. “Durante l’amministrazione Biden, quando cercavano di lanciare il programma di vaccinazione, mentre cercavano di promuovere quel programma, cercavano anche di censurare chiunque sostanzialmente si opponesse ad esso. E ci hanno pressati super forte per eliminare cose che, onestamente, erano vere… Fondamentalmente ci pressavano e dicevano “qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, in pratica dovete rimuoverla“. E’ quanto ha dichiarato il Ceo di Meta l’altro ieri, ospite di un podcast condotto da Joe Rogan.
“Queste persone dell’amministrazione Biden – ha proseguito Zuckerberg – chiamavano la nostra squadra e urlavano contro di loro e imprecavano… ci sono i documenti, è tutto pubblico”. E ancora: “Non penso che le pressioni affinché le società di social media censurassero i contenuti fosse legale. Il Primo Emendamento si applica al governo. Questo è il punto. Che al governo non è consentito censurare queste cose. Quindi, a un certo livello penso che, sì, avere persone nell’amministrazione che chiamano i ragazzi del nostro team e urlano contro di loro e imprecano e minacciano ripercussioni se non eliminiamo cose che sono vere, è piuttosto brutto”.
POLITICA
Maduro e la “grande alleanza mondiale contro i tiranni”
Nicolàs Maduro, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha giurato per il nuovo mandato nel corso della cerimonia che si è tenuta nei locali dell’Assemblea nazionale a Caracas. “Il Venezuela – ha detto il neo-eletto in occasione del discorso di insediamento – si prepara insieme a Cuba, al Nicaragua e ai nostri fratelli maggiori nel mondo, nel caso in cui un giorno dovessimo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria”. Concludendo il Festival internazionale antifascista mondiale, il successore di Hugo Chavez ha inoltre evocato una “grande alleanza globale” simile a quella che sconfisse il fascismo durante la Seconda guerra mondiale in grado di sfidare “la tirannia dei potentati occidentali”.
POLITICA
Vogliono aumentare (ancora) l’età pensionabile
Nel panorama economico e sociale attuale, il tema dell’età pensionabile è diventato particolarmente rilevante. L’aumento dell’età pensionabile che sarebbe previsto per il 2027 rappresenta una questione di grande interesse e preoccupazione per molti lavoratori. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa decisione, le sue implicazioni e cosa ci si può aspettare nel breve e nel lungo termine.
Le ragioni dietro l’aumento. La “sostenibilità” del sistema pensionistico
Uno dei motivi principali per cui il governo sta considerando l’aumento dell’età pensionabile è la cosiddetta “sostenibilità del sistema pensionistico”, che in realtà ha molto a che vedere con le casse sempre più asciutte dei sistemi di previdenza. Con l’allungamento della vita media e con produttività e turnover sempre più risicati, il numero di anni in cui le persone percepiscono la pensione è aumentato, mettendo sotto pressione i fondi pensionistici. Secondo i promotori dell’iniziativa, dunque, aumentare l’età pensionabile potrebbe tamponare la situazione bilanciando entrate e uscite. Non si sa per quanto, però, in mancanza di una riforma che possa dirsi tale e che tenga conto di necessità variegate.
Cambiamenti demografici
Un altro fattore cruciale è il cambiamento demografico. La diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione significano che ci sono meno giovani lavoratori per sostenere finanziariamente i pensionati. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe ridurre il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi, ma ha ripercussioni dirette su quei lavoratori costretti a rimandare la loro uscita dal mercato del lavoro.
Le implicazioni per i lavoratori: maggior tempo nel mercato del lavoro, più il problema dei lavori usuranti
Con l’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori dovranno necessariamente rimanere nel mercato del lavoro più a lungo. Questo può avere effetti sia positivi che negativi. Da un lato alcuni potrebbero trovare utile risparmiare di più per la pensione. D’altro canto, tuttavia, le nuove regole potrebbero essere sfidanti per coloro che svolgono lavori fisicamente usuranti o per chi desidera ritirarsi prima dal mercato del lavoro.
POLITICA
Terzo mandato su misura. Ecco chi agevolerebbe
Quest’anno si torna alle urne per decretare sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto.
In teoria anche la Puglia di Michele Emiliano rientrerebbe nella conta dei presidenti di regione che hanno già compiuto due mandati ma lo stesso Emiliano ha annunciato la sua intenzione di farsi da parte per garantire il ricambio generazionale. Diverso il caso di Lombardia e Friuli Venezia Giulia: due regioni dove si potrebbe porre il problema del terzo mandato visto che sia Attilio Fontana che Massimiliano Fedriga stanno compiendo il loro secondo giro alla presidenza. Ma il tema è decisamente prematuro perché, in assenza di crisi politiche, le due regioni andranno al voto solo nel 2028.
Le Regioni che andranno al voto nel 2025, come detto, sono sei. Certamente quella più al centro delle polemiche è la Campania: i cittadini dovranno scegliere il successore di Vincenzo De Luca (Pd). Al voto anche le Marche governate da Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), la Puglia guidata da Michele Emiliano (Pd), la Toscana di Eugenio Giani (Pd), la Regione speciale della Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), subentrato in corso d’opera ad Erik Lavévaz (dimessosi nel 2023 a seguito di una forte crisi politica) e il Veneto guidato da Luca Zaia (Lega).
Complessa è la situazione del Veneto. Perché, con una rincorsa partita già da un anno, è in gioco il nome di Luca Zaia, che allo stato non sarebbe ricandidabile ad una presidenza numero 3 nel 2025. Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive – recependo la norma nazionale 2004 – è stata approvata dal Consiglio Veneto nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
Anche in Valle d’Aosta, seppur in forme diverse, c’è un acceso dibattito intorno al limite dei mandati per le cariche apicali all’interno della Giunta regionale. La vicenda, in particolare, riguarda l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin, e il vice presidente, Luigi Bertschy, entrambi esponenti dell’Union valdotaine. Le forze di opposizione sostengono che, secondo la legge regionale 21/2007, entrambi non potranno ricoprire incarichi nella prossima Giunta, anche se eletti (il voto è previsto nel settembre 2025). Ovvero al massimo dovranno “accontentarsi” di fare il semplice consigliere. Della vicenda è stata investita la presidenza del Consiglio regionale. (ANSA)